| (seguito) Per le prime Bibbie in volgare ti segnalo il link per consultare direttamente, per esempio, le Bibbie del Malermi e del Brucioli, molto interessanti anche per 2Pt 1,20 All’inizio del ‘600 fioriscono molti commenti della Bibbia. Il più noto è quello di Cornelio A Lapide (1567–1637), che così spiega il testo della Volgata: “la profezia... non avviene per propria invenzione, con la quale il profeta metta in luce, interpreti e spieghi cose misteriose e future, da sé e con la sua intelligenza e capacità... Che questo sia il senso appare evidente da quanto spiega poco dopo San Pietro: (v. 21) non infatti per la volontà umana ecc.”. Poco oltre, però, A Lapide inventa una soluzione contro il “libero esame”: “per Profezia della Scrittura si può intendere la stessa interpretazione della Scrittura. E così, di conseguenza, profetare è lo stesso che insegnare e interpretare... Allora il senso era che l'interpretazione e la spiegazione della Sacra Scrittura... non deve avvenire per propria interpretazione cioè con la propria intelligenza e capacità, secondo il proprio modo di sentire...” (*) Complicato riferire dei difetti della traduzione (del 1516) di Erasmo, dal greco al latino (*). Essa è all’origine di un tipo di versione (per es. quella del Martini, fine ‘700) (*) molto ambigua, alla quale si sono rifatti molti altri traduttori: “nessuna profezia della Scrittura è di interpretazione privata”. Tale forma si presta facilmente ad essere usata per parlare dell’interpretazione delle profezie invece che della loro origine. Tralascio tanti altri commentatori e traduttori, tutti dal latino della Volgata, fino alla fine dell’Ottocento. Nel XX secolo ormai si abbandonano quasi del tutto le versioni dal latino e si parte dalle lingue originali. Si evidenziano, tuttavia, le radicali divisioni esistenti tra gli studiosi, tutti ecclesiastici, che polemizzano tra loro senza citarsi): - In Francia. A. Crampon traduce: “... nessuna profezia della Scrittura procede da una interpretazione propria” e commenta: “Non è dal pensiero umano e personale del profeta che viene la profezia della Scrittura; perché è spinti dallo Spirito Santo che ecc. - Il senso non è dunque non è faccenda di interpretazione privata, in opposizione all'interpretazione ufficiale ed autentica della Chiesa. Qui non si tratta (cfr. v. 21) del magistero incaricato di spiegare le profezie” (*). L.C. Fillion traduce: “... nessuna profezia della Scrittura si spiega mediante un’interpretazione particolare”; e annota “E' in modo arbitrario che taluni commentatori riferiscono l'aggettivo propria ai profeti stessi e alle profezie” (*). Le Bibbie di Crampon e Fillion, pubblicate entrambe nel 1904, si sono rincorse attraverso molte riedizioni. - In Italia, A. Vaccari è il primo a tradurre nel modo che sarà ripreso dalla CEI: “...ogni profezia contenuta nella Scrittura non va soggetta a privata spiegazione”. In nota spiega: “Qui profezia significa in genere parola ispirata, qual è tutta la Sacra Scrittura. Essa, come ha per autore Iddio, non le sole forze umane, così non può essere spiegata senza la guida dello Spirito Santo e della Chiesa, che ne è l'organo ufficiale”. (*) Per “La Sacra Bibbia” edita da Marietti, sotto la direzione di S. Garofalo, troviamo due diverse edizioni: - quella del 1941 si vale della collaborazione di P. De Ambroggi che traduce: “...nessuna profezia della Scrittura, è frutto di interpretazione privata”; e annota al v. 20: “nessun vaticinio contenuto nei libri sacri è frutto di interpretazione privata..., dovuta all'indagine personale dei singoli profeti. Nessuna profezia biblica diventa tale (ghìnetai), perché un profeta con il suo ingegno umano ha scrutato l'avvenire ed ha pronunciata una sua soluzione (epìlysis) o interpretazione personale degli eventi futuri. S. Beda spiega: "Poiché nessuno dei santi profeti, predicò ai popoli per propria interpretazione i dogmi della vita, ma raccomandava ai propri uditori che facessero quanto aveva appreso dal Signore". Al v. 21, annota: “Parecchi commentatori (... Charue, Chaine.... G.M. Perella...) credono che l'autore della 2 di Pietro con le parole "propria interpretatione non fit", condanni l'interpretazione privata dei lettori. Il contesto ci fa preferire la spiegazione data che si accorda con quella di S. Beda. La condanna del libero esame è una conseguenza necessaria di quanto qui asserisce S. Pietro”; (*) - quella del 1960 si vale della collaborazione di G. Saldarini che traduce come il Vaccari (v. sopra). (*) Se Dio vuole, la prossima volta spero di concludere la rassegna, assolutamente sommaria, riferendo del periodo dal 1960 ai giorni nostri. Con viva preghiera ai forumisti di fermarmi se la questione non interessa, perché questo lavoro è piuttosto faticoso... (*) sono pronto a documentare ogni cosa, ma intanto cerco di non appesantire il discorso... (segue)
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