| Carissimo Giosia, non ho letto nulla di Silvio Barbaglia, ma che ci fossero dei discepoli, di ambo i sessi, che con i loro beni sostenevano l’attività missionaria di Gesù è fuori di dubbio, ed è notevole che a questo proposito vengano citate in particolare diverse donne. In Lc 8,1-3 ne sono nominate alcune che fungevano da supporto logistico e da sostentamento materiale del gruppo degli apostoli, sfruttando la loro posizione sociale e i beni di cui godevano, come sembra ricordare l’evangelista, citando Giovanna, moglie di Cusa, sovraintendente di Erode, e i beni posseduti da queste donne. Questo consentiva loro di fornire a Gesù e ai suoi non solo un sostentamento materiale, ma probabilmente anche una certa protezione sociale. Questo rilievo dell’evangelista Luca è tanto più importante ove si tenga presente, come ha ben dimostrato Joachim Jeremias nello splendido saggio “La situazione sociale della donna”, posto in appendice al suo “Gerusalemme al tempo di Gesù”, che una donna sposata, pur potendo possedere dei beni (in particolare i cosiddetti “beni parafernali”), non poteva disporne liberamente poiché l’usufrutto spettava al marito. A proposito di queste donne che Luca menziona al seguito di Gesù, ci si potrebbe chiedere perché – ammesso e non concesso che l’emorroissa fosse Cipro – Luca non la chiami per nome, da lui ce lo aspetteremmo. Come spiego ampiamente nel mio studio, per comprendere adeguatamente non solo perché Luca non citi Cipro tra le donne che assistevano Gesù con i loro beni, ma anche la riservatezza con cui l’episodio viene trattato, occorre far riferimento alle circostanze storiche in cui i vangeli sinottici e gli Atti degli apostoli vengono redatti, e in particolare ai protagonisti della scena politica. Senza entrare in dettagli o discussioni specialistiche, per quanto concerne il nostro scopo, è sufficiente riconoscere che, entro gli anni 80-90 del I secolo d.C., tutti i vangeli sinottici e gli Atti degli apostoli avevano già visto la luce. A questa data regnava ancora Agrippa II, il “re Agrippa” di At 25,13, il figlio primogenito di Cipro e Agrippa I. Allevato a Roma, nel 50 d.C., Agrippa II era stato nominato tetrarca della Calcide nel Libano; nel 53 l’imperatore Claudio gli aveva concesso il potere di nominare i sommi sacerdoti di Gerusalemme e nello stesso anno, in cambio della Calcide, lo nominò re della Batanea, Traconitide, Gaulanitide, Abilene e di un territorio alle falde del Libano chiamato Eparchia di Varo. Fu sempre amico dei romani e governò sempre secondo il loro volere, anche durante la rivolta giudaica del 66, che si concluse con la distruzione del tempio di Gerusalemme, in cui tentò di indurre gli Ebrei alla resa e per questo venne ricompensato da Roma con ingrandimenti territoriali. Nella vita privata, Agrippa II fu anche noto per le voci che corsero intorno ai suoi particolari rapporti con la sorella Berenice, presente anche lei nell’udienza di Paolo narrata in At 25,13. Costei, rimasta vedova a soli vent'anni visse per qualche tempo alla corte del fratello, all’epoca ancora tetrarca di Calcide, destando scalpore per una supposta storia d'incesto. Quando lo scandalo divenne pubblico, Berenice, per mettere a tacere le voci maligne, riuscì ad indurre il re Polemone II di Cilicia a sposarla e a sottoporsi alla circoncisione. Il matrimonio probabilmente avvenne dopo il 64, ma la principessa non resistette a lungo a fianco di Polemone, e ritornò dal fratello. Invaghitasi successivamente del generale Tito lo raggiunse a Roma nel 79, quando, alla morte di Vespasiano, salì al potere. Tuttavia malelingue costrinsero i due a lasciarsi. La tradizione ebraico-cristiana la descrive come donna dedita ai vizi più immondi, come emerge anche dall'epiteto "Berenice la meretrice". Con queste premesse, non è difficile capire perché il nome di Cipro non compare esplicitamente nel Nuovo Testamento: non era affatto consigliabile coinvolgere in modo sconsiderato simili personaggi, così vicini ai vertici del potere imperiale, in un periodo di persecuzioni e di ribellioni in cui giudei e cristiani non si distinguevano ancora sufficientemente l’uno dall’altro. Non si deve poi dimenticare che il padre di Agrippa II e di Berenice, cioè Agrippa I il marito di Cipro, fu colui che “cominciò a perseguitare alcuni membri della Chiesa e fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni”, e che “vedendo che questo era gradito ai Giudei, decise di arrestare anche Pietro.” (At 12,1-3). Agrippa II non giunse mai a questi eccessi, anzi nell’udienza di Paolo a cui fu invitato dal governatore Festo, il suo atteggiamento fu improntato alla massima tolleranza. A questo riguardo è interessante rilevare come la certezza di Paolo nel ritenere Agrippa un uomo che crede nei profeti, primo fra tutti Gesù “che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo” (Lc 24,19), possano suggerire discretamente, che le conoscenze di Agrippa erano basate su una fonte particolarissima, quella appunto, secondo me, trasmessagli da sua madre Cipro. “Mentre egli (Paolo ndr) parlava così in sua difesa, Festo a gran voce disse: «Sei pazzo, Paolo; la troppa scienza ti ha dato al cervello!». E Paolo: «Non sono pazzo - disse - eccellentissimo Festo, ma sto dicendo parole vere e sagge. Il re è al corrente di queste cose e davanti a lui parlo con franchezza. Penso infatti che niente di questo gli sia sconosciuto, perché non sono fatti accaduti in segreto. Credi, o re Agrippa, ai profeti? Io so che tu credi»”.( Atti 26,24-27). Vi è infine un ultimo elemento che giustifica la riservatezza di cui è circondato l’episodio dell’emorroissa e cioè il fatto che, se accettiamo l’identità Cipro = emorroissa, il figlio Agrippa risulterebbe concepito in stato di grave impurità dei genitori, e di conseguenza sarebbe stato dichiarato un mamzer, cioè un “bastardo”. Come è noto, il sostantivo ebraico mamzer (in ebraico: ממזר), nella Bibbia ebraica (Tanakh) e nella Legge ebraica (Halakhah), indica una persona nata da una relazione proibita o discendente da tale persona. Nella tradizione ebraica l'atteggiamento speciale nei confronti del mamzer appare già nel Pentateuco. Deuteronomio 23,1-9 contiene una raccolta di leggi incluso quella del mamzer: “Nessuno sposerà una moglie del padre, né solleverà il lembo del mantello paterno. Non entrerà nella comunità del Signore chi ha i testicoli schiacciati o il membro mutilato. Il bastardo (=mamzer) non entrerà nella comunità del Signore; nessuno dei suoi, neppure alla decima generazione, entrerà nella comunità del Signore. L'Ammonita e il Moabita non entreranno nella comunità del Signore; nessuno dei loro discendenti, neppure alla decima generazione, entrerà nella comunità del Signore. Non vi entreranno mai, perché non vi vennero incontro con il pane e con l'acqua nel vostro cammino, quando uscivate dall'Egitto, e perché, contro di te, hanno pagato Balaam, figlio di Beor, da Petor in Aram Naharàim, perché ti maledicesse. Ma il Signore, tuo Dio, non volle ascoltare Balaam, e il Signore, tuo Dio, mutò per te la maledizione in benedizione, perché il Signore, tuo Dio, ti ama. Non cercherai né la loro pace né la loro prosperità; mai, finché vivrai. Non avrai in abominio l'Edomita, perché è tuo fratello. Non avrai in abominio l'Egiziano, perché sei stato forestiero nella sua terra. I figli che nasceranno da loro alla terza generazione potranno entrare nella comunità del Signore” (Dt 23,1-9). Su questo specifico argomento sono illuminanti le parole di Jeremias secondo il quale, nel I secolo d.C., erano considerati mamzer “tutti i discendenti di una unione vietata nella Torah”, un’interpretazione, che trovava i suoi massimi esponenti in Rabbi Aqiba e Rabbi Yoshua, e che risultava molto più rigorosa di quella che invece prenderà piede nel secolo successivo. Tra le unioni vietate c’era appunto quella di avere rapporti con una donna mestruata: “Non ti accosterai a donna per scoprire la sua nudità durante l'immondezza mestruale” (Lv 18,19) Se ne deduce che “il gruppo di popolazione che con i propri discendenti veniva designato da questo termine (mamzer ndr) era abbastanza importante. Le persone segnate dalla macchia grave del mamzer erano ben note, anche se, come è facilmente intuibile, cercarono di nasconderla […]. Ai bastardi era vietato contrarre matrimonio, anche quello leviratico, con membri delle famiglie di sacerdoti, di leviti e di Israeliti e con figli illegittimi di sacerdoti. Essi potevano sposarsi soltanto con membri di famiglie di proseliti, di schiavi affrancati e di Israeliti gravemente macchiati […]. Egli non aveva accesso alle dignità pubbliche; la sua partecipazione a una decisione del Sinedrio o di un tribunale di 23 membri rendeva invalida quest’ultima. Gli era soltanto consentito di essere giudice nelle decisioni di diritto civile in un tribunale di tre membri. Se si pensa che la macchia del bastardo colpiva tutti i discendenti maschi per sempre e in modo indelebile, e che si discuteva, persino vivacemente, per sapere se le famiglie dei bastardi avrebbero preso parte alla liberazione finale d’Israele, si comprende come la parola bastardo abbia costituito una delle ingiurie peggiori; chi la usava veniva punito con 39 colpi di frusta”. Giova notare che Agrippa II fu l’unico maschio della dinastia erodiana di cui si sa con certezza che non si sposò mai. Secondo Photius , Agrippa morì, senza figli, all'età di settant'anni, nel terzo anno del regno di Traiano, cioè 100 d.C., ma secondo gli studi moderni sembra che sia morto prima del 93/94. Fu l'ultimo principe della dinastia nata da Erode il Grande.
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