Studi sul Cristianesimo Primitivo

“Chi mi ha toccato il mantello?”, Indagine preliminare sull’identità dell’emorroissa (Studio per un’ipotesi di soluzione)

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maximus55
view post Posted on 7/11/2017, 18:07     +1   -1




Tra i brani più belli e stimolanti dei vangeli, ed in particolare del vangelo di Marco, quello che narra la guarigione dell’emorroissa, la donna che perdeva sangue, occupa certamente un posto di assoluto rilievo. Nei due anni appena trascorsi, ho iniziato un percorso di avvicinamento a quest’ affascinante personaggio per tentare, se possibile, di far luce sulla sua vera identità. Il lavoro che ho pubblicato sul mio blog, consultabile al sito: https://ilpozzodeimagi.wordpress.com/2016/...i-di-soluzione/
è il risultato di questa ricerca e al tempo stesso la storia di come essa si sia sviluppata, al fine di sottoporre all’attenzione degli studiosi una specifica ipotesi storica, qui formulata per la prima volta, secondo cui la donna, conosciuta nei vangeli sinottici come ”l’emorroissa” può essere identificata verosimilmente con Cipro, la moglie di Erode Agrippa I il Grande, l’ultimo re di Giudea dal 41 al 44 d.C.
Di primo acchito potrà sembrare un’ipotesi temeraria se non addirittura stravagante, tuttavia si vedrà che, come affermava il celebre investigatore privato Sherlock Holmes, «eliminato l’impossibile, ciò che resta, per quanto improbabile che sia, deve essere la verità.»
Il lavoro che si compone di 12 articoli (l’ultimo è ancora in preparazione), si presenta essenzialmente come una vera e propria indagine di polizia.
In questa prospettiva, la ricerca si articola in due momenti diversi. Il primo, costituito essenzialmente dalla raccolta e dall’analisi di tutti gli elementi storico-documentali atti ad individuare e a identificare ciascuna delle due donne; il secondo, rappresentato invece dal confronto puntuale dei due insiemi di elementi raccolti.
E’ chiaro che il risultato di questa operazione sarà tanto più accettabile, e quindi storicamente fondato, quanto più saranno giudicati attendibili i dati acquisiti e che, laddove il loro confronto consentisse di illuminare aspetti prima oscuri dei due personaggi presi singolarmente, ciò fornirà un ulteriore elemento di prova a sostegno della nostra ipotesi e cioè che si tratta della medesima persona.
In ottemperanza al popperiano criterio di falsificabilità, sottopongo onestamente il mio lavoro alla vostra critica nella speranza di evidenziarne pregi e difetti sia sul piano storico che su quello metodologico.
Un cordiale grazie a tutti per la cortese attenzione.
 
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maximus55
view post Posted on 10/11/2017, 20:59     +1   -1




Innanzitutto grazie per il tuo intervento. Per cominciare non c'è male. Tuttavia mi chiedo se tu avessi il tempo di esprimere un giudizio anche su quanto ho scritto nel mio blog sull'argomento. Grazie di nuovo
 
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maximus55
view post Posted on 15/11/2017, 19:44     +1   -1




Come avrai potuto notare leggendo il capitolo introduttivo del mio lavoro, il fine di questa mia ricerca non è di natura esegetica, bensì storica e quanto ho scritto a proposito della statua di Paneas e sugli apocrifi riguardanti l’emorroissa, non fanno assolutamente parte della dimostrazione. Questi elementi li ho citati solo perché è riflettendo su di essi che ho avuto l’intuizione che Lucio Volusio Saturnino, nato nel 37 a.C. e morto nel 56 d.C. potesse essere alla base del leggendario Volusiano e che Cipro potesse identificarsi con l’emorroissa.
Anch'io penso come te che non "sia così indispensabile conoscere il nome dell'emorroissa per comprendere quella pericope" e del resto, a questo scopo, non lo hanno ritenuto necessario neppure gli evangelisti. Tuttavia credo che se riuscissimo a dimostrare, con sufficiente certezza, che l'emorroissa e Cipro siano la stessa persona ciò rappresenterebbe, non solo un nuovo ed interessante elemento biografico per inquadrare la figura storica di Gesù, ma aiuterebbe ad illuminare alcuni eventi di non lieve importanza. Ne cito solo due tra i primi che mi sovvengono:
A) Come certo ricorderai, a proposito della morte di Giovanni Battista, Marco scrive che "Venne però il giorno propizio, quando Erode per il suo compleanno fece un banchetto per i grandi della sua corte, gli ufficiali e i notabili della Galilea." (Mc 6,21). Come tu stesso hai affermato: "Qui i casi sono tre: o Erode era d'accordo con la moglie sin dall'inizio e la sua tristezza è una finzione; oppure egli pensava di liberare il Battista servendosi del banchetto e dell'approvazione ufficiale dei commensali alle sue nozze con Erodiade; oppure quello che dice Marco è vero: Erode non era d'accordo con la moglie, non aveva intenzione di liberare il Battista e decise di eliminarlo solo perché aveva fatto un giuramento davanti a testimoni di prestigio”: "Il re divenne triste; tuttavia, a motivo del giuramento e dei commensali, non volle opporle un rifiuto." (Mc 6,26). A questo proposito si può ben ipotizzare che tra i commensali al banchetto dell’ Antipa ci fossero anche Cipro e suo marito Erode Agrippa e che quest’ultimo, visto il suo interesse perché si stabilizzasse la posizione di sua sorella Erodiade, avesse svolto un’attiva e pubblica opera di persuasione affinchè Antipa s’ impegnasse con un giuramento. Quest’opera d’istigazione potrebbe poi essere alla base dell’ostilità, che sorgerà di lì a poco, tra Antipa e Agrippa stesso (cfr. Ant. 18,150).
B) In Atti 12,5-19 si narra la “miracolosa” liberazione dal carcere di Pietro. Ora se possiamo identificare Cipro con l’emorroissa, avremmo addirittura una simpatizzante cristiana a fianco di re Erode Agrippa I la quale potrebbe aver svolto un ruolo notevole nella liberazione del capo degli apostoli.
Spero vivamente che tu voglia leggere anche il resto del mio lavoro, il tuo giudizio e le tue critiche mi aiuterebbero moltissimo.
Grazie e a presto
 
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maximus55
view post Posted on 19/11/2017, 12:36     +1   -1




Hai perfettamente ragione: ho "impostato la ricerca sul piano storico", e di proposito non ho voluto chiedermi "in che modo i risultati di tale ricerca possono aiutare a comprendere meglio sul piano ermeneutico una pericope come quella". Da questo punto di vista penso dunque di non poter essere rimproverato di non aver fatto ciò che non volevo fare.
Ora invece sarebbe molto interessante, e in questo tu potresti darmi una mano, far emergere dalla pericope tutto ciò che può corroborare o contraddire la tesi che sto sostenendo. Tu mi dici: "Io non ti ho detto tutto quello che penso di quella pericope, perché vedo che a te interessa soprattutto la parte storica, ma si potrebbero dire tantissime cose", ebbene ti sarei molto grato se, tra le "tantissime cose" che si potrebbero dire, tu volessi selezionare tutte quelle che a tuo parere potrebbero tornare utili all'indagine storica. A questo proposito non so se hai già letto nel mio blog i capitoli 10 e 11: "L'emorroissa: il figlio segreto" parte prima e parte seconda. Mi piacerebbe avere un tuo giudizio. Grazie e a presto.
 
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view post Posted on 28/11/2017, 15:29     +1   +1   -1
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Non ho capito cosa sia successo a questa discussione in cui evidentemente sono caduti dei pezzi, probabilmente cancellati dagli stessi autori.

In ogni modo ho iniziato a leggere il blog (la sintesi, ragazzi, la sintesi) e mi sono imbattuto subito in una difficoltà che mi ha scoraggiato ad andare avanti: ma come si fa a credere che il gruppo statuario descritto da Eusebio sia opera di cristiani quando sappiamo benissimo da una moltitudine di fonti che il cristianesimo precostantiniano non solo era quasi aniconico ma aveva un'avversione totale verso le statue? Avversione più che comprensibile visto che gli "idoli" più di ogni altra cosa rappresentavano la forma tipica di pietà pagana.
A me sembra chiaro che, semmai occorra credere ad Eusebio, si trattasse di un gruppo statuario pagano "risemantizzato" dai cristiani.
 
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maximus55
view post Posted on 28/11/2017, 23:57     +1   -1




Non conosco il motivo per cui Enrico Galavotti abbia voluto cancellare i suoi messaggi, probabilmente era più interessato all'esegesi del brano evangelico riguardante l'emorroissa che alla mia tesi su una sua possibile identificazione con Cipro, la moglie di Erode Agrippa I il Grande, l’ultimo re di Giudea dal 41 al 44 d.C. Chiedo scusa se nel mio blog sono stato un po troppo prolisso e ciò non aiuta un eventuale lettore pur dotato di buona volontà. Tuttavia mi trovo costretto nuovamente a ribadire che, come si può evincere leggendo il capitolo introduttivo del mio lavoro, il fine di questa mia ricerca non è di natura esegetica, bensì storica e che quanto ho scritto a proposito della statua di Paneas e sugli apocrifi riguardanti l’emorroissa, non fanno assolutamente parte della dimostrazione. Questi elementi li ho citati solo perché è riflettendo su di essi che ho avuto l’intuizione che Lucio Volusio Saturnino, nato nel 37 a.C. e morto nel 56 d.C. potesse essere alla base del leggendario Volusiano, uno dei personaggi della Vindicta Salvatoris, e che Cipro potesse identificarsi con l’emorroissa. E' questa la tesi che cerco di dimostrare e i cui argomenti sono sottoposti alla critica di chiunque abbia un interesse storico in proposito. Ringrazio dunque qualunque partecipante a questo forum volesse aiutarmi a far emergere tutto ciò che può corroborare o contraddire la tesi che sto sostenendo. In particolare un grazie a Teodoro per la sua cortese attenzione.

Per non far perdere troppo tempo ad un eventuale gentile lettore, consiglierei di limitare la lettura ai capitoli dal 4 all'11.
 
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maximus55
view post Posted on 1/12/2017, 18:39     +1   +1   -1




Gentilissimo Teodoro, pur ringraziandoti nuovamente per la tua cortese attenzione, desidero chiarire la mia opinione riguardo la statua di Paneas. A tal fine riporto integralmente quanto ho scritto in proposito sul mio blog: "Oggi molti studiosi sono convinti che il monumento descritto da Eusebio, altro non fosse che una stele votiva raffigurante una donna in atteggiamento di “supplice” al cospetto di una qualche divinità, forse Asclepio o un suo corrispettivo fenicio-siriaco[17]; oppure di una scultura eretta dalla città di Cesarea in onore di uno dei tanti imperatori[18]; in ogni caso, che si trattasse di un gruppo statuario a cui la comunità cristiana locale aveva dato un nuovo e diverso contenuto. Ma al tempo di Eusebio, i cristiani di Paneas avevano un’interpretazione dei fatti completamente diversa ed erano ben convinti della sostanziale veridicità di ciò che affermava la loro tradizione riguardo a quella famosa icona di bronzo: una fama che la Storia Ecclesiastica di Eusebio amplificherà enormemente, ma che non derivava dalla diffusione della sua opera, al contrario Eusebio ne scriveva perché la statua era già famosa e la sua distruzione da parte dell’imperatore Massimino ne era la dimostrazione a posteriori. Del resto, sebbene sia possibile che qualcuno, più facilmente se straniero, possa essere stato tratto in errore dalla forma di un’immagine o dal testo di un’epigrafe, si pensi ad esempio al caso di Giustino con la presunta statua di Simon Mago a Roma[19], è difficile credere in un autoinganno generale, soprattutto di un’intera comunità cristiana che aveva visto il monumento sorgere nella propria città, che ne aveva conosciuto lo scopo fin dal principio e che lo aveva trasmesso, insieme alla fede, alle generazioni seguenti. Oltre a ciò, è da considerare che gli ex voto pagani, come i simulacri delle Provincie erano conosciutissimi, ed un errore di questo tipo sarebbe stato subito avvertito, (tanto più da Eusebio che aveva molto viaggiato). L’errore poi sarebbe stato colto ancor più facilmente in un monumento di Asclepio con la dea Hygiaeia, perché i loro attributi e tipologie erano più che noti; ne Hygiaeia sarebbe stata raffigurata in ginocchio dinanzi ad Asclepio, ma seduta, o in piedi al suo fianco, come è dato vedere nelle immagini di culto che li ritraggono. Inoltre se, come è stato sostenuto, i cristiani di Paneas avessero utilizzato un monumento pagano, dando ad esso un nuovo contenuto simbolico, questo comportamento non li avrebbe forse esposti agli scherni feroci dei loro avversari? Non sarebbe stato per questi ultimi un facile tiro al bersaglio esercitare la loro satira contro dei semplici cristiani che così scioccamente custodivano con tanta devozione un’immagine pagana giudicandola persino del loro divino Redentore? E infine, non era forse la stessa distruzione operata dall’imperatore Massimino, la migliore riprova del carattere cristiano, e non pagano, di questo monumento e della fama che lo circondava?[20]

Eusebio nel suo resoconto non sembrava nutrire alcun dubbio in proposito, anzi, il suo non ritenere giusto “omettere una storia degna di essere ricordata da quelli che verranno dopo di noi” implicava senz’altro, che la vicenda ai suoi occhi aveva riscosso un notevole credito.

Si trattava di una tradizione da tenere in grande considerazione e che trovava il massimo conforto non solo dalla narrazione orale degli abitanti del luogo, ma anche nei monumenti stessi che ne attestavano con eloquente evidenza la veridicità. Inoltre, Eusebio dichiarava di aver visto con i propri occhi la stele di bronzo attribuita alla committenza dell’emorroissa, e la critica rivolta all’imperatore Massimino che, tra il 308 e il 314, “accrebbe la sua empietà distruggendola”, manifestava pienamente in quale considerazione avesse tenuto ciò che i cristiani di Paneas gli avevano raccontato.

Non aveva dunque serio fondamento l’affermazione del Dobschütz secondo cui Eusebio, tradizionalmente considerato avverso alle immagini[21], aveva semplicemente riferito “quella che era l’opinione della gente di Paneas, senza offrire nessuna garanzia della sua esattezza”; ne che “essa rappresenta per il lui una credenza scandalosa che egli si sforza di giustificare solo ricorrendo a delle analogie”(Cfr. Dobschütz, p.149). Al contrario, in ambedue le testimonianze, prima di passare a descrivere l’opera, Eusebio ne parlava come di “ammirevoli monumenti della benevolenza del Signore”. Nel Commentario su Luca non esprimeva a riguardo alcun disappunto o contrarietà, e mentre nella Storia Ecclesiastica, paragonava l’opera attribuita all’emorroissa a quelle dei pagani che hanno onorato Cristo come sono soliti fare con i loro “soteres”, non esprimeva un giudizio di condanna particolarmente duro; semmai sembravano invece suscitare in lui maggiore sdegno quelle immagini dipinte di Pietro e di Paolo, per le quali affermava in modo assai più forte la connessione con la tradizione pagana.

Dunque quello stesso Eusebio, ben noto per la sua disapprovazione della pittura, per la diffidenza che mostrava per le cosiddette immagini “sacre” e per aver scoraggiato i fedeli all’acquisto delle icone, proprio in questo caso particolare, non liquidava come una sciocchezza l’ipotesi che davvero quelle statue rappresentassero Gesù e l’emorroissa[22].

Ovviamente, ritenere la statua di Paneas un monumento cristiano era una cosa ben diversa dal crederlo un ex voto fatto erigere dalla medesima emorroissa del vangelo[23], ma la cosa più importante di cui tenere conto era che all’inizio del IV secolo, esistesse una tradizione orale, considerata già antica all’epoca di Eusebio, e supportata da elementi architettonici e artistici, che legava la donna emorragica alla città di Paneas (Cesarea di Filippo)." Colgo l'occasione per esprimere un desiderio e cioè che le difficoltà che hai incontrato nel leggere quanto ho scritto nel capitolo introduttivo non ti scoraggino a proseguire nell'esame dell'ipotesi storica che sostengo, poichè, ripeto, credo che se riuscissimo a dimostrare, con sufficiente certezza, che l'emorroissa e Cipro siano la stessa persona ciò rappresenterebbe, non solo un nuovo ed interessante elemento biografico per inquadrare la figura storica di Gesù, ma aiuterebbe anche ad illuminare alcuni eventi di non lieve importanza riguardanti la storia del cristianesimo nei primissimi anni della sua diffusione.
 
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maximus55
view post Posted on 27/10/2019, 10:13     +1   +1   -1




Il materiale riguardante l'ipotesi storica che ho formulato - e che, in parte, era già apparso sul mio blog: https://ilpozzodeimagi.wordpress.com/ - riveduto, sintetizzato e corredato di foto e cartine geografiche, ha finalmente ricevuto la forma grafica di un libro che spero più facilmente accessibile e fruibile per i forumisti interessati. Il lavoro è stato pubblicato sul sito www.biblistica.it/wordpress/?page_id=4348.
Sarei lieto di ascoltare chiunque volesse offrire il proprio contributo critico. Un caro saluto a tutti.
 
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view post Posted on 28/10/2019, 16:18     +1   -1
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Habitué

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Molto interessante. Complimenti per l'ottimo lavoro di ricerca.

Edited by Giosia - 28/10/2019, 18:22
 
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maximus55
view post Posted on 29/10/2019, 06:28     +1   -1




grazie :)
 
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view post Posted on 29/10/2019, 10:17     +1   -1
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Habitué

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Sembra sempre più evidente che diversi membri della famiglia erodiana nutrissero simpatia per l'insegnamento di Gesù
seppur in modi diversi.
Alcuni erano affascinati soprattutto dall'elemento spettacolare, miracolistico del suo operato come Erode Antipa.
Altri invece, come l'emorroissa, Cipro secondo questa interessante ricostruzione storica, probabilmente erano diventati,
per certi versi, discepoli nascosti di Gesù (come Nicodemo o Giuseppe di Arimatea d'altra parte)
visto che nel Vangelo si trova la constatazione della conversione: La tua fede ti ha salvato.
Un ulteriore collegamento tra la famiglia erodiana e Gesù è poi rappresentato dall'enigmatica figura di Simeone Boeto,
suocero di Erode il Grande, sommo sacerdote originario di Alessandria d'Egitto (in qualche modo legato alla tradizione sadocita oniade)
poi destituito da Erode stesso poco prima della morte (forse l'unico sommo sacerdote di cui viene dato un ritratto positivo nel NT).
Certamente queste simpatie nei confronti di Gesù da parte di alcuni membri della famiglia erodiana non potevano
essere viste positivamente da alcuni gruppi religiosi animati da un certo zelo che forse avevano rappresentanti all'interno del sinedrio:
c'è dunque da domandarsi se tali simpatie potessero costituire un ulteriore motivo per condannarlo a morte.
Gli erodiadi infatti, sulla base di G. Flavio, pur professando l'ebraismo (in modo forse molto superficiale?), non disdegnavano i costumi pagani...
nelle loro abitazioni erano presenti raffigurazioni umane ed animali proibite dalle prescrizioni deuteronomistiche:
i loro palazzi furono infatti dati alle fiamme e distrutti appena prima dell'assedio delle legioni di Tito.
Ne emerge dunque un Gesù tutt'altro che zelota (con tutti i caveat dell'uso del termine zelota!) ma non necessariamente
imparentato con la famiglia erodiana come qualcuno ha ipotizzato sulla base di motivazioni piuttosto discutibili.

Edited by Giosia - 29/10/2019, 20:00
 
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maximus55
view post Posted on 29/10/2019, 19:02     +1   -1




Sono perfettamente d’accordo. A quanto hai detto si può aggiungere ciò che afferma Marta Sordi nel suo sempre valido saggio: I cristiani e l’impero romano (Jaca Book, Milano 1984, p. 45). Nel cap. 16 della lettera ai Romani, di cui non si disconosce ormai l'appartenenza alla lettera stessa, e in cui vengono distinti, nei saluti, almeno cinque gruppi di Cristiani, probabili chiese domestiche: "colpisce fra tutti l'accenno a 'ἀσπάσασθε Ἀπελλῆν τὸν δόκιμον ἐν Χριστῷ. ἀσπάσασθε τοὺς ἐκ τῶν Ἀριστοβούλου' (ibi, 16, 10) cioè gli schiavi e i liberti di Aristobulo, figlio di Erode di Calcide (e quindi nipote di Agrippa il Grande e di Cipro sua moglie. ndr) - che nel 54, al momento della morte di Claudio, fu inviato da Nerone a governare la piccola Armenia (Fl. Jos. B.I. II, 13 ,252)".
 
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view post Posted on 4/11/2019, 09:18     +1   -1
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Habitué

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A giudicare dalle frequentazioni di Gesù, sembra che durante il suo cosiddetto ministero pubblico avesse frequentato innumerevoli volte persone di un certo rango sociale, persone decisamente benestanti,
pubblicani, farisei, etc... Stando così le cose, sembra che il suo messaggio fosse rivolto in primis a persone ricche, più che povere, che tuttavia volevano cambiare vita, impoverendosi per scelta, per aiutare i poveri. Di fatto il messaggio di Gesù era per poveri ma non era rivolto direttamente ai poveri ma piuttosto a chi era ricco e voleva cambiare vita ed impoverendosi aiutare anche i poveri (si pensi al futuro S. Francesco ... non fece la stessa cosa? non divenne nell'immaginario collettivo il Santo più vicino alla figura di Gesù Cristo proprio per essersi impoverito per amore dei poveri?). Beati i poveri in spirito si potrebbe interpretare dunque come beati coloro che si fanno poveri per causa dello spirito... non tanto gli umili di cuore... considerando come "beato" il discepolo di Gesù (ma forse anche il piccolo/il bambino è in realtà il discepolo di Gesù... nel senso di colui che si fa piccolo per gli altri). I poveri in spirito sono coloro che abbandonando le ricchezze di questo mondo hanno in cambio il Regno dei Cieli.
C'è chi, come il discepolo itinerante, compie questa scelta in modo radicale vendendo tutto quanto possiede, lasciando padre, madre, fratello, etc... e mettendo in comunione tutto con i propri nuovi fratelli (fratelli in Cristo Gesù, Figli di Dio), c'è chi invece come Zaccheo che non rinuncia a tutte le ricchezze (perchè è stanziale... non può fare di più!) ma mette comunque a disposizione metà delle proprie ricchezze per i poveri e magari anche per i discepoli itineranti.
Cipro, Giuseppe d'Arimatea, Nicodemo, etc... sembrano rientrare in questa seconda categoria di persone (stanziali)... per certi versi, Gesù aveva già pensato alla sostenibilità futura del suo gruppo di discepoli itineranti, che aveva il compito esclusivo di diffondere la Parola di Dio e che quindi non lavorando doveva essere in un qualche modo supportato, aiutato da altri discepoli, gli stanziali, che invece erano rimasti nelle loro casa e non avevano abbandonato le loro attività. Ai discepoli itineranti pertanto doveva essere assicurato cibo, vestiario, cure mediche se necessario, etc... ed a chi provvedeva a queste necessità dei discepoli itineranti, Gesù riconosceva la salvezza ("Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me"). Sembra abbastanza confermata l'idea del biblista Barbaglia secondo la quale esistevano due tipi di discepolato nel gruppo di Gesù: stanziale ed itinerante (povero, nel senso di impoverito a causa del Vangelo) di cui il primo sosteneva economicamente il secondo.
Il discepolo itinerante probabilmente aveva maggiori meriti in quanto lasciava, abbandonava tutto ciò che aveva... salvo la moglie, con la quale era opportuno che vivesse in castità (eunuchi per il regno dei cieli)... d'altra parte un missionario itinerante come avrebbe avuto la possibilità di crescere dei figli non avendo una fissa dimora?
Verrebbe da pensare che la castità fosse pertanto una condizione necessaria dettata da motivazioni molto pratiche e non da chissà quale ideale di purezza (e forse nemmeno per una dedizione completa a Dio!)... anche perchè la castità nell'ebraismo non aveva nessun valore, anzi... il contrario. Non solo ma anche quando si parla di poveri nel Vangelo, non si allude pertanto a generici poveri ma soprattutto a persone impoverite per scelta, per seguire Gesù,... poi questo poteva voler dire anche aiutare i poveri, le vedove, etc... ma solo in seconda istanza.
Siamo dunque abbastanza lontani da una visione principalmente pauperistica del Vangelo e della missione di Gesù... tutto dipende infatti da chi sono i poveri di cui parlano i Vangeli.

Edited by Giosia - 4/11/2019, 18:11
 
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maximus55
view post Posted on 5/11/2019, 06:52     +1   +1   -1




Carissimo Giosia, non ho letto nulla di Silvio Barbaglia, ma che ci fossero dei discepoli, di ambo i sessi, che con i loro beni sostenevano l’attività missionaria di Gesù è fuori di dubbio, ed è notevole che a questo proposito vengano citate in particolare diverse donne. In Lc 8,1-3 ne sono nominate alcune che fungevano da supporto logistico e da sostentamento materiale del gruppo degli apostoli, sfruttando la loro posizione sociale e i beni di cui godevano, come sembra ricordare l’evangelista, citando Giovanna, moglie di Cusa, sovraintendente di Erode, e i beni posseduti da queste donne. Questo consentiva loro di fornire a Gesù e ai suoi non solo un sostentamento materiale, ma probabilmente anche una certa protezione sociale. Questo rilievo dell’evangelista Luca è tanto più importante ove si tenga presente, come ha ben dimostrato Joachim Jeremias nello splendido saggio “La situazione sociale della donna”, posto in appendice al suo “Gerusalemme al tempo di Gesù”, che una donna sposata, pur potendo possedere dei beni (in particolare i cosiddetti “beni parafernali”), non poteva disporne liberamente poiché l’usufrutto spettava al marito.
A proposito di queste donne che Luca menziona al seguito di Gesù, ci si potrebbe chiedere perché – ammesso e non concesso che l’emorroissa fosse Cipro – Luca non la chiami per nome, da lui ce lo aspetteremmo. Come spiego ampiamente nel mio studio, per comprendere adeguatamente non solo perché Luca non citi Cipro tra le donne che assistevano Gesù con i loro beni, ma anche la riservatezza con cui l’episodio viene trattato, occorre far riferimento alle circostanze storiche in cui i vangeli sinottici e gli Atti degli apostoli vengono redatti, e in particolare ai protagonisti della scena politica. Senza entrare in dettagli o discussioni specialistiche, per quanto concerne il nostro scopo, è sufficiente riconoscere che, entro gli anni 80-90 del I secolo d.C., tutti i vangeli sinottici e gli Atti degli apostoli avevano già visto la luce.
A questa data regnava ancora Agrippa II, il “re Agrippa” di At 25,13, il figlio primogenito di Cipro e Agrippa I. Allevato a Roma, nel 50 d.C., Agrippa II era stato nominato tetrarca della Calcide nel Libano; nel 53 l’imperatore Claudio gli aveva concesso il potere di nominare i sommi sacerdoti di Gerusalemme e nello stesso anno, in cambio della Calcide, lo nominò re della Batanea, Traconitide, Gaulanitide, Abilene e di un territorio alle falde del Libano chiamato Eparchia di Varo. Fu sempre amico dei romani e governò sempre secondo il loro volere, anche durante la rivolta giudaica del 66, che si concluse con la distruzione del tempio di Gerusalemme, in cui tentò di indurre gli Ebrei alla resa e per questo venne ricompensato da Roma con ingrandimenti territoriali. Nella vita privata, Agrippa II fu anche noto per le voci che corsero intorno ai suoi particolari rapporti con la sorella Berenice, presente anche lei nell’udienza di Paolo narrata in At 25,13. Costei, rimasta vedova a soli vent'anni visse per qualche tempo alla corte del fratello, all’epoca ancora tetrarca di Calcide, destando scalpore per una supposta storia d'incesto. Quando lo scandalo divenne pubblico, Berenice, per mettere a tacere le voci maligne, riuscì ad indurre il re Polemone II di Cilicia a sposarla e a sottoporsi alla circoncisione. Il matrimonio probabilmente avvenne dopo il 64, ma la principessa non resistette a lungo a fianco di Polemone, e ritornò dal fratello. Invaghitasi successivamente del generale Tito lo raggiunse a Roma nel 79, quando, alla morte di Vespasiano, salì al potere. Tuttavia malelingue costrinsero i due a lasciarsi. La tradizione ebraico-cristiana la descrive come donna dedita ai vizi più immondi, come emerge anche dall'epiteto "Berenice la meretrice".
Con queste premesse, non è difficile capire perché il nome di Cipro non compare esplicitamente nel Nuovo Testamento: non era affatto consigliabile coinvolgere in modo sconsiderato simili personaggi, così vicini ai vertici del potere imperiale, in un periodo di persecuzioni e di ribellioni in cui giudei e cristiani non si distinguevano ancora sufficientemente l’uno dall’altro. Non si deve poi dimenticare che il padre di Agrippa II e di Berenice, cioè Agrippa I il marito di Cipro, fu colui che “cominciò a perseguitare alcuni membri della Chiesa e fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni”, e che “vedendo che questo era gradito ai Giudei, decise di arrestare anche Pietro.” (At 12,1-3). Agrippa II non giunse mai a questi eccessi, anzi nell’udienza di Paolo a cui fu invitato dal governatore Festo, il suo atteggiamento fu improntato alla massima tolleranza. A questo riguardo è interessante rilevare come la certezza di Paolo nel ritenere Agrippa un uomo che crede nei profeti, primo fra tutti Gesù “che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo” (Lc 24,19), possano suggerire discretamente, che le conoscenze di Agrippa erano basate su una fonte particolarissima, quella appunto, secondo me, trasmessagli da sua madre Cipro.
“Mentre egli (Paolo ndr) parlava così in sua difesa, Festo a gran voce disse: «Sei pazzo, Paolo; la troppa scienza ti ha dato al cervello!». E Paolo: «Non sono pazzo - disse - eccellentissimo Festo, ma sto dicendo parole vere e sagge. Il re è al corrente di queste cose e davanti a lui parlo con franchezza. Penso infatti che niente di questo gli sia sconosciuto, perché non sono fatti accaduti in segreto. Credi, o re Agrippa, ai profeti? Io so che tu credi»”.( Atti 26,24-27).
Vi è infine un ultimo elemento che giustifica la riservatezza di cui è circondato l’episodio dell’emorroissa e cioè il fatto che, se accettiamo l’identità Cipro = emorroissa, il figlio Agrippa risulterebbe concepito in stato di grave impurità dei genitori, e di conseguenza sarebbe stato dichiarato un mamzer, cioè un “bastardo”. Come è noto, il sostantivo ebraico mamzer (in ebraico: ממזר‎), nella Bibbia ebraica (Tanakh) e nella Legge ebraica (Halakhah), indica una persona nata da una relazione proibita o discendente da tale persona.
Nella tradizione ebraica l'atteggiamento speciale nei confronti del mamzer appare già nel Pentateuco. Deuteronomio 23,1-9 contiene una raccolta di leggi incluso quella del mamzer:
“Nessuno sposerà una moglie del padre, né solleverà il lembo del mantello paterno. Non entrerà nella comunità del Signore chi ha i testicoli schiacciati o il membro mutilato. Il bastardo (=mamzer) non entrerà nella comunità del Signore; nessuno dei suoi, neppure alla decima generazione, entrerà nella comunità del Signore. L'Ammonita e il Moabita non entreranno nella comunità del Signore; nessuno dei loro discendenti, neppure alla decima generazione, entrerà nella comunità del Signore. Non vi entreranno mai, perché non vi vennero incontro con il pane e con l'acqua nel vostro cammino, quando uscivate dall'Egitto, e perché, contro di te, hanno pagato Balaam, figlio di Beor, da Petor in Aram Naharàim, perché ti maledicesse. Ma il Signore, tuo Dio, non volle ascoltare Balaam, e il Signore, tuo Dio, mutò per te la maledizione in benedizione, perché il Signore, tuo Dio, ti ama. Non cercherai né la loro pace né la loro prosperità; mai, finché vivrai. Non avrai in abominio l'Edomita, perché è tuo fratello. Non avrai in abominio l'Egiziano, perché sei stato forestiero nella sua terra. I figli che nasceranno da loro alla terza generazione potranno entrare nella comunità del Signore” (Dt 23,1-9).
Su questo specifico argomento sono illuminanti le parole di Jeremias secondo il quale, nel I secolo d.C., erano considerati mamzer “tutti i discendenti di una unione vietata nella Torah”, un’interpretazione, che trovava i suoi massimi esponenti in Rabbi Aqiba e Rabbi Yoshua, e che risultava molto più rigorosa di quella che invece prenderà piede nel secolo successivo. Tra le unioni vietate c’era appunto quella di avere rapporti con una donna mestruata:
“Non ti accosterai a donna per scoprire la sua nudità durante l'immondezza mestruale” (Lv 18,19)
Se ne deduce che “il gruppo di popolazione che con i propri discendenti veniva designato da questo termine (mamzer ndr) era abbastanza importante. Le persone segnate dalla macchia grave del mamzer erano ben note, anche se, come è facilmente intuibile, cercarono di nasconderla […]. Ai bastardi era vietato contrarre matrimonio, anche quello leviratico, con membri delle famiglie di sacerdoti, di leviti e di Israeliti e con figli illegittimi di sacerdoti. Essi potevano sposarsi soltanto con membri di famiglie di proseliti, di schiavi affrancati e di Israeliti gravemente macchiati […]. Egli non aveva accesso alle dignità pubbliche; la sua partecipazione a una decisione del Sinedrio o di un tribunale di 23 membri rendeva invalida quest’ultima. Gli era soltanto consentito di essere giudice nelle decisioni di diritto civile in un tribunale di tre membri. Se si pensa che la macchia del bastardo colpiva tutti i discendenti maschi per sempre e in modo indelebile, e che si discuteva, persino vivacemente, per sapere se le famiglie dei bastardi avrebbero preso parte alla liberazione finale d’Israele, si comprende come la parola bastardo abbia costituito una delle ingiurie peggiori; chi la usava veniva punito con 39 colpi di frusta”. Giova notare che Agrippa II fu l’unico maschio della dinastia erodiana di cui si sa con certezza che non si sposò mai. Secondo Photius , Agrippa morì, senza figli, all'età di settant'anni, nel terzo anno del regno di Traiano, cioè 100 d.C., ma secondo gli studi moderni sembra che sia morto prima del 93/94. Fu l'ultimo principe della dinastia nata da Erode il Grande.
 
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view post Posted on 7/11/2019, 10:11     +1   -1
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In effetti, il fatto che l'autore del Vangelo secondo Luca non citi il nome dell'emorroissa è indubbiamente significativo considerata l'abbondanza di riferimenti a persone reali con tanto di nome in questo vangelo.
Se l'emorroissa resta nell'anonimato, potrebbe non essere un caso. E' una teoria assolutamente plausibile.
 
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15 replies since 7/11/2017, 18:07   644 views
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