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| Quando frequentai la scuola elementare presso un istituto di suore, le sentivo spesso riferirsi a Gesù con i termini, allora per me del tutto oscuri, di “Salvatore” e “Redentore”. Da bambino dunque elaborai la semplice idea che Gesù avesse previsto e deciso la sua stessa morte violenta allo scopo della resurrezione, ovvero per dimostrare anche ai più scettici, di essere Dio, con il miracolo più eclatante che potesse esistere. Così risolsi l’annosa questione per molti anni. La scoperta, assai più tarda, del sacrificio umano offerto a Dio per convincerlo a perdonare il peccato di tutti gli uomini mi impressionò parecchio, perché fino ad allora mi era stato presentato Dio come la forma più grande di amore ed il concetto di vittima sacrificale mi sembrava una forma arcaica di credenza di uomini primitivi, più che una sua inderogabile richiesta. Pensai immediatamente che i preti non avessero capito niente di Gesù e che Dio non avesse mai chiesto una cosa simile. Mi spiegarono che era proprio l’immenso amore di Dio ad aver scelto proprio suo figlio e non un qualsiasi altro uomo a tale scopo. Ma con tutti gli uomini morti ingiustamente nella storia, non c’era nessuno che faceva al caso suo? E poi ancora, prima di Gesù, tutti gli uomini morti prima di lui nei secoli, erano ancora peccatori agli occhi di Dio? La successiva scoperta che non era la predisposizione umana al male a dover essere perdonata, ma un singolo peccato di una coppia progenitrice che veniva trasmesso per discendenza mi sembrò ancora più assurda. Le colpe dei padri non possono ricadere sui figli, è un concetto cui siamo arrivati noi miseri uomini, figuriamoci se non lo sapeva anche Dio. Mi sembrò di aver fatto un passo indietro, perché anticamente Dio stesso aveva impedito il sacrificio di Isacco. Dunque, non solo era sbagliata l’interpretazione ebraica del sacrificio animale, ma era sbagliata anche l’interpretazione Cristiana del sacrificio umano. Dio non ha mai chiesto alcun sacrificio di alcun essere vivente, sono gli uomini che l’hanno immaginato. Gli Ebrei prima e i Cristiani dopo.
Perdonate questa introduzione poco professionale e non adatta ad un forum di impostazione piuttosto rigorosa come questo, ma vengo al dunque.
La teologia del peccato originale e della redenzione, tipicamente Cristiana, ma inconcepibile sia per Ebrei che per i Musulmani, non sembra più essere sostenibile, alla luce della storia e alla luce della scienza. Vito Mancuso la vorrebbe eliminare, perché pone inimicizia tra Dio e il bambino, ma le conseguenze sarebbero disastrose per il Cristianesimo, perché se si elimina la colpa non c’è bisogno del sacrificio di Cristo. Ma questa è una considerazione teologica. La mia domanda è prima ancora storica.
Cosa pensava Gesù della sua morte violenta?
Davvero, come scrive Marco nel suo Vangelo, l’aveva prevista o essa fu soltanto la tragica conseguenza della sua predicazione? In fondo sapeva che molti lo volevano uccidere e diversi avevano pure tentato di farlo, persino a Nazareth. Aveva timore di andare a Gerusalemme proprio perché temeva di essere ucciso e sappiamo che anche Erode Antipa volesse la sue morte. Certo Gesù si doveva sentire un po’ braccato, ed è possibile che avesse previsto la possibilità di una morte violenta. Magari è proprio in questi termini che ne parlò agli apostoli. Certo, in Marco e negli altri evangelisti, Gesù indica chiaramente la volontà precisa del Padre circa la sua prossima sofferenza. Parla anche del valore “Sacrificale” di tale morte violenta, offerta per molti ed in remissione dei peccati. Ma davvero aveva questa autocomprensione?
Il Gesù storico, sapeva di morire come agnello sacrificale per il perdono dei peccati del mondo?
Davvero era nato per morire di morte violenta?
L’ipotesi che faccio è che tale interpretazione non fu quella del Gesù storico, quanto quella del Cristo teologico fatta in ottica post-pasquale. È possibile che, dopo la morte di croce, alcuni seguaci, delusi dalla mancata prospettiva del “Regno di Dio, vero fulcro della predicazione gesuana, reinterpretarono il messianismo in chiave spirituale. Apparentemente, dopo Gesù non era cambiato niente, il Regno di Dio non c’era, il male non era stato tolto, ma qualcosa aveva definitivamente cambiato il corso della storia; l’uomo si era riappacificato con Dio e pertanto era arrivata la salvezza in Cristo. Questa idea, chiaramente esposta per la prima volta nelle lettere di Paolo di Tarso, potrebbe avere influenzato la stesura del Vangelo di Marco e avrebbe trovato in S. Agostino, il suo massimo sviluppo. Che ne pensate?
Edited by VINICIUS_ - 21/5/2020, 17:38
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