Studi sul Cristianesimo Primitivo

Posts written by Polymetis

view post Posted: 15/3/2014, 19:09     Commissioni all'italiana - Recensioni, News, Links e Bibliografie
Caro Teo,
mi chiedo come si permetta questa gente, che il greco neppure lo sa scrivere, a farti delle prediche di scientificità di qualsivoglia genere.
Ho letto il link al sito del Senato da te riportato, e devo conformare quanto vi è scritto per quello che concerne pure il il settore filosofico. Il ministero assegnò alle commissioni tempi così risicati per leggere tutte le pubblicazioni delle centinaia di candidati che neppure sotterrandosi vivi e leggendo 10 ore al giorno si sarebbe potuto svolgere il compito, col risultato della fuga in massa degli specialisti dalle commissioni, che hanno comprensibilmente disertato questo ingrato compito, e il successivo rimpiazzo fatto all'ultimo momento dei commissari venuti a mancare. Ho guardato con attenzione la lista dei commissioni nella commissione di studi storico-religiosi, e si occupano tutti di altre materie tranne uno! Si tratta infatti di una serie di specialisti in paleografia latina, a cui si aggiunge uno spagnolo che insegna storia delle religioni alle isole Canarie, ma non si tratta di uno studioso di cristianistica bensì di religioni del mondo classico. Sicché sei stato giudicato, tu che scrivi di storia della Chiesa e liturgia, da gente senza alcuna competenza di queste materie. Bisognava ribellarsi subito dinnanzi ad uno scempio simile, che ha la macroscopica evidenza di un pasticciaccio all'italiana.
Quanto alla seconda commissione, quella di filologia, ho letto sul sito del MIUR il verbale. Qui non ci sono tra i commissari giudizi di merito, se non positivi, come quello da te riportato. Tuttavia l'ambito disciplinare era "filologia classica e tardo antica", mentre tu hai presentato contributi di filologia bizantina, cioè di epoca medievale, i quali, pur essendo stati lodati per il la loro acribia filologica, risultavano non pertinenti col periodo di tempo incluso in quel settore disciplinare che si estendeva sino al tardo-antico. Lo dico perché qualche dilettante che si illude di capire la terminologia scientifica potrebbe aver tratto l'erronea impressione che i tuoi testi siano stati giudicati filologicamente carenti, quando invece sono stati giudicati non pertinenti col periodo di tempo assegnato per quella classe di concorso (e quelli cronologicamente pertinenti marginali per numero rispetto al resto della produzione).
Il riassunto che se ne può trarre dunque è che nella prima commissione non v'era nessuno che potesse giudicarti, perché nessuno sapeva qualcosa di scienze storico-religiose, tranne uno, il quale però non sapeva di cristianistica.
Nella seconda commissione invece, tutti i commissari che si sono espressi nel merito della qualità filologica delle tue pubblicazioni, le hanno trovate ben fatte, sebbene non pertinenti col settore disciplinare in quanto si andava fino alla filologia tardo antica mentre tu hai presentato pubblicazioni sul periodo bizantino. Altri commissari invece non si sono espressi nel merito della bontà delle pubblicazioni, dichiarandole semplicemente estranee al periodo di tempo indicato dall'ambito disciplinare. Sicché possiamo ben dedurre dai pareri di questa commissione, nella quale non v'è alcun parere negativo sulla qualità filologica dei lavori, ed anzi, vi sono solo pareri positivi, che tu sia perfettamente in grado di compiere il tuo lavoro filologico.
Da che pulpito dunque predicano gli autori di quel libercolo infarcito di solecismi? Essi criticano te per non aver passato il vaglio di una commissione incompetente nella tua materia e oggi sotto indagine, mentre loro una commissione di abilitazione scientifica per l'insegnamento universitario non la vedranno mai neppure col binocolo... Sai che fine avrebbe fatto quel loro libretto fatto col kulon, nelle mani di una commissione universitaria, quel libretto con un errore ogni 3 pagine? Ed essi avranno mai l'ardire di presentare questo loro libello ad una commissione universitaria, o si rendono conto da soli che per l'ascientificità e il settarismo delle loro tesi sarebbe come presentare ad una commissione che abiliti all'insegnamento in biologia un libro a difesa del creazionismo? Sono cioè essi consapevoli dell'assoluta marginalità, partigianeria, e ascientificità delle loro tesi?
Quanto alla recensione che hanno scritto della tua recensione, mi sembrava di leggere la Santanchè con la sua famosa battuta "mi stupisco che lei si stupisca"... Vale a dire che, davanti alle obiezioni di Teo, non hanno fatto che ribadire "sì, crediamo proprio questo, e il perché l'abbiamo spiegato nel libro". Siccome probabilmente in questo libro non c'è una sola pagina esente da critiche, o Teo doveva scrivere un volume a sua volta per smontare approfonditamente ogni punto, oppure l'unica cosa da fare era limitarsi a richiamare per sommi capi quali erano le tesi assurde del volume. Questo era possibile perché la sua recensione era idealmente pensata per una rivista di specialisti, quindi di lettori competenti che non hanno alcun bisogno che si scenda in particolari una volta che si enunci perché un punto appare problematico. Ad esempio Teo ha scritto che è assurdo mettersi mettersi a fare tabelle dove venga riportata la datazione dei manoscritti che ci tramandano le informazioni sulla crocifissione, e ciò con lo scopo assai poco velato di volerle sminuire in quanto trasmesse sovente da codici tardi. Lo scrivere che quest'operazione non ha alcun senso, non ha ovviamente bisogno di spiegazioni se a leggere è uno specialista, e dunque Teo s'è limitato a segnalare il fatto, sapendo bene che tutti i suoi lettori filologi l'avrebbero capito. Invece gli autori della contro-recensione, come la Santanchè col suo "mi stupisco che lei si stupisca", hanno ancora una volta ribadito la sensatezza e l'originalità (sic!) di questa loro operazione, accampando a sua difesa delle motivazioni altrettanto insensate, fieri come sono del loro accecamento astoricistico.
Teo non ritiene di dover replicare a questa recensione, e non posso dargli torto visto che a muovergli obiezioni è gente che neppure sa il greco, ma per conto mio trovo invece che qualcosa si debba dire, per il divertimento dei foristi se non altro.
Dico ciò solo per annunciare che scriverò una replica alla parte della recensione sul capitolo della crocifissione. Mi limiterò a questa sezione perché è l'unica che ho letto del libro in oggetto (a parte poche altre, di cui mi hanno passato le scansioni, come quella sul tetragrammaton nel NT), e dunque posso recensire con una certa avvedutezza solo questo capitolo (come per altro già feci su infotdgeova). Spero però che lo scandaglio delle illogicità di una sezione della recensione arduiniana, possa essere utilizzata come fosse una campionatura rappresentativa dell'intero pezzo, in modo che i lettori possano farsi un'idea sulla totalità della replica scritta da costoro. Virgilio infatti insegna ab uno disce omnis, procedura questa che non ha nulla di scientifico, ma è estremamente cara ai TdG, e dunque me ne servirò pure io all'uopo.
view post Posted: 11/3/2014, 21:05     Parabola del ricco e Lazzaro - Esegesi Biblica
Dire "dottrina ebraica" non vuol dire nulla, esattamente come non vuol dire nulla "dottrina cristiana". Di che Ebrei e di che cristiani stai parlando?

Non esiste un'escatologia unitaria neppure nell'Antico Testamento. Alcuni autori biblici come il Qohelet sostengono che dopo la morte non vi sia nulla, altri immaginano le anime nello sheol come fossero ombre, conferendo loro una sopravvivenza umbratile e larvale, senza grande coscienza, ma si tratta pur sempre di qualcosa diverso dal nulla.
Nel medio-giudaismo tuttavia, cioè prima dell'epoca di Gesù, erano penetrate nel popolo ebraico diverse credenze a proposito della vita dopo la morte. C'è chi ha sostenuto, come J. Barr, che la credenza di una sopravvivenza di una parte disincarnata dell'individuo sia addirittura precedente all'affiorare della credenza nella resurrezione, e non il contrario, come s'è sempre immaginato.
Nickelsburg ha fatto una bella raccolta di tutte le fonti giudaiche intra-testamentarie, cioè antecedenti all'epoca di Gesù, che attestano la credenza in seno a diversi strati del giudaismo di un'anima disincarnabile dal corpo:

http://www.amazon.com/Resurrection-Immorta...rds=nickelsburg

Quanto all'oggi, è probabile che se chiedi ad un rabbino che cosa ne pensi della vita dopo la morte prima della resurrezione, ti risponda che è materia di haggadà e non di halakha, motivo per cui c'è una grande varietà di pareri in proposito. Qualche secolo fa però, Spinoza fu scomunicato dalla propria sinagoga col capo d'accusa d'aver negato l'immortalità dell'anima. Fa una certa impressione saperlo, visto che oggi, poiché parlare di anima è fuori moda a causa delle neuroscienze, molti ebrei vagheggiano l'esistenza della sola resurrezione.
In conclusione, la parabola del ricco epulone, se fosse stata davvero pronunciata da Gesù, sarebbe perfettamente compatibile con le credenze nella sopravvivenza dell'anima attestate nel medio-giudaismo.
view post Posted: 8/3/2014, 22:37     Recensione: La Bibbia prima del dogma - Recensioni, News, Links e Bibliografie
CITAZIONE (Hard-Rain @ 6/3/2014, 08:53) 
Certo che sbagliare non solo degli accenti ma addirittura delle consonanti nelle parole greche... Ma come sono messi... E' davvero curiosa questa cosa. Con gli strumenti che ci sono oggi neppure un dilettante sbaglierebbe una cosa del genere. Ma come si fa a pensare di scrivere κυλον invece di ξυλον (!?!?!?!!).

Bonsoir a tutti, vi scrivo da Parigi. volevo solo sottolineare questa frase di Hard, e rendervi compartecipi del mio sconvolgimento quando ho letto questo libro, del quale ho recensito il capitolo sulla crocifissione nel forum infotdgeova. Oltre alla metodologia storica un po' folle nella divisione dei brani, agli errori di datazione delle fonti, all'omissione di autori rilevanti per l'argomento in oggetto, anch'io ero rimasto per l'appunto sconvolto dal greco di questo libro. Il kylon, ripetuto per giunta, non è un refuso casuale, esattamente come non possono essere detti frutto della distrazione i ben 70 errori contati da Teo nell'arco di un libro di poche centinaia di pagine. Che scappino un errore o due si può capire... ma 70! E' solo la conferma di quanto già sapevamo e c'era da aspettarsi: questa gente non sa il greco, e non saprebbe comprendere una riga senza una traduzione interlineare. Che poca sorpresa dunque nell'appurare che questa triste genia di dilettanti, proprio perché non capisce i testi di cui vorrebbe discutere quando li legge, abbia semplicemente collazionato un'insieme di fonti in base al mero criterio della simpatia.
Naturalmente, dal punto di vista logico, non c'è nessuna connessione tra il non saper scrivere il greco, e il dire cose scorrette parlando di traduttologia greca. Può anche darsi infatti il miracolo che non sapendo nulla di tibetano, e dimostrando che non ne so nulla sbagliando a scriverlo ogni tre per due, io verghi un'opera che spiega a tutto il mondo perché la maggioranza delle traduzioni del libro tibetano dei morti sono erronee. Tuttavia l'eventualità che accada una cosa del genere è inverosimile, e la spiegazione più semplice del fatto che io, che non so il tibetano, sostenga traduzioni diverse da quelle della maggioranza dei traduttori, è che sono un ignorante e non ho capito di che cosa sto parlando. Non a caso il mondo accademico continua ad andare avanti per la sua strada, ignorando i TdG, che ottengono una studiata claque sono tra di loro, in base alla più nobile tradizione dell'asinus asinum fricat.
Inoltre, diciamocelo, i TdG, perché di questo si tratta, che lo neghino o meno, sono noiosi nel discutere: a loro non interessa entrare nel merito delle argomentazioni, perché la loro mente è soddisfatta dal semplice fatto di trovare chicchessia, uno su mille, che la pensi in maniera simile a loro. Io mi sono sempre chiesto cosa succederebbe se ad seminario io citassi la tesi di un autore e, allorché qualcuno dei convenuti facesse un obiezione a quella tesi, io mi limitassi a ribadire che lo studioso X sostiene quella tesi. Probabilmente mi prenderebbero per matto, perché quello che si fa nell'ambito della ricerca è per l'appunto criticare e vagliare le tesi dei colleghi da mattina a sera, e dunque che il prof. Trabattoni abbia la tesi x, e io la citi, non significa alcunché se mi fanno un'obiezione di merito a questa tesi. Presso i TdG invece, proprio perché essi non sanno il greco, non c'è mai questo secondo livello: loro sono il genere di persone che andrebbe semplicemente avanti a rispondere "il prof. Trabattoni dice così". Ma soprattutto, in quanto outsiders, non avrebbero la benché minima coscienza di che percentuale del mondo accademico quella tesi sia rappresentativa.
Eravamo partiti dagli errori macroscopici e frequenti nel greco che denotano l'assenza anche dei rudimenti della lingua, e dunque dell'impossibilità di accedere alle fonti, e al metodo che con l'assidua frequentazione delle fonti si apprende. Il passo seguente è rendersi conto che la stravaganza delle tesi di questo testo è solo la conseguenza delle premesse.

Non è un caso cioè che, come notai recensendo il capitolo sulla crocifissione, l'enormità della tesi suggerita è direttamente proporzionale all'enormità dell'ignoranza dell'autore, il quale ha la pia illusione d'essersi impadronito d'un argomento lessicologico all'interno di una lingua che ignora del tutto.
A motivo di ciò i 70 e più errori nel greco di questo libro devono essere fatti notare, perché sono sono una cartina al tornasole precisa, sono segni predittivi di un teorema che trova puntuale conferma: abbiamo a che fare con gente che pretende di costruire le case partendo dal tetto, cioè di discutere senza avere delle basi seppur minime (quelle che permettono di distinguere un aumento o addirittura delle consonanti). A motivo di ciò, c'era forse da stupirsi che, proprio perché gravati da tali lacune, siffatti autori potessero arrivare a sostenere tesi simili? No, era solo la logica conseguenza.

Ad maiora
view post Posted: 28/2/2014, 10:41     Sui limiti dell’apprendimento dell’ebraico moderno in vista di quello biblico. - Antico Testamento e Semitistica
CITAZIONE
Io mi trovo sostanzialmente d’accordo con Polymetis. Ciò premesso, sono dell’avviso che il soggiorno per un periodo di tempo abbastanza lungo in Israele possa agevolare, nonché avvantaggiare lo studente di ebraico, quanto lo studente di scienze bibliche.

Sono d'accordo. In particolare l'esercizio che l'ebraico moderno, scritto senza vocali, permette di fare, è di grande aiuto per la lettura. L'avevo constatato io stesso quando frequentai per un anno il lettorato di ebraico moderno a Ca' Foscari.

CITAZIONE
La permanenza a lungo di termine in Israele contribuisce alla maturazione di una prospettiva a 360° delle materie che si vuole padroneggiare. I benefici si intendono estesi ad altri aspetti al di fuori della lingua: geografici, archeologici, storici, ambientali, etc.

Non a caso il Pontificio Istituto Biblico consiglia grandemente ai suoi iscritti di passare un semestre all'Università Ebraica di Gerusalemme, alla Scuola Biblica dei domenicani, o allo Studio Biblico dei francescani.


CITAZIONE
Non so se sia opportuno proseguire, ho l’impressione che questo topic possa incendiarsi da un momento all’altro.

Questa discussione, non so se l'avevi notato, è stata da me aperta nel febbario 2012, e mi sono limitato ad aggiungervi una citazione. Se finora non s'è incendiata, dubito che ciò accadrà.

CITAZIONE
Forse sarebbe più conveniente esportare questi contenuti in un documento formale, magari un e-book scritto a due mani. Cosa ne pensi Polymetis?

Che cosa intendi esattamente? Non credo che il materiale sia sufficiente per trarvi un e-book, che dovrebbe avere decidamente più argomentazioni. Siccome non so se ho capito bene che cosa proponi, vorrei ulteriori informazioni.

Ad maiora
view post Posted: 22/2/2014, 13:25     Sui limiti dell’apprendimento dell’ebraico moderno in vista di quello biblico. - Antico Testamento e Semitistica
Stavo leggendo un pamphlet di Shlomo Sand, storico israeliano professore a Tel Aviv e a Parigi, e vi ho trovato questa disincantata pagina sulle discontinuità e le differenze tra l'ebraico antico e l'israeliano parlato oggi. M'è tornata in mente questa discussione, e dunque ve ne rendo partecipi:

"Si calcola che prima della Seconda guerra mondiale oltre dieci milioni di persone parlassero uno dei dialetti yiddish. In questo primo scorcio di ven-tunesimo secolo si sono ridotti a qualche centinaio di migliaia, quasi tutti charedim («Timorati di Dio», cioè ortodossi di stretta osservanza). Si può insomma parlare della scomparsa di un’intera cultura popolare. La cultura yiddish è stata annientata, ed è una pia illusione pensare di poterla richiamare in vita, perché è impossibile resuscitare una lingua e una cultura. Il sionismo si è illuso di aver riportato in auge l’ebraico antico e la cultura del «popolo della Bibbia», ma si è trattato più che altro di una mitica ricerca di radici nazionali e di una leggenda inculcata a generazioni di israeliani e sionisti in tutto il mondo.
Molti dei primi teorici dell’idea sionista erano uomini di cultura tedesca, ma la colonizzazione della Palestina è avvenuta soprattutto per mano di pionieri di cultura yiddish giunti dall’Europa dell’Est: la loro lingua madre era il «dialetto marginale» tanto vilipeso dagli israeliti tedeschi, ebrei askenaziti. I coloni che parlavano yiddish non tardarono a mettere da parte la loro tanto disprezzata lingua madre. Innanzitutto occorreva una lingua comune, capace di federare gli ebrei di tutto il mondo, e si dà il caso che né Theodor Herzl né Edmond de Rothschild parlassero una parola di yiddish. In secondo luogo, i primi sionisti aspiravano a forgiare un ebreo di tipo nuovo, totalmente emancipato dall’universo popolare della cultura dei loro genitori e dei loro avi, e quindi immemore dei miserabili villaggi in cui quegli antenati erano vissuti.
Sulla base dei pionieristici esperimenti di alcuni eruditi russi che avevano cercato di modernizzare il testo della Bibbia e delle preghiere, alcuni linguisti di area sionista tentarono di dare vita a una nuova lingua. Il nucleo principale del suo lessico era desunto dai libri della Bibbia, ma si scriveva con caratteri aramaici e assiri (cioè ispirati alla tradizione della Mishnah) di origine non ebraica. La sintassi era fortemente influenzata dallo yiddish e dalle lingue slave e aveva poco a che spartire con la grammatica dell’ebraico biblico. Questa lingua è oggi impropriamente detta «ebraico» (in mancanza di una terminologia migliore dovrò chiamarla così anch’io), ma secondo alcuni linguisti controcorrente, sarebbe più corretto parlare di «israeliano».
La nuova lingua ha preso piede molto prima della fondazione ufficiale dello Stato di Israele, tanto da affermarsi nel giro di breve tempo come la lingua d’uso quotidiano della comunità sionista trapiantata in Palestina. I figli dei pionieri, da cui sarebbe emersa l’élite culturale, militare e politica di Israele nei suoi primi anni di esistenza come stato, crebbero parlando e scrivendo in quella lingua. " (Slomo Sand, Come ho smesso di essere ebreo, Milano, 2013, Rizzoli, pp. 66-67)
view post Posted: 7/6/2013, 16:44     traduzione frase - Filologia, Linguistica & Paleografia dei testi cristiani
Purtroppo aramaico antico è una definizione troppo generica, perché nell'antichità ci sono stati diversi dialetti aramaici..
Perché non leggi questo comodo riassunto di wikipedia sulla lingua aramaica che ti spiega quante e quali siano le varianti dell'aramaico:

http://it.wikipedia.org/wiki/Lingua_aramaica

Il mio avatar è il titolo di un libro contemporaneo scritto in ebraico moderno.
view post Posted: 5/6/2013, 17:20     traduzione frase - Filologia, Linguistica & Paleografia dei testi cristiani
Il termine "aramaico" è un nome generico che raggruppa una quantità di dialetti sviluppatisi nell'arco di millenni. La domanda dunque che ti farebbe un aramaista cui tu chiedessi di tradurti questa frase in aramaico sarebbe: quale aramaico?

Ad maiora
view post Posted: 14/4/2013, 17:33     Le motivazioni della condanna a morte di Gesù - Gesù storico, giudeo-cristianesimo, giudaismo del secondo Tempio
Ognuna delle obiezioni che poni, o forse sarebbe meglio dire ognuna delle ipotesi ad hoc che fai, può essere vista in altra maniera, e su ogni diramazione del discorso ci sono tonnellate di bibliografia.
Perché se bestemmiava solo l'hanno consegnato a Pilato? Beh, certe bestemmie, almeno nella lettura di alcuni suoi ascoltatori, avevano implicazioni politiche: se poi tali implicazioni politiche fossero o meno un fraintendimento di quello che Gesù voleva dire, è un altro discorso. Ma se anche non avesse mai fatto promesse suscettibili di essere interpretate politicamente, ci sono vari motivi per cui è comunque plausibile che se ne occupasse Pilato, al quale fu fatto insistentemente credere che di politica si trattava, e per la precisione di lesa maestà. Perché dunque lo consegnano a Pilato, e non lo lapidano come STefano?
Ad esempio perché a)Loro stessi dicono che non è in loro potere mettere a morte nessuno. O forse b) Gesù era un personaggio molto noto, e dunque preferiscono che sia qualcun altro a toglierglielo dai piedi.
Se la prossima obiezione è: qualora non potevano mettere a morte nessuno, come mai lapidano Stefano? Allora la risposta può essere: a)Che quella in effetti quella di Stefano fu un'esecuzione illegale, resa possibile dal fatto che 1)Stefano non aveva tanta folla come Gesù attorno, e dunque non c'era il rischio di scontrarsi coi suoi sostenitori. 2) Non era Pasqua, con la città strapiena, e dunque, mentre un'iniziativa illegale presa dai sinedriti durante la Pasqua contro Gesù avrebbe potuto scatenare loro una rivolta in faccia da parte dei seguaci del nazareno, visto il clima della città in quei giorni, al contrario in un altro contesto, contro altri personaggi meno famosi ed in un clima meno teso, era possibile farsi giustizia da soli, benché illegalmente, come contro Stefano. La lapidazione può essere un moto spontaneo, non programmato, che nasce dall'indignazione del momento allorché senti delle bestemmie. Anche negli Stati moderni, dove la pena di morte era riservata allo Stato, abbiamo esempi di gente che viene uccisa da forcaioli inferociti.
Lapidazioni spontanee, come quelle che, secondo Giovanni, subisce Gesù stesso in alcune occasioni della predicazione, dove la folla lo vuole lapidare (Gv 8). A Pasqua invece era già un personaggio noto, si era a Gerusalemme, e non lo si poteva eliminare in maniera avventata, vista la sua oceanica sequela, bensì facendo passare la cosa sotto la conduzione romana, in modo che la gente fosse tenuta a freno. Il fatto che lo arrestino di notte rientra nel medesimo schema: impedire alla folla che lo aveva accolto a Gerusalemme di fargli scudo.
Quanto al perché manchino capitoli in Tacito: perché banalmente, in molte opere antiche, mancano dei capitoli, e Tacito non è né il primo né l'ultimo storico in cui questo accade. Anzi, è piuttosto la norma che un testo ci giunga solo parzialmente, che non il contrario.
view post Posted: 9/3/2013, 10:41     Le motivazioni della condanna a morte di Gesù - Gesù storico, giudeo-cristianesimo, giudaismo del secondo Tempio
L’aria che ho sempre respirato dai Vangeli è la seguente: i capi dei giudei cercarono di presentare a Pilato la figura di Gesù con le uniche accuse che potessero interessare ad un procuratore romano, cioè accuse politiche di sommossa. Ovviamente, ciò non implica che Gesù fosse davvero colpevole di quelle accuse, né che i capi dei giudei stessi vi credessero, né che vi abbia creduto Pilato. I capi dei sinedrio tentano evidentemente di gabellare le pretese messianiche di Gesù come fossero pretese politiche, e i Vangeli sono altrettanto concordi nel dire che Pilato non credette a questa messinscena, cercando anzi di liberare Gesù.
La vera domanda è dunque semmai perché Pilato, pur non credendo alle accuse politiche, ad un certo punto ceda ad esse, e dia disposizione di far crocifiggere Gesù. Molti hanno sostenuto infatti che Pilato era un governante sadico e sprezzante verso i giudei, che dunque non aveva nessun obbligo di compiacerli.
La soluzione forse va cercata nel fatto che

a) era un momento troppo particolare per solleticare l’ira dei giudei ancora una volta, Gerusalemme era infatti piena per la festa di Pasqua, ed era meglio non dare alcun pretesto per rivolte in quell’atmosfera gravida di possibilità inespresse.

b)Pilato aveva già una situazione compromessa a Roma, a causa di lagnanze sul suo conto che erano state fatte pervenire alla capitale a proposito dei suoi metodi di governo troppo efferati che rischiavano di esasperare i sudditi, sicché Pilato, pur essendo stato sadico in passato verso i giudei, voleva evitare che essi avessero il pretesto per lagnarsi ancora una volta presso la corte imperiale dell’operato del prefetto di Giudea.

c)L’accusa che i capi dei giudei portavano verso Gesù, non era il tipo di accusa verso la quale, se i giudei avessero protestato a Roma, l’imperatore avrebbe potuto capire le motivazioni del diniego di Pilato alla pena capitale. Se i giudei fossero andati a Roma a lamentarsi che Pilato li opprimeva troppo con le tasse, possiamo immaginare che la corte imperiale, nel sentire i lamenti dei giudei, ghignasse sotto i baffi dicendo tra sé e sé: “Bravo Pilato! Spremili filo all’ultimo soldo!”. Al contrario, viene da chiedersi come Tiberio avrebbe recepito la segnalazione che Pilato non sopprimeva gente accusata di lesa maestà. Si sarebbe giustamente chiesto: “ma perché il mio governatore non reprime dei ribelli che vogliono attentare al mio potere?”. Sicché, quando i capi dei giudei ricordarono a Pilato che se non avesse crocifisso Gesù, avrebbe dimostrato di non essere amico di Cesare, fecero leva sulla sua più grande paura, e ottennero la condanna di Gesù, sulla base di accuse di matrice religiosa fatte passare però per accuse politiche, alle quali né Pilato né i sinedriti forse hanno mai creduto.

Comunque sia, che sia stata proprio l’accusa di lesa maestà a far suscitare in Pilato la decisione di far uccidere Gesù, me l’ha detto un testimone oculare infallibile, che apparve a Mosca agli stagni Patriaršie.
view post Posted: 15/2/2013, 21:16     B. Ehrman, "How Jesus Became God" - Recensioni, News, Links e Bibliografie
L'unica cosa che vorrei approfondire è perché ci dovrebbe importare così tanto del parere di "Ermanno", rilanciando in tutta la rete ogni suo vagito, anche a proposito di campi in cui non è uno specialista, ed esiste una settorializzazione pazzesca negli studi. La risonanza che hanno i suoi pareri è del tutto sproporzionata rispetto alla sua qualità di studioso. Non mi risulta che B. Metzger avesse un decimo dell'audience mediatico dell'amico Bart.
view post Posted: 14/2/2013, 15:41     Sostanza e accidenti - Teologia e Filosofia
Il termine non c'entra nulla cogli accidenti aristotelici, né è mai usato da Aristotele in questo senso. "Accidentelmente" in greco si dice συμβεβηκότως, e concettualmente c'entra poco con χρεία. Il termine χρεία infatti significa "uso/vantaggio", oppure "bisogno/mancanza", ma questo non ha nulla a che fare con l'accidente. L'accidente non è ciò che manca, ma ciò che c'è, e tuttavia potrebbe non esserci, senza che per questo una cosa cessi di essere quello che è.
view post Posted: 10/2/2013, 10:28     malakoi e arsenokoitai - Filologia, Linguistica & Paleografia dei testi cristiani
Stavo per scrivere la stessa cosa di Teo. Il compito dell'esegeta si ferma al cercare di stabilire a che cosa Paolo si riferisse. Le valutazione sull'omosessualità sulla base delle conoscenze moderne, non riguardano questo forum.

Ad maiora
view post Posted: 9/2/2013, 11:59     malakoi e arsenokoitai - Filologia, Linguistica & Paleografia dei testi cristiani
Per come interpreto io la questione, arsenokoites indica l'atto in cui l'uomo è attivo nel rapporto anale, mentre malakos, che indica la mollezza e l'effeminatezza, indica chi è passivo nel rapporto omoerotico.
Se accettiamo la teoria di Foucault secondo cui nel mondo antico non esisteva l'idea dell'omosessualità come inclinazione psichica, ma solo la consapevolezza degli atti omoerotici, allora nessuno di questi passi parla di omosessuali nel senso moderno del termine.
"Omosessuale" infatti è una parola che ha connotazioni assai moderne, figlia della psichiatria ottocentesca, e che presume un determinato retroterra culturale che consenta a questa idea di aver sesso, cioè che esista qualcosa come la psiche di un'individuo, e che esista all'interno di questa psiche quello che noi chiamiamo un "orientamento sessuale" stabile, cioè la "sessualità" di un'individuo intesa non solo come insieme dei comportamenti di una persona, bensì l'insieme dei suoi comportamenti come derivanti da un'orientamento sessuale. Sono categorie che derivano dalla psichiatria, come è facile vedere.
Per questo molti esegeti argomentano che Paolo non sapesse affatto cos'era un omosessuale, bensì che credesse che chi si dà ad atti omoerotici fosse una persona normalmente attratta dalle donne, ma che per vizio e smania di trascendere dei limiti si dava a rapporti con lo stesso sesso, all'interno di un gioco di frenesia pagana. Paolo cioè non solo non sapeva cosa fosse un omosessuale, ma neppure aveva davanti agli occhi la configurazione moderna delle "coppie gay" stabili intente a formare la famiglia, l'unica cosa che percepiva nella sua epoca, perché era l'unica cosa che esistesse, era l'atto omoerotico vissuto in un contesto extra-coniugale, e per giunta esso era concepito come fanno da gente normalmente attratta dalle donne ma che per vizio si dava ad altro.
In conclusione, ciò non implica che non esistessero quelli che noi oggi chiamiamo omosessuali, ma semplicemente non venivano avvertiti come tali, e dunque il brano parla d'altro. Se dobbiamo capire cosa Paolo condanna, bisogna capire che cosa Paolo percepisca, e se percepisce quello che ho ricostruito, il brano non riguarda il problema moderno dell'omosessualità o della coppie gay.
view post Posted: 31/1/2013, 17:30     Isaia 40:22 - Antico Testamento e Semitistica
Andrea Nicolotti scrisse questi pochi appunti qualche anno fa sulla questione da te sollevata:

www.infotdgeova.it/scienza/circolo.php
view post Posted: 14/12/2012, 16:26     Culto al tempo di Re Davide... - Archeologia Cristiana
CITAZIONE
Inoltre la nuova ristampa di quest'anno "Oltre la Bibbia" di Liverani ha 16 pagine in più della versione di tre anni fa, anche se non l'ho ancora presa in visione per sapere quali ampliamenti e modifiche al testo si sono fatti.


www.ibs.it/code/9788842098416/liver...bia-storia.html

Un bellissimo libro. La recensione data da ibs purtroppo è costruita per vendere libri, cioè sfruttando il filone di una contrapposizione col sacro. Ma possibile che non si possa dire che forse Davide, Mosè &Co. sono non-storici al pari di Odisseo ed Achille senza bisogno di ricordare ogni volta che ci si contrappone a dei fondamentalisti che dicono il contrario?
La ricerca non dovrebbe infischiarsene di queste polemiche religiose?
916 replies since 23/5/2007