Studi sul Cristianesimo Primitivo

Dialogo con il dott. G. Tranfo, Giancarlo Tranfo ospite del forum

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Hard-Rain
view post Posted on 5/12/2007, 19:39 by: Hard-Rain     +1   -1




CITAZIONE
Egr. Hard Rain, la mia stima nei suoi confronti (in termini di preparazione) è così elevata che (come credo di averle già anticipato) ho citato (caso unico) un suo studio nella blbiografia del mio libro come se fosse una pubblicazione cartacea e non web.

La ringrazio per aver tenuto conto dei miei lavori. Anche David Donnini – come mi disse un suo consulente editoriale – ha citato il mio sito tra i riferimenti bibliografici di una sua pubblicazione. Strano destino il mio: spesso mi si etichetta come cattolico integralista, non conoscendomi bene, poi sono di ausilio a Donnini, Tranfo e, nel forum cattolico romano, qualcuno mi ha etichettato come “eretico”. Mi dispiace anche di averle risposto in un modo a mio avviso un po’ troppo pungente, rileggendo a freddo il mio discorso. Spero che la sua stima nei miei confronti non sia dovuta soltanto alla mia “preparazione” o quantomeno spero che, a fronte di una miglior conoscenza reciproca, lei mi possa stimare anche per altro.

CITAZIONE
In questa sede posso fare poco di più e lo faccio con semplice considerazione dattata da buonsenso: come mai in P52 appaiono Gv. 18:31-33; 37 (mi sembra...) mentre solo in P90 (che è successivo) appare anche Gv. 18:36?

Il lato “recto” di P52 attesta Gv. 18:31-33. Il lato “verso” attesta Gv. 18:37-38, partendo dalla metà, grosso modo, del verso 37. Il frammento non è una pagina completa del codice originario, soltanto una piccola porzione. Il verso 18:36 non è leggibile semplicemente perché non si è conservato, non perché il papiro lo ometta di proposito. La ricostruzione si trova nel mio articolo:

https://digilander.libero.it/Hard_Rain/Iden...20_Rylands_.pdf

e in altri documenti simili (veda l’ottima pagina web di Francis). Per quel che so io, nessun manoscritto giovanneo omette il verso 18:36, come si evince da NA27 o da altro manuale di critica testuale neotestamentaria. Lei da dove evince questa omissione?

CITAZIONE
Non è forse questo un indizio riguardo alla tardiva "celestizzazione" (neologismo) di quel messia che in P52 è ancora semplicemente un imputato di lesa maestà per essersi proclamato re dei giudei? Vogliamo per forza pensare che sia un caso?

Se vogliamo parlare di celestizzazione, dovremmo considerare un aspetto legato proprio al P52. Nella porzione di testo conservata purtroppo non ricorre la parola greca per Gesù, nel senso che non si è conservata. Essa sarebbe dovuta comparire alle ll. 2 e 5 della porzione “recto”, l’ipotesi che Gesù potesse essere scritto con la nomina sacra consentirebbe di armonizzare meglio il numero di lettere di queste linee, una volta ricostruite. Osservo, comunque, che è estremamente difficile verificare questa ipotesi. L.W. Hurtado, in P52 (P.Ryl.Gk. 457) and the Nomina Sacra: Method and Probability, Tyndale Bulletin, 54.1, 2003 conclude: “Empirically speaking, of course, it remains univerified whether P52 exhibited nomina sacra. P52 cannot count against the widely-endorsed judgment that the practice began early and spread quickly; and it cannot count as evidence in support of this judgment. But if we wish to use all the relevant evidence to establish a probability for P52, it is a safer bet that the scribe of this manuscript did write Ihsouj as a nomen sacrum”. Hurtado scrisse questo articolo in risposta a Tuckett il quale nel 2001 aveva avanzato l’ipotesi contraria e cioè che P52 non contesse nomina sacra. Alla tesi di Tuckett si oppose anche C.E. Hill in un articolo su NTS pubblicato nel 2002. La nomina sacra è un indicatore cristologico di una certa importanza: l’abbreviazione sacra è riservata alle divinità, ai personaggi ai quali ci si rifersice con somma deferenza nei testi cristiani ed ebraici. Proprio la questione della nomina sacra è una discriminante per la datazione dei papiri cristiani: si sospetta, come pare ritenere anche lei, che i papiri più antichi, scritti vicino agli eventi, non potessero contenerla per il fatto che Gesù, per così dire, non era ancora stato divinizzato dalla teologia successiva. In P52 è dubbia, nel papiro di Egerton II (fine II sec. d.C.) è invece leggibile con certezza.

CITAZIONE
Lei mi parla del frammento di Magdalen ma ne conosce bene la storia che finge di dimenticare (anche perchè non ci giurerei ma mi sembra che ne ha parlato nel suo scritto): datato nel 1901 al III- IV secolo dal papirologo A.S. Hunt, successivamente, nel 1953, al II secolo da C. H. Roberts e infine da C. P. Thiede, nel 1995, addirittura al I secolo. Queste "certezze" le sembrano prove da far valere a suo favore?
Insomma Hard Rain, io credo che studiosi preparati come lei debbano essere meno "tifosi" di una certa parte (lei mi dirà che io lo sono dell'altra, ma posso assicurarle che non è così).

Conosco bene le vicende del P64. Un sunto lo trova nel mio sito alla pagina web:

https://digilander.libero.it/Hard_Rain/Iden...0_Magdalen_.pdf

La tendenza a ridatare indietro nel tempo i reperti papiracei, come sa chi studia papirologia o ha letto qualche libro sull’argomento, è costante dalla fine del XIX secolo a oggi. Coinvolge non soltanto P64 o altri papiri (Young Kyu Kim ha proposto di retrodatare alla fine del I secolo il papiro delle epistole paoline P46, anche se, come fece notare Francis, la sua ipotesi non è semplice da dimostrare). Il fatto è che col progredire degli scavi archeologici, soprattutto ad Oxyrhynchus, sono venuti fuori moltissimi frammenti nel corso degli anni. Non tutti sono datati su base paleografica, come lei sa. Molti frammenti di lettere private, registrazioni contabili, contratti, ecc…, opere anche di rilievo, recano le date in cui furono scritti. Questo consente ai papirologi di verificare sempre nel corso del tempo la validità delle attribuzioni. In alcuni casi è poi applicabile la tecnica del radiocarbonio, la quale, comunque, consente un margine di precisione per noi ancora insoddisfacente (non è meglio, alla fin fine, di quella paleografica). Le datazioni non sono sparate a casaccio: ci sono lavori scientifici alle spalle, nel caso del P64 il prof. Thiede studiò attentamente gli originali del P64 al microscopio, con questo io non condivido totalmente i suoi risultati però mi premeva sottolineare che hanno anche solide motivazioni dalla loro parte. La disciplina papirologica è in continua evoluzione. Spesso l'enfasi è posta sul fatto che i documenti dei cristiani, a partire da quelli più antichi, ci sono pervenuti soltanto su codice: è soltanto del 2005 la straordinaria notizia della pubblicazione di diversi frammenti del Pastore di Erma su rotolo, per opera di Nikolaos Gonis, qualcosa è stato riportato anche nel mio sito nella sezione apocrifi.

CITAZIONE
Considerando lo straordinario rumore provocato
1) da un Dio incarnato che fa prodigi straordinari strabiliando le folle, muore facendo tremare la terra e resuscitare i morti, resuscita egli stesso ed appare pubblicamente prima di volare in cielo;
2) dalla evangelizzazione a macchia d'olio per opera di Paolo di Tarso;
3) dal fiorire delle chiese cristiane e dal moltiplicarsi delle persecuzioni (già dopo l'incendio neroniano abbiamo cristiani arsi come torce...)

... considerando tutte queste e molte altre cose (che non posso menzionare per brevità) posso dirle che nel II secolo (ma già nel primo) mi aspetto di incontrare una valanga di reperti e che resto stupito nell'imbattermi in 3 o 4 "francobolli" per la datazione dei quali non si può nemmeno essere così certi.

Non credo proprio che la problematica sia inquadrabile in modo esclusivo da questa prospettiva. Penso che il libro di John P. Meier ben sintetizzi la questione: “Un ebreo marginale”. Gesù fu il profeta di una piccola setta eretica nel contesto ebraico. Il suo stesso ministero durò pochi anni, uno, due forse al massimo tre. I cristiani furono ostacolati sia dagli ebrei che dai Romani e vissero in clandestinità per molto tempo. In aggiunta a questo vorrei chiederle se è a conoscenza di quanti “francobolli” esistono per altre opere dell’antichità, con date di stesura stimate così prossime agli originali. Il problema che si cerca a volte di eludere, è il confronto con le altre opere dell’antichità. Onestamente, il Nuovo Testamento greco è l’opera dell’antichità non solo avente il maggior numero di reperti manoscritti in assoluto, ma con quelli più antichi più vicini alle date di presunta o stimata composizione degli originali. Per i papiri del III secolo, che per fortuna hanno stralci più abbondanti, lei sa che contengono diverse correzioni dovute alle disattenzioni degli scribi che copiavano da un altro manoscritto più antico. Questi errori testimoniano il fatto che esistevano copie più antiche dalle quali copiare. Anche per il P52, penso che io e lei non dobbiamo ridurci a credere che quella sia una piccola porzione della prima copia in assoluto del vangelo di Giovanni o di una delle sue prime recensioni, no? Avremmo avuto una bella fortuna a trovare la prima copia, firmata dal pugno dell’autore della prima recensione del vangelo greco di Giovanni. Del resto sebbene quel frammento sia così piccolo, conta alcuni itacismi, errori ortografici tipici che si producevano quando un testo veniva trascritto sotto dettatura. Questo scenario lascia intuire una copiatura di P52 da un'altra fonte. Se, dunque, come è probabile secondo logica, siamo davanti a una copia, dobbiamo postulare l’esistenza di copie ancora più antiche del P52. P52, poi, appartiene al vangelo di Giovanni, considerato il più recente dei vangeli canonici: i sinottici sono considerati ben più antichi del vangelo attribuito a Giovanni. In aggiunta a questo, vorrei anche dirle che le mie analisi riguardano prettamente testi letterari, condotte secondo criteri che distinguo da quelli della fede. Uno che studia la letteratura cristiana, deve operare innanzitutto in modo asettico e imparziale: il fatto che i vangeli, anche quelli canonici, riferiscano di miracoli, grandi folle, eventi straordinari, ciò non significa che sia vero in senso assoluto. Anche l'Iliade e l'Odissea riferiscono a volte eventi incredibili, non vedo come questo debba influenzare il numero di frammenti che poi sono stati ritrovati. Io non ho mai escluso da nessuna parte la possibilità che l'elemento mitologico si sia sovrapposto a vicende reali. Che i miracoli invece che da folle oceaniche siano stati visti solo da pochi adepti in condizioni particolari. Ho soltanto rimarcato, e lo ribadisco, che per l'opera letteraria chiamata Nuovo Testamento greco, oggettivamente, siamo nella situazione testuale migliore che si possa immaginare, se la rapportiamo alle altre opere dell'antichità. Questo giudizio non è connesso alla valutazione di attendibilità di quanto raccontato dai testi. Lei mi dice che la trasmissione dei testi cristiani è viziata dal fatto che questi testi sono stati trasmessi e copiati dai cristiani. Ebbene, questo che significa? I testi della Bibbia ebraica chi li ha trasmessi per secoli? La guerra giudaica brillantemente vinta dai Romani da chi ci è stata trasmessa? Da un giudeo filoromano. Il De Bello Gallico, che celebra le vittorie di Cesare in Gallia, da chi è stato composto? Da Cesare in persona.

CITAZIONE
Su base filologica? Le sembra sufficiente? Si rende conto che per la datazione ufficiale dei canoni non resta altro che affidarsi agli scritti di quei "Padri della Chiesa" che, diciamolo chiaramente, non erano poi stinchi di santo?

Lei non sa quante deduzioni si possono fare su base filologica. Da quello che scrivevano i padri della Chiesa, in particolare i padri apostolici, si deduce una montagna di informazioni. Quali erano i testi che preferivano, cosa scrivevano, se al loro tempo esistevano i canonici, se li consideravano, appunto, canonici. Io ho condotto uno studio della letteratura del periodo apostolico, se vuole la può consultare nel mio sito. E’ sorprendente constatare come la letteratura del periodo apostolico non utilizzi mai il vangelo di Giovanni, proprio quel testo che abbiamo detto avere probabilmente il reperto più antico oggi conosciuto. Invece vi sono allusioni, alcune molto fedeli, al testo dei vangeli sinottici.

CITAZIONE
Si rende conto che il reperto più antico che ha a disposizione non è anteriore al 125 (se ha ragione lei) o al 150 (se ce l'ho io)?

Io vorrei chiederle qual è il frammento più antico di Tacito, di Platone, di Senofonte, di Cicerone oppure di Omero o Virgilio. Forse dovrei sostanziare il discorso, che do per scontato, me ne rendo conto, con dati numerici: mi ha dato spunto per la stesura di un nuovo documento.

CITAZIONE
Ma come si fa a costruire certezze solo su base deduttiva e in assenza di evidenze documentali?

Lei rimarrebbe stupito se, come me, leggesse Papiri e Storia Antica di Roger S. Bagnall, edito in traduzione italiana dalla editrice Bardi. Anche io sono rimasto colpito da quel testo, peraltro di non facilissima lettura. Il libro di Bagnall, che non ha nulla a che vedere con la questione religiosa, parla appunto del complesso compenetrarsi della papirologia con le discipline affini, come la storia antica e la filologia classica, dei difficili rapporti tra storici e papirologici, i primi sempre sospettosi dei risultati dei secondi. La storia e la storiografia sono discipline dal generale al particolare, la papirologia, per sua natura, opera all’opposto, dal particolare tenta sempre di fare deduzioni generali. Vita e società dell’antico Egitto sono stati ricostruite da frammenti di archivi di villaggi, da piccole liste di piccoli e sperduti villaggi egiziani attraverso la statistica e altre discipline matematiche si è risaliti a trarre conclusioni che si presumono valide per intere città egiziane e/o per tutto l’Egitto. Ma gli archivi di tutti i villaggi di tutto l'Egitto o di tutto il mondo greco-romano dove sono? Non esistono che piccoli frammenti superstiti, oppure abbiamo vaghe testimonianze degli storici antichi sugli usi e costumi di quelle popolazioni. Eppure è sulla base di simili testimonianze che gli storici si sono fatti un'idea di com'era la vita nell'antico Egitto. Si tratta di metodologie che non nascono dal problema di trovare per forza una datazione “conveniente” ai testi cristiani, ma sono propri delle discipline papirologiche. Può darsi che il metodo papirologico non le piaccia, scriva un libro contro la papirologia e le sue metodologie, il cristianesimo c’entra però solo marginalmente. Diciamo che, in generale, vicende cristiane a parte, lei potrà psicologicamente essere un eccellente storico (conservatore), tuttavia mai un buon papirologo, i suoi sentimenti la portano da quella parte del mondo.

Con stima, Gianluigi Bastia.

Edited by Hard-Rain - 5/12/2007, 22:50
 
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