Dunque, siccome non avevo in casa una buona traduzione degli Annali di Tacito, questo pomeriggio mi sono recato anche in biblioteca dato che passavo proprio da quelle parti.
Il passo citato da Giancarlo è Annales, II, 85, 4 che legge:
CITAZIONE
Si discusse anche sull'opportunità di sopprimere i culti egiziani e giudaici e per decreto del senato quattromila liberti contaminati da quelle credenze superstiziose e in età di portare le armi furono trasferiti in Sardegna per reprimervi il brigantaggio. E si riteneva che, se vi fossero morti per l'insalubrità del clima, sarebbe stata una perdita di poco conto. Tutti gli altri seguaci di quei culti dovevano lasciare l'Italia a meno che, entro una data stabilita, avessero rinunciato ai loro riti profani.
All'inizio del verso 1, come giustamente fa notare Giancarlo, Tacito scrive: "In quel medesimo anno". E nei versi precedenti aveva finito di raccontare la morte di Giulio Cesare Germanico, d'ora in poi lo chiameremo semplicemente Germanico (attenzione a non confonderlo con il figlio di Livia Giulia e Druso II, che si chiamava anche lui Germanico ma morì nel 23 ed è un altro personaggio) che avvenne proprio nel 19 d.C., così come si evince anche dalla tavola cronologica che si trova nell'edizione degli Annales che ho consultato.
Il passo degli Annales è illuminante in quanto sembra fornirci la chiave di volta per quel discorso del tempio di Iside, l'episodio di Decio Mundo e Paolina nelle Antichità Giudaiche di Giuseppe Flavio e la loro pertinenza. L'episodio potrebbe essere riguardato come appunto quello che provocò la messa al bando dei culti egiziani (di cui parla Tacito). Giuseppe Flavio, purtroppo fa un gran mescolone e butta lì episodi senza un apparente nesso che li colleghi: non è la prima volta che succede.
Indubbiamente Tacito e Giuseppe Flavio qui non concordano sulla collocazione temporale. Anche interpretando in maniera estensiva il kronos di G.F., non penso si possa arrivare addirittura fino al 19 d.C., anni e anni prima della data teorica dell'inizio del mandato di Pilato. Se il fatto narrato da Tacito è lo stesso narrato da Giuseppe Flavio i due storici sono in evidente disaccordo. Così come sono in disaccordo i vangeli sinottici con Giuseppe Flavio riguardo la data della morte del Battista (oltre che le modalità della medesima).
Della morte di Germanico, parla effettivamente anche Giuseppe Flavio, in Ant. 18.54. L'episodio dell'espulsione con annessi racconti di Decio Mundo et. al. probabilmente lo si sarebbe dovuto collocare qui e toglierlo dal precedente. Facendo questa operazione, ecco che abbiamo ininterrotta tutta la successione di eventi riguardante il mandato di Pilato: episodio dei busti, episodio dell'acquedotto, testimonium flavianum (se c'era davvero) e, infine, episodio dei Samaritani con annessa fine della carriera di Pilato. Tuttavia contro questa teoria cozza il fatto che l'episodio di Decio Mundo e Paolina + espulsione dei Giudei è inziato con la frase "nello stesso tempo un altro fatto orribile" e questa proposizione si attacca bene all'episodio dell'acquedotto, bene secondo me anche al testimonium flavianum, ma anche alla morte dello stesso Germanico!
Ora, Germanico è morto nel 19 d.C. Ebbene, dopo aver accennato alla morte in Ant. 18.54, prima di Pilato, sapete dove Giuseppe Flavio ritrorna a parlare di Germanico? In Ant. 18.206-210 (sic!). Scrive Giuseppe:
CITAZIONE
Libro XVIII:206 Egli però non aveva figli legittimi, perché Druso, l'unico figlio, era già morto. Ma a Tiberio erano rimasti il figlio di Druso, soprannominato Gemello e Gaio, figlio di Germanico e nipote del fratello dell’imperatore. Gaio era allora giovane ma aveva ricevuto un'educazione completa e godeva della benevolenza del popolo grazie alle buone doti del padre Germanico.
Libro XVIII:207 Questi fu sommamente onorato da tutti come persona amabile per la compostezza dei suoi costumi e la cortesia del suo tratto e anche perché, pur nell'altissimo suo grado, voleva essere uguale a ogni altro.
Libro XVIII:208 Così avveniva che non solo dal senato e dal popolo, ma anche da tutte le nazioni soggette era tenuto in grande stima. Quanti avevano goduto della sua compagnia furono affascinati dalla affabilità del suo tratto, mentre gli altri erano conquistati da quanto riferivano coloro che l'avevano incontrato.
Libro XVIII:209 Fu quindi universale il dolore che si sentì all'annunzio della sua morte. E non era una finta adulazione, ma un rammarico reale, poiché ognuno faceva propria quella sventura e tutti ne consideravano la perdita come una personale disgrazia. Tanto era socialmente gradito l'incontro con lui.
Libro XVIII:210 Da questa popolarità suo figlio ereditò un grande vantaggio per tutti gli uomini. L'esercito ne era particolarmente entusiasta tanto che giudicava un onore dare la vita, se necessario, affinché diventasse imperatore.
Anche da qui si evince la gran confusione che fa Giuseppe Flavio, tesse qui le lodi di Germanico! Ma non poteva farlo al punto giusto, cioè subito dopo Ant. 18.54? Alla luce di questi versi non c'è dubbio, comunque, che la morte per avvelenamento di Germanico fu un fatto orribile e negativo per Giuseppe Flavio. Pare che sia stato Pisone ad avvelenare Germanico, il quale morì lentamente di una strana malattia. Giuseppe Flavio sposa la tesi dell'avvelenamento. Tacito racconta nei dettagli la storia, lo stesso Germanico era convinto di essere stato avvelenato da Pisone e Giuseppe, evidentemente, riprende questa tesi.
Comunque, in tema di sospetti e falsificazioni, sentite cosa dichiara Tacito, non mi sembra una cosa banale:
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"La storia, invece, di Tiberio, di Gaio, di Claudio e di Nerone fu falsificata per paura, finchè essi furono in auge, mentre, dopo la loro fine, fu composta sotto l'influenza di ancor freschi motivi di risentimento. Perciò mi sono proposto di narrare in sintesi solo gli ultimi momenti della vita di Augusto, per trattare poi il principato di Tiberio e le vicende successive con assoluta imparzialità, senza avversione nè simpatia, sentimenti per cui non nutro nel mio animo alcun motivo"
Giuseppe Flavio non fu testimone oculare di quegli eventi relativi alla morte di Tiberio, al periodo di Pilato, ecc... infatti nacque nel 37 d.C. (sempre se non ci sono errori anche su questo!). Da quali storici avrà attinto? Forse quelli che avevano falsificato per paura? O da quelli che avevano motivi di risentimento? Una cosa è certa: Tacito scrive gli Annales tra il 110 e il 115 (questa la datazione degli storici per i libri I-III). Antichità Giudaiche fu pubblicata verso il 93 d.C. quindi doveva essere nota a Tacito. Ora, sappiamo, dal momento che lo scrive lui stesso, che Tacito consultò (almeno) Guerre Germaniche di Plinio il vecchio, i Commentari di Agrippina minore, Cluvio Rufo, Fabio Rustico, Plinio il Vecchio (altre opere), Aufidio Basso, forse Servilio Noniano, gli Acta Senatus (citati una volta), gli Acta diurna (citati una volta) e varie fonti orali di cui parla egli stesso. Nessuna menzione di Giuseppe Flavio. Negli Annales in effetti parla poco di cose giudaiche, tuttavia non menziona questa incongruenza con Giuseppe Flavio. Eppure sempre negli Annales Tacito scrive:
"Ci proponiamo di attenerci all'opinione degli storici quando essi sono concordi, mentre, nel caso in cui le loro versioni divergano, le riferiremo citando i nomi dei singoli scrittori". Come mai non ha segnalato questa differenza con Giuseppe? Forse non considerava l'opera di Giuseppe degna di valore rispetto alle fonti romane? Però nelle Historiae mi sembra che ne tenga conto, quando parla della guerra giudaica. O forse perchè quando furono composti gli Annales l'espulsione dei giudei si trovava al posto giusto e non c'era alcuna anomalia da segnalare?
Fatte queste premesse, Giuseppe Flavio e Tacito sembrano parlare proprio dello stesso episodio di espulsione dei Giudei a Roma, che coinvolse anche la Sardegna. Tacito sembra collocarlo proprio nel 19, mentre Giuseppe Flavio, sebbene sia indubbiamente meno preciso, lo colloca al tempo di Pilato, che in teoria sarebbe stato in carica dal 26 al 36 dopo Cristo all'incirca una decina di anni. Sappiamo la fine del mandato di Pilato dallo stesso Giuseppe Flavio, praticamente quando fu destituito Tiberio era morto.
A questo punto, nella storia abbiamo notizia di altri decreti di espulsione e anche per questi ci sono contraddizioni.
Sarebbero avvenuti al tempo di Claudio. Ne parlano Svetonio, nella Vita di Claudio, in quel celebre passo che dice: "Espulse da Roma i Giudei che per istigazione di Cresto erano continua causa di disordine" e che alcuni interpretano come espulsione di cristiani ed altri no, dipende tutto da quel Chresto e da tante altre cose che ben sappiamo. Qui, in teoria, siamo negli anni '40. Anche gli Atti degli Apostoli, in 8:1-2, parlano di un ordine di Claudio che allontanava da Roma tutti i Giudei. Dione Cassio parla anch'egli di un provvedimento di Claudio contro i Giudei di Roma, però dice: "Egli (Claudio) non li scacciò ma ordinò loro di non tenere più riunioni, pur continuando nel loro tradizionale stile di vita", qui sembra essere un provvedimento diverso del quale però non parlano gli altri. Mi pare, se ho letto bene, che Giuseppe Flavio non accenni minimamente a questo ulteriore provvedimento (o provvedimenti, se quello di Dione è una cosa diversa), come mai? Quandi provvedimenti sono avvenuti? Esistette un solo provvedimento che i vari storici collocano a casaccio sotto Tiberio, Claudio, al tempo di Germanico o a quello di Pilato? Ne sono esistiti due, uno al tempo della morte di Germanico (Giuseppe si sarebbe sbagliato) e uno al tempo di Claudio (nell'ipotesi che Dione e Svetonio parlino della stessa cosa)? Si riesce a trovare la quadratura del cerchio senza supporre che almeno uno di questi storici sia in errore? O va postulato lo sbaglio di (almeno) uno di loro (o interpolazione, se del caso)? Ma il colmo dei colmi è che Dione Cassio parla di quei provvedimenti contro i Giudei a Roma (per Svetonio come ho detto bisogna prima mettersi d'accordo se parlava di cristiani o di ebrei), sembrerebbe dunque che Claudio sia stato ostile nei confronti dei giudei. Invece Giuseppe Flavio ci dipinge un'altro scenario, nella lite tra i Greci e i Giudei avvenuta ad Alessandria d'Egitto scrive che Claudio prese posizione a favore dei Giudei e promulgò un decreto nel quale era scritto: "Perciò è bene che i Giudei, in tutto il mondo a noi sottoposto, custodiscano gli usi dei loro padri, senza alcuna opposizione". Allora i casi sono due: o Svetonio intese parlare realmente di cristiani e Chresto non era un personaggio giudeo (sebbene li chiami però giudei) oppure Giuseppe Flavio ricorda male quegli eventi o non dice la verità fino in fondo e per qualche motivo voleva far passare Claudio come un sovrano favorevole ai giudei (del resto fu colui che nominò Agrippa, un re che Giuseppe considera molto favorevolmente). Francamente quando non ci sono due fonti che possano definirsi concordi, si fa fatica a stabilire cosa sia realmente successo (tanto per aggiungere confusione, tornando al tempo di Pilato, Giuseppe Flavio omette di citare un episodio, quello degli scudi votivi, di cui abbiamo notizia invece attraverso Filone di Alessandria).
Ad integrazione di quanto sopra, riporto il punto di vista di Giorgio Jossa, professore di storia della chiesa antica all'Università Federico II di Napoli. Parlando del provvedimento di espulsione dei giudei che si agitavano a causa di Chresto, di cui abbiamo attestazione nel noto passo di Svetonio, scrive Jossa:
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Che l'episodio sia da assegnare, come, sulla base di una asserita testimoninaza di Giuseppe, vuole Orosio, al 49, e che sia quindi da distinguere dal provvedimento preso da Claudio nel 41 nei confronti dei Giudei, non vi è motivo di dubitare.
(da: G. Jossa, I Cristiani e l'impero romano, Carocci, Roma, ediz. 2006, pag. 35)
Jossa, quindi, ritiene che sotto Claudio vi furono due decreti distinti, quello del 41 menzionato da Dione Cassio secondo cui fu impedito ai Giudei di riunirsi, quello del 49 che secondo Jossa riguarderebbe i Cristiani. Giuseppe Flavio non menziona nè l'uno nè l'altro, così come anche Tacito è silente. L'Orosio citato da Jossa è Paulus Orosius, apologeta e storico cristiano del IV secolo, il quale in Hist. Adv. Pag., VII,6,15-16 scrive, citando anche il nome di Giuseppe (Flavio):
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"Anno eiusdem nono expulsos per Claudium Urbe Iudaeos Iosephus refert; sed me magis Svetonius movet qui ait hoc modo: “Claudius Iudaeos inpulsore Christo adsidue tumultuantes Roma expulit”.
Ma in Giuseppe oggi non abbiamo traccia di altro che quel passo del tempo di Tiberio, riguardante l'espulsione dei Giudei in Sardegna e il confino di quattromila in Sardegna. Qui si aprono le scommesse: Paolo Orosio leggeva un testo di Giuseppe diverso dall'attuale oppure in buona o cattiva fede ha parlato di un passo di Giuseppe che non è mai esistito? (Io voto per la seconda ipotesi).
CITAZIONE
Hard Rain, sai dirmi chi è Lucio Troiani? Mai sentito nominare.
Francis, questo Lucio Troiani è professore ordinario di storia romana all'Università di Pavia, pare sia anche un collaboratore del sito
www.christianisumus.it di A. Nicolotti, ecco il link:
http://www.christianismus.it/modules.php?n...=article&sid=68Proprio in quel sito compare la sua strana analisi sul lessico nel testimonium, intitolata "Ancora sul cosiddetto Testimonium Flavianum", a me sembra abbastanza ardita:
http://www.christianismus.it/modules.php?n...=article&sid=96In vari punti tiene conto di possibili significati delle parole che effettivamente hanno attinenza nella lingua greca però non sono sempre l'uso normale e inoltre Giuseppe Flavio non le utilizza altrove in quel modo. Infatti bisogna tenere conto del modo di scrivere e di esprimersi di Giuseppe Flavio, non della lingua greca in senso astratto.
Edited by Hard-Rain - 29/12/2007, 22:21