Tra i vari pareri abbiamo dunque A.H. Criddle,
On the Mar Saba Letter Attributed to Clement of Alexandria, Journal of Early Christian Studies, vol. 3, 1995, pp. 215-220. Secondo questo autore la lettera sarebbe troppo clementina per essere stata scritta da Clemente di Alessandria, per così dire.
Un altro che si è occupato della lettera è Charles Murgia,
Secret Mark: Real or Fake?, in Reginald Fuller (ed.),
Longer Mark: Forgery, Interpolation, or Old Tradition?, Center for Hermeneutical Studies, Berkeley, 1976, pp. 35-40. Murgia nota come la lettera sia priva di errori tecnici di copiatura significativi e questo è piuttosto singolare per un documento copiato attraverso i secoli il cui originale fu composto all'inizio del III secolo da Clemente di Alessandria.
Nel libro di Ehrman ho poi trovato scritto che Morton Smith non era un esperto nel campo della paleografia (questo, almeno, è quel che scrive Ehrman) ma aveva solo una vaga idea della datazione della grafia (nota 9 al cap. IV, a pag. 330). Mi domando, dunque, come avrebbe potuto da solo fabbricare un manoscritto così perfetto da trarre in inganno tante persone. Non solo la grafia è ancora visibile oggi, sebbene solo nelle fotografie, ma come ho sottolineato più volte il documento era liberamente consultabile fino ad almeno il 1976, Morton Smith non si preoccupò di farlo sparire per timore che qualcuno eseguisse delle perizie fisiche, dunque non temeva nulla dal suo punto di vista. Personalmente devo dire che l'ipotesi che sia un falso, ma non prodotto da Morton Smith bensì da qualcuno prima di lui, mi affascina parecchio ed è la tesi sostenuta ad esempio da Eric F. Osborn e dal già citato A.H. Criddle. Ehrman definisce A. Darby Nock, che fu maestro di Morton Smith e fu con lui che si consultò durante la fase di studio della lettera, come "uno dei più grandi studiosi di antichità cristiane del XX secolo" e "uno dei pochi di quell'ambito che poteva probabilmente vantare una superiorità su Smith in alcune discipline da lui padroneggiate". Ebbene, A. Darby Nock pensava che la lettera non fosse autentica, ma non pensava che Smith o un qualunque altro falsario del XX secolo fosse l'autore fraudolento, ma pensava a un falsario del XVII o XIX secolo. L'ostacolo principale a questa ipotesi è la domanda:
chi mai ha interesse a fare un lavoro del genere senza rendere nota la propria opera ma affidandola casualmente ai posteri? Tra le altre perplessità della tesi del falsario antico vi sono la mancanza di lessici e strumenti che aiutano enormemente nella costruzione di un testo falso. Aggiungo anche che quel libro è stato per anni e anni proprietà del monastero di Mar Saba,chissà come finì lì, se fu acquistato dai monaci quando era nuovo e appena uscito, in tal caso dovremmo postulare che il falsario sia stato qualcuno che viveva nel monastero o vi aveva avuto accesso, non so se a parte Smith nel corso della storia di quel convento siano mai passati di lì persone con capacità così grandi da produrre un simile falso. Noto poi ancora un'altra cosa: come è possibile che dopo il 1646 chi disponeva del testo della lettera di Clemente e lo ha copiato nel libro non abbia appunto pubblicizzato la sua scoperta? Nel XVII o XVIII secolo o anche oltre non siamo più nel medioevo o in un'epoca buia e barbara, vi era già una certa attenzione ai problemi filologici, la stessa edizione di Voss nel quale era copiata quella lettera è addirittura la prima edizione a stampa delle lettere di Ignazio di Antiochia depurate da quelle considerate spurie (per chi ha presente tutto il problema filologico dell'epistolario di Ignazio). Mi risulta difficile credere che ancora nel XVIII secolo qualcuno ebbe davanti un manoscritto di Clemente di Alessandria incompleto ma neppure troppo rovinato (tanto è vero che, come nota lo studio di C. Murgia, non vi sono errori di copiatura e/o lacune significative) e lo abbia trascritto buttandolo via, così, senza dire nulla a nessuno, tanto per fare. L'unica ipotesi che si potrebbe avanzare è che sia stato un monaco che riteneva compromettente quel testo, che ci parla comunque di un vangelo di Marco composto per l'elite spirituale (che poi i carpocraziani a loro volta falsificarono) per cui egli non divulgò la notizia, volendo comunque conservare la testimonianza, per non compromettere la dottrina, la Chiesa o non so che (ma quei monaci sono ortodossi quindi è anacronistico parlare di cattolicesimo).
CITAZIONE
Per la storia gay, poi , siamo sul grottesco.
Infine volevo segnalare che della questione omosessualità presunta di Morton Smith collegata ai frammenti marciani nella lettera ne parla Donald Harman Akenson,
Saint Saul: A Skeleton Key to the Historical Jesus, Oxford University Press, New York, 2000, pp. 83-89.
Edited by Hard-Rain - 27/8/2008, 19:32