| E' quello che penso anche io riguardo la paternità dello scritto marciano accessibile a Clemente se la lettera a Teodoro fosse veramente autentica. Invece, sempre nell'ipotesi della sua autenticità, credo che Clemente abbia avuto veramente accesso a quello scritto. Era anche a conoscenza della contaminazione del vangelo mistico da parte della setta dei Carpocraziani, evidentemente, contenente il materiale conosciuto al suo interlocutore. E poi ci sono tutte le informazioni patristiche sulla predicazione e attività letteraria marciana che contrastano col le notizie in possesso di Clemente, sulle quali sto lavorando. Veramente un tale contrasto, dovrebbe deporre a favore dell'autenticità (punto sul quale non ha mai riflettuto nessuno). Infatti, se la lettera di Clemente contenesse informazioni sulla attività letteraria marciana in accordo con gli altri padri della chiesa, cioè una sorta di sinossi, aggiungerebbe un argomento in più in favore della non autenticità. Nell'ambito della stessa problematica sollevata, vale anche l'argomento contrario: se le informazioni di Clemente sul vangelo e l'operato letterario di Marco rispecchiamo integralmente quelle contenute nelle sue opere, allora è anche probabile che il presunto falsario abbia cercato di ricalcarle, per esibire un documento "strongly clementine". Ovviamente questi sono discorsi teorici, difficili da dimostrare in assenza dell'esame fisico del reperto, tanto più se nelle restanti opere di Clemente non si accenna minimamente a un secondo vangelo scritto da Marco. Invece, all'interno delle opere clementine ho rinvenuto concetti filosofici relativi alla "conoscenza elitaria" e, congiuntamente, alla sua sua divulgazione, del tutto coerenti con quelli espressi nella "Lettera". soprattutto riguardo il doppio grado di conoscenza che presiede al "cursus honorum" di ogni cristiano. Dal momento che tali concetti ricorrono frequentemente nelle opere clementine, non si può usare il criterio di coerenza per corroborare l'autenticità della lettera. Si tratta pur sempre di un criterio interno ai testi, fuorviante, perché se è vero che la coerenza filosofica di Clemente è ribadita nella "Lettera a Teodoro", questo fatto potrebbe ritorcersi contro l'autenticità del documento, dal momento che il presunto falsario avrebbe semplicemente incastrare queste componenti del pensiero clementino che ricorrono in tutto il corpus letterario. Di sicuro, un falsario del genere, sarebbe un vero dilettante (e in qualche modo, la maggior parte dei falsari lo sono), nel pensare di poter gabbare gli studiosi con questa "sphragis" letteraria triviale da poter essere dissotterrata agevolmente. Ecco, credo che l'analisi letteraria della lettera, applicando i criteri interni, ma non potendo aggiungere quello esterni a causa dell'assenza del documento fisico, dia esiti alquanto ambigui, per i quali si potrebbe cavillare ad infinitum. Ci sarebbero ulteriori considerazioni da fare, ma avendole già percorse, sono arrivata alla conclusione che è praticamente impossibile giungere a risultati definitivi e rassicuranti circa la autenticità/non autenticità del documento. Tutte le considerazioni depongono sia a sfavore o a favore dell'autenticità. Per ognuna di esse c'è sempre il rovescio della medaglia.
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