Studi sul Cristianesimo Primitivo

Vangelo segreto di Marco, Un discusso ritrovamento

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Lycanthropos
view post Posted on 17/4/2011, 13:11     +1   -1




Guarda, io stavo traducendo il testo in base alla trascrizione delle pagine qui sotto
http://www-user.uni-bremen.de/~wie/Secret/letter-engl.html
Basta andare in fondo e ci sono i file immagine da poter usare e stampare: nel momento in cui scrivo sono a riga 23 del recto del primo foglio. Sicuramente sarebbe utile poter confrontare le varie traduzioni e discuterne, anche per capire meglio quali sono gli argomenti pro paternità clementina e quali contro(mi rivolgo in particolare a Teodoro). Che dite?
 
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Hard-Rain
view post Posted on 17/4/2011, 15:23     +1   -1




Il testo si riesce a tradurre abbastanza facilmente dal greco. Restano ovviamente da dettagliare bene certe parole come l'aggettivo μυστικος per cui si dovrebbe trovare un traducente appropriato tra i tanti possibili. Ho approntato una bozza di traduzione direttamente dal greco, l'ho finita, se vuoi quando ho tempo la leggiamo assieme. La sintassi è relativamente semplice, molto più facile di un Plutarco (Moralia) per intenderci. Il livello grosso modo è quello neotestamentario. Per i frammenti del presunto vangelo "mistico" di Marco mi appoggio ovviamente a quanto avevo già tradotto nel .pdf che ti avevo citato.

Aspetta a postare la tua traduzione che ci auto correggiamo in contemporanea ok? :-)
 
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Lycanthropos
view post Posted on 17/4/2011, 15:28     +1   -1




Ok, appena riesco a finirla, ti mando un MP(spero entro stasera, ma ho i miei dubbi :P ).
 
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Frances Admin
view post Posted on 17/4/2011, 19:58     +1   -1




Io sono autrice di una traduzione e di un commentario della "Lettera a Teodoro". Il lavoro di traduzione è apparentemente agevole, in quanto il linguaggio epistolare è informale e disimpegnato, ma non per questo inornato. Bisogna quindi fare molta attenzione al lessico dell'autore e alla resa di alcuni concetti ricorrenti. A fine di ottenere una resa fedele al pensiero dell'autore, ho dovuto leggere parte delle opere di Clemente.
 
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koan phoenix
view post Posted on 18/4/2011, 11:30     +1   -1




Non sono un esperto di traduzioni di versioni, anche se mi piace in genere più che altro l'analisi logica e grammaticale dei testi letterari. Comunque... credo che questo link possa fare al caso vostro ed ispirarvi per una traduzione più chiara e precisa della lettera di Clemente d'Alessandria a Teodoro:


--> The Secret Gospel of Mark (troverete in fondo alla pagina un link con la ricostruzione dei caratteri greci, cliccando su: "THIS", sottolineato e scritto in rosso)


Come promesso, riporto di seguito alcuni utili link di studio e di approfondimento in merito, che avevo in passato salvato sul mio pc:


- Descrizione del documento, analisi e comparazione grafologica del testo:

--> Experts report, handwriting examination



- Parallelismi del vangelo segreto di Marco con i codici storici dell'antichità:

--> Il Vangelo Segreto di Marco autenticato dal Codice di Beza



- Infine, alcuni elementi rilevanti di gnoseologia ed esegesi attraverso una panoramica più ampia in cui si affaccerebbe, per alcuni studiosi, il vangelo segreto di Marco:

--> The ‘Secret’ Gospel of Mark



_________________________________________________
Alcune considerazioni e critiche personali alla lettera e al discorso di Clemente (seppur di carattere più teologico).


Se la lettera fosse realmente autentica e ad ogni modo sembra essere ritenuta tale dalla critica storica, o comunque non è così facilmente falsificabile come si credeva... i punti intorno alla questione, a cui dover rispondere, sono per quanto mi riguarda i seguenti:

1) la lettera -se autentica- sarebbe databile quindi alla fine del II secolo d.C., mentre la scomparsa del Vangelo segreto di Marco -o meglio, relativamente ai frammenti del manoscritto suddetto- non può essere avvenuta prima del secolo in cui il cristianesimo è divenuto religione di Stato, ottenendo dall'Impero pieni poteri circa la propria amministrazione; se pertanto sono state rinvenute, anche dopo, tracce di questa lettera, nonostante le dichiarazioni ivi menzionate da Clemente, allora qualche dubbio doveva pur esserci sulla sua effettiva non attendibilità storica... Conosciamo tutti infatti la storia del fanciullo del Vangelo marciano -al capitolo 14, versetti dal 50 al 52- il quale, dopo aver seguito per un tratto le guardie che avevano catturato J'hoshua, fuggì via nudo dalle loro mani, lasciando cadere a terra il solo lenzuolo che lo copriva);

2) Clemente nella lettera spiega che la Verità, non solo va ricercata, ma va anche riconosciuta come tale e pertanto finisce con l'essere soggetta al proprio giudizio personale, per quanto l'avvenimento riportato nel frammento del Vangelo segreto presenti -a quanto pare- chiare connotazioni iniziatiche e gnostiche, ben lontane dalla Tradizione cristiana Apostolica tramandata nei secoli.


In definitiva, se la lettera di Clemente a Teodoro si riconoscesse a tutti gli effetti come valida storicamente, questo dimostrerebbe -ancora una volta- che la Verità non è fatta per essere trasmessa agli/dagli uomini sulla base delle loro tradizioni, ma piuttosto per essere realizzata nella propria vita, da parte di chi ne è veramente degno (in tal senso la Verità potrebbe essere considerata segreta, in quanto tale)... La lettera di Clemente credo che attesterebbe in tal caso -come se ce ne fosse il bisogno ..- solo che la Verità, o quella che fosse la propria presunta verità personale, non va mai "imposta" a nessuno -nonostante i propri timori personali- ma va invece annunciata liberamente, aprendosi ad Essa per quella che è; al di là cioè della propria comprensione soggetta al momento e tempo presente... in quanto ognuno deve poter essere responsabilmente arbitro di se stesso, rispetto al proprio, personalissimo, cammino di crescita e maturazione spirituale.


"Ho ancora molte cose da dirvi, ma non sono ancora alla vostra portata." (Giovanni 16:12)
 
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koan phoenix
view post Posted on 18/4/2011, 15:13     +1   -1




CITAZIONE (koan phoenix @ 18/4/2011, 12:30) 
1) la lettera -se autentica- sarebbe databile quindi alla fine del II secolo d.C., mentre la scomparsa del Vangelo segreto di Marco -o meglio, relativamente ai frammenti del manoscritto suddetto- non può essere avvenuta prima del secolo in cui il cristianesimo è divenuto religione di Stato, ottenendo dall'Impero pieni poteri circa la propria amministrazione; se pertanto sono state rinvenute, anche dopo, tracce di questa lettera, nonostante le dichiarazioni ivi menzionate da Clemente, allora qualche dubbio doveva pur esserci sulla sua effettiva non attendibilità storica... Conosciamo tutti infatti la storia del fanciullo del Vangelo marciano -al capitolo 14, versetti dal 50 al 52- il quale, dopo aver seguito per un tratto le guardie che avevano catturato J'hoshua, fuggì via nudo dalle loro mani, lasciando cadere a terra il solo lenzuolo che lo copriva)

Pardon, solo ora ho potuto prendere visione e rileggere il post... correggo dal quote l'aggettivo, mal espresso sopra, riscrivendone la frase -che ritengo abbastanza centrale, nel mio discorso- di seguito:

"allora qualche dubbio doveva pur esserci sulla sua presunta non attendibilità storica..."

P.S.: secondo me, con ogni probabilità (vedere a tal proposito il Vangelo di Tommaso), doveva esistere anche una tradizione gnostica di matrice cristiana, da non sottovalutare o marginalizzare .. a differenza di come finora è stato invece -a torto- fatto.
 
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Hard-Rain
view post Posted on 18/4/2011, 18:19     +1   -1




Ho fatto la versione dell'intera lettera (i frammenti dello pseudo Marco li avevo già tradotti). Mi rimane questo dubbio più grosso. Mi aiutate a risolverlo? Quando Clemente scrive:

ου δε προτεινουσι αυτοις τα κατεψευσμενα συγχωρητεον του Μαρκου ειναι το μυστικον ευαγγελιον

voi come intendete:

(i) τα κατεψευσμενα come oggetto diretto del verbo (participio dativo pl.) προτεινουσι così da ottenere: "non bisogna concedere a loro stessi (= i carpocraziani) che mettono davanti (= mostrano, esibiscono) le (cose) che sono state falsificate, che il vangelo mistico di Marco esista" (quindi Clemente istruisce a negare l'esistenza anche del vangelo "autentico" mistico composto da Marco)

oppure:

(ii) τα κατεψευσμενα come soggetto dell'infinito ειναι (a questo punto però προτεινουσι resterebbe privo di oggetto diretto) a ottenere: "non bisogna concedere a loro stessi (= i carpocraziani) che (le = oggetto ellittico) mettono davanti (= mostrano, esibiscono) che le (cose) che sono state falsificate siano il vangelo mistico di Marco" (quindi in questo caso Clemente esorta non a dire il falso, cioè a prendere posizione contro l'esistenza assoluta del vangelo mistico di Marco, ma semplicemente a dire una cosa che egli ritiene vera, cioè che le falsità di Carpocrate non coincidono appunto col vangelo segreto di Marco).

Non ho letto le traduzioni inglesi che circolano in rete. Lycanthropos tu come hai tradotto? Così a naso devo dire che per ragioni sintattiche mi sembra preferibile la soluzione (i). Anche perchè dopo c'è tutto il discorso della "verità", "non si devono comunicare a tutti tutte le verità", ecc..., quindi sembra preferibile che Clemente dica di negare proprio l'esistenza del vangelo mistico, quello autentico, realmente composto da Marco secondo Clemente.
 
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Lycanthropos
view post Posted on 18/4/2011, 18:34     +1   -1




Ci ho messo un po' anch'io a capire come fare, in quel punto. L'ho ricontrollato più volte e alla fine
l'ho tradotto così(come ho visto poi fa anche Smith)
"né bisogna concordare con loro, qualora dovessero offrire(offerenti) le loro false dichiarazioni riguardo al vangelo mistico, sul fatto che sia di Marco". In pratica, la 1, anche perché altrimenti si rimane con un 'offrono' "volante", poco giustificabile.

P.S. Finisco di buttare a macchina la traduzione e te la mando per il confronto ;) .
 
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Hard-Rain
view post Posted on 18/4/2011, 18:40     +1   -1




Sì è la (i), credo proprio di sì. Leggi tutto quello che scrive dopo, che bisogna nascondere la verità, che gli stolti non devono conoscerla. Ricollegandosi a quella prec. frase mi sembra proprio che l'ειναι debba restare privo di predicato nominale e abbia senso di "esistere". Clemente sta dicendo che si deve negare l'esistenza del vangelo segreto di Marco (quello che reputava egli stesso autentico). Così si mette a posto anche il participio προτεινουσι che ha il suo bel complemento oggetto in τα κατεψευσμενα. Grazie 1000. Poi ti mando anche io la mia versione. Facciamo i compiti assieme. :-)
 
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Hard-Rain
view post Posted on 19/4/2011, 10:44     +1   -1




Versioni fatte.... Ce le siamo scambiate ieri sera.... Abbiamo avuto solo un paio di divergenze sostanziali (una è segnalata sopra ma poi non è una divergenza, avevo infatti solo sollevato un dubbio, la seconda riguardava come intendere la parola διατριβη riferita a Pietro), ho corretto la mia sulla base delle indicazioni di Lycanthropos anche perchè non avevo consultato alcuna altra traduzione ma conoscevo solo a orecchio l'argomento. A parte ciò, la coincidenza delle due traduzioni indipendenti è molto forte e sorprendente (direi: bene così!). A questo punto è interessante individuare le citazioni palesi che Clemente inserisce nel testo, per esempio quelli della saggezza (σοφια) (o sapienza) di Salomone.

Edited by Hard-Rain - 19/4/2011, 13:52
 
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Hard-Rain
view post Posted on 20/4/2011, 12:40     +1   -1




Attenzione perchè in questa discussione:

https://cristianesimoprimitivo.forumfree.it/?t=27528140

noto che Frances_Admin (esperta di greco), riporta uno stralcio della sua traduzione:

QUOTE
La mia traduzione del passaggio della Lettera discusso da Ehrman:

Riguardo a Marco, annotò gli atti del Signore durante il soggiorno di Pietro a Roma, sebbene non riportando tutto, né accennando ai [contenuti] mistici, ma selezionando ciò che considerava più utile per la crescita della fede dei catecumeni.
Ma quando Pietro morì martire, Marco arrivò ad Alessandria, portando con se sia le sue note sia quelle di Pietro, dalle quali trasferì nel suo primo libro le cose opportune per l’avanzamento della conoscenza.

Egli compose un vangelo più spirituale per l’uso di coloro che avanzavano nella perfezione. Ciononostante, egli non divulgò ancora le cose che non dovevano essere rivelate, né annotò gli insegnamenti ierofantici del Signore, ma agli atti che erano già stati scritti, egli ne aggiunse altri, oltre a ciò, portò certi detti, dei quali conosceva l’interpretazione, e come un mistagogo, avrebbe condotto gli uditori nel santuario più recondito della verità celato da sette veli.
Così, secondo me, egli preparò il contenuto, né maliziosamente, né imprudentemente, e una volta morto, lasciò in eredità il suo scritto alla Chiesa di Alessandria, dove adesso è ancora custodito al sicuro, essendo letto solamente da coloro che sono stati iniziati ai grandi misteri.
Ma poiché i demoni ripugnanti complottano sempre per la distruzione della razza umana, Carpocrate, incaricato da loro e impiegando trucchi fraudolenti, così soggiogò un certo presbitero della Chiesa di Alessandria, cosicché ottenne da lui una copia del “vangelo mistico”, il quale interpretava secondo la sua dottrina blasfema e carnale, e, inoltre, inquinò le parole incontaminate e sante mischiandole con sfrontate menzogne.
Da questa mistura si traggono gli insegnamenti dei Carpocraziani. Perciò, come ho detto prima, uno non deve mai piegarsi a loro; né, quando avanzano le loro falsificazioni, non si dovrebbe ammettere che sia il vangelo mistico di Marco, ma dovrebbe persino negarlo sotto giuramento.

Noto che Frances_Admin ha avanzato le mie ipotesi o quantomeno ha avuto gli stessi dubbi:

(1) Intende διατριβη con senso di "soggiorno" di Pietro a Roma, traducendo l'espressione: κατα την του Πετρου εν Πωμῃ διατριβην = "durante il soggiorno di Pietro a Roma";

(2) L'espressione: ου δε προτεινουσι αυτοις τα κατεψευσμενα συγωρητεον του Μαρκου ειναι το μυστικον ευαγγελιον = "né, quando avanzano le loro falsificazioni, non si dovrebbe ammettere che sia il vangelo mistico di Marco" invece di: "Non bisogna concedere loro (= ai carpocraziani), [se/quando] (costoro) mettono davanti le (cose) che sono state falsificate (τα κατεψευσμενα), che il vangelo mistico di Marco esista (μυστικον ευαγγελιον)" che è l'ipotesi di Lycanthropos e che alla fine ho adottato anche io a motivo di tutto quanto dice dopo Clemente sulla necessità di tenere nascosta la verità (e per lui il vangelo segreto è qualcosa di autentico, di vero, mentre invece ovviamente le falsità, cioè le aggiunte fatte da Carpocrate, sono tali per cui è ovvio che si debbano negare nei confronti di chiunque).

Alla luce di questi dubbi chiedo: Frances, hai confermato poi questa tua traduzione oppure l'hai rivista in seguito? Sul punto (1) anche io originariamente avevo inteso κατα διατριβην con senso temporale, dando a διατριβη il senso di "soggiorno" piuttosto che di "lezione", "insegnamento" (proposta di Lycanthropos). Magari una analisi dell'uso di questa parola in Clemente potrebbe aiutarci a capire cosa abbia voluto dire.
 
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Frances Admin
view post Posted on 20/4/2011, 19:48     +1   -1




A sostegno della resa “soggiorno”, c’è la presenza di indicatori deittici inequivocabili (en Rome, eis Alexandreian). Inoltre oggetto diretto del verbo anagrapho è tas praxeis (atti).
Nella Lettera ho trovato ridondanze di diversa natura, per lo più concettuali, ma nel complesso mi sembra di poter escludere che lo scritto sia afflitto da mala affectatio. Ma c’è di più: a mio avviso l’accusativo di estensione kata.. ten diatriben denota proprio l’estensione temporale dell’azione. Se ne deduce che Marco avrebbe annotato gli atti (ta spraxeis) del Signore (tou kyriou) per tutto il tempo della permanenza di Pietro a Roma. Lo considero un dettaglio importante, almeno per la ricostruzione dell’origine del vangelo di Marco.

Sul punto 2. L’oggetto diretto del verbo einai è to mystikon euangelion, ma ta katepseusmena è un participio congiunto, direi con valore temporale. Il dativo autois è nientemeno che l’oggetto indiretto del verbo proteino.
 
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Lycanthropos
view post Posted on 20/4/2011, 20:01     +1   -1




@Frances
Sul punto 1, riguardando, in effetti ci sono buoni motivi per tradurre diatriben con soggiorno. Io avevo fatto riferimento alla tradizione ripresa da Papia riguardo a Marco, ma effettivamente, in base al nudo testo, soggiorno è una resa più valida e plausibile.

Il punto 2, però non riesco a capire come lo tradurresti a questo punto. In modo differente da come è riportato qui
CITAZIONE
Perciò, come ho detto prima, uno non deve mai piegarsi a loro; né, quando avanzano le loro falsificazioni, non si dovrebbe ammettere che sia il vangelo mistico di Marco, ma dovrebbe persino negarlo sotto giuramento

oppure interpreto male il tuo post di qui sopra?
 
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Hard-Rain
view post Posted on 21/4/2011, 07:08     +1   -1




Punto (1) - Sono d'accordo con Frances. Peraltro in base alla sintassi greca, l'espressione κατα την του Πετρου εν Πωμῃ διατριβην rende lo stato in luogo εν Πωμῃ una caratteristica della διατριβη di Pietro, quindi non si può tradurre: "Marco, appunto, a Roma mise per iscritto i fatti (πραξις) del Signore in occasione del soggiorno di Pietro" nè si potrebbe tradurre: "Marco, appunto, a Roma mise per iscritto i fatti (πραξις) del Signore in accordo alla predicazione di Pietro". Pertanto, εν Πωμῃ è una caratteristica strettamente legata a διατριβη e quale migliore ipotesi si può fare che intendere questa parola come "soggiorno", anche in considerazione che il senso di "lezione", "insegnamento" è più tipico delle scuole filosofiche, specialmente stoiche e neostoiche, che non della predicazione cristiana (da verificare se Clemente usa questa parola nelle sue opere per la predicazione o l'insegnamento cristiano). Comunque per denotare una contemporaneità temporale (un fatto che avviene durante o mentre si svolge un altro fatto) in greco vi sono altri costrutti, frequentissimo il genitivo assoluto ma anche il costrutto εν τω + infinito, oppure, banalmente, subordinate introdotte da οτε (= "quando") o, ancora, frasi basate su ως ("come" con senso di "quando", un uso non di rado rintracciabile in Plutarco, ho visto). Sinceramente, non so con che frequenza Clemente di Alessandria utilizzi κατα + acc.vo con senso temporale, conosco pochissimo il greco di questo autore, so che non è frequente nel greco neotestamentario (comunque cfr. ad es. il κατα εορτην in occasione della passione di Gesù, espressione peraltro appunto variamente interpretata) nè nel greco di altri autori del I-II sec. d.C. (es. Musonio Rufo, Epittèto/Arriano e Plutarco) che in genere predilidigono appunto i costrutti di cui ho detto prima, specialmente l'utilizzatissimo genitivo assoluto.

Punto (2) - Avevo pensato a τα κατεψευσμενα come a un participio sostantivato (neutro plurale) che potrebbe essere: (i) oggetto del participio προτεινουσι da cui, in base all'uso predicativo di ειμι, la resa: "Non bisogna concedere loro, [se/quando] (costoro) mettono davanti le (cose) che sono state falsificate (τα κατεψευσμενα), che esista il vangelo mistico di Marco". Peraltro se non mi sbaglio τα κατεψευσμενα è usato come participio sostantivato (neutro pl.) nella stessa lettera di Clemente (Plate II, folio I, verso, l. 20) quando appunto dice: τα κατεψευσμενα ελεγχων, cioè "respingendo le (cose/frasi) che sono state falsificate (dai carpocraziani)". Se considero κατεψευσμενα come participio congiunto, con chi sarebbe concordato? A parte queste questioni puramente sintattiche, pensavo che tutto il discorso successivo di Clemente fosse appunto legato al fatto che bisogna negare la verità con i carpocraziani. Che il vangelo falsificato da Carpocrate fosse un falso è evidente per Clemente mentre il negare la verità sarebbe appunto riferito al negare l'esistenza dello stesso vangelo mistico di Marco che Clemente sa che esiste: negando la sua esistenza, si nega la possibilità che Carpocrate lo possa avere consultato e quindi falsificato: le falsità di Carpocrate non avrebbero dunque alcuna base su cui appoggiarsi. Del resto secondo Clemente pochissimi erano a conoscenza di questo vangelo mistico di Marco quindi al grande pubblico non era noto ed era perfettamente possibile continuare a mantenere il segreto. E' anche interessante osservare che Clemente parla di una "copia" presa da Clemente di Alessandria, quindi esistevano "copie" di questo vangelo mistico, che sembra in contraddizione col fatto che fosse un oggeto così segreto e per pochissimi adepti. Se circolano "copie" che segreto è?

Edited by Hard-Rain - 21/4/2011, 08:34
 
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Hard-Rain
view post Posted on 21/4/2011, 18:53     +1   -1




Nella lettera vi sono alcune allusioni/citazioni ad altri testi, biblici e non. Proviamo a individuarle? Io ho trovato questo:

(1) "Costoro (= i carpocraziani), infatti, (sono) gli astri erranti (αστερες πλανηται) che furono profetizzati". La stessa espressione αστερες πλανηται compare in Giuda 13 dove è proprio utilizzata per i falsi maestri. Non esistono esatti paralleli biblici a questa espressione, nella LXX non ho trovato questa espressione in questa forma, in genere si rimanda ad 1 En. 18,14-16 e 21,1-6 dove l’angelo mostra a Enoc una prigione per le stelle del cielo che hanno trasgredito l’ordine di Dio (così in M. Mazzeo “Lettere di Pietro, lettera di Giuda”, ed. Paoline, 2002, pag. 396, nota 13).

(2) "la sapienza (σοφια) di Salomone". Sulla base di menzioni interne a questi stessi libri, vengono attribuiti al re Salomone il Qoelet (Ecclesiaste), il Cantico dei Cantici, il libro della Sapienza, parte del libro biblico dei “Proverbi” (Pr. 1,1-22,16 e capp. da 25 a 29), i Salmi 72 e 127 e una collezione di “Odi” considerate apocrife sia rispetto al canone ebraico che a quello cristiano. In effetti “la sapienza” di cui si parla all’inizio del libro della Sapienza e del libro dei Proverbi nella LXX è proprio η σοφια.

(3) "Per questo la sapienza di Salomone prescrive: “rispondi allo stolto (a partire) dalla sua stoltezza”". Ho trovato un possibile parallelo molto forte in Pr. 26,5 (LXX). Confermate? Proverbi è uno dei libri sapienziali attributi a re Salomone.

(4) "Dice allo stesso tempo: “sarà tolto a chi non ha”". Questa allusione o citazione è un mistero. Intanto chi "dice"? Ancora la sapienza di Salomone? Ho rintracciato soltanto paralleli col Nuovo Testamento, ovviamente sto parlando di Mt. 13,12 // Mc. 4,25 // Lc. 8,18; Mt. 25,29 // Lc. 19,26.

(5) "e “lo stolto cammini nell’oscurità”" qui ho trovato un parallelo molto forte in Qo. 2,14 (LXX). Anche il Qoelet (Ecclesiaste) è un libro sapienziale attribuito a Salomone. Se è così, come spiegare l'inserzione di quella frase tipicamente neotestamentaria di cui al punto (4)?
 
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88 replies since 29/4/2008, 20:07   3919 views
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