Studi sul Cristianesimo Primitivo

Protestantesimo, concepimento verginale e parto verginale

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Hannah1
view post Posted on 7/6/2008, 09:23     +1   +1   -1




Premesso che i vangeli non sono un trattato di ostetricia, l'unica osservazione che si può fare che i cattolici sfuggono e a cui non sanno dare risposta (quella di considerare, da parte dei teologi più liberali in ambito cattolico, a seconda dei casi, la verginità come un fatto spirituale non regge di fronte al dogma della perpetua verginità) è il seguente passo: Matteo 1:25
e non la conobbe finch’ella non ebbe partorito un figlio; e gli pose nome Gesù.
Questo significa che Giuseppe dopo la nascita di Gesù conobbe Maria.
 
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Hannah1
view post Posted on 7/6/2008, 09:47     +1   -1




CITAZIONE (JohannesWeiss @ 5/6/2008, 20:03)
E infatti oggi i teologi cattolici - tranne magari quelli più tradizionalisti, che però non conosco - come minimo invitano alla prudenza rispetto a tali interpretazioni massimaliste, oppure affermano chiaramente che il senso della virginitas in partu non implica affatto la dimensione dell'integrità fisica, poichè ad essere in questione è quella verginità la cui essenza, ben lontano da ogni "fisicismo" fine a sè stesso, sta nella donazione totale della persona, comprendente certo la dimensione prettamente sessuale, oltre a quella più generale morale-spirituale, ma non necessariamente il dato fisico dell'integrità dell'imene.

Tranne quelli più tradizionalisti che non conosci? Credo che per tutti i cattolici sia un dogma di fede non valicabile e riguarda soprattutto l'aspetto fisico. Non mi è mai capitato di sapere di qualcuno, in ambito cattolico, che affermi la minima possibilità per Maria di aver conosciuto in senso biblico Giuseppe e di aver avuto altri figli.
Ora che ci sia qualche caso, non lo escludo, ma comunque non si tratterebbe di un teologo facente parte dell'ortodossia del credo cattolico ma sarebbe una posizione eterodossa al 100%.
 
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view post Posted on 7/6/2008, 09:54     +1   +1   -1

Habitué

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Come sapete sono protestante, nelle nostre chiese il tema non ha mai avuto grossa importanza.
Certo è, che ho sempre sentito dibattere circa il concepimento verginale, ma non della nascita verginale.
Per il protestantesimo, come sapete il ruolo di Maria è decisamente marginale nel piano divino, è uno strumento nelle mani di Dio, e non rappresenta un mezzo nel piano per la salvezza .
Le riconosciamo poi una vita “normale”, nel senso che siamo liberi di interpretare, per esempio, che ella ha avuto poi una vita sessuale di coppia normale, avendo concepito poi figli e figlie Matteo 12 :46 , Marco 3:31-33 . In genere siamo consapevoli che la parola “fratelli” qui usata, possa essere interpretata come “cugini”, ridimensionando in tal senso, di fatto, il passo (sorelle ?).
Credo di ricordare che i padri della chiesa avessero annotato persino i nomi dei fratelli e sorelle di carne di Gesù (...detti sposini ? vi chiedo conferma !).

Detto questo ripeto, è sopratutto il ruolo di Maria ad essere oggetto di più "acceso" dibattito, più che del concepimento, e nascita verginale di Gesù, (acceso poi, per modo di dire, in realtà non interessa poi più di tanto discutere su questo piano, e in questo modo contrapposto).
Per quanto poi riguarda le divergenze tra la versione Masoretica e dei LXX in genere, e circa il passo di Isaia, in particolare, forse potremmo trovarci semplicemente davanti a due distinte “tramandazioni” dei testi, da qui le divergenze in tanti punti (ma è solo una mia personalissima idea).
Assurda idea?
Claudio

Edited by clod66 - 7/6/2008, 19:52
 
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JohannesWeiss
view post Posted on 7/6/2008, 17:43     +1   -1




CITAZIONE (Hannah1 @ 7/6/2008, 10:47)
CITAZIONE (JohannesWeiss @ 5/6/2008, 20:03)
E infatti oggi i teologi cattolici - tranne magari quelli più tradizionalisti, che però non conosco - come minimo invitano alla prudenza rispetto a tali interpretazioni massimaliste, oppure affermano chiaramente che il senso della virginitas in partu non implica affatto la dimensione dell'integrità fisica, poichè ad essere in questione è quella verginità la cui essenza, ben lontano da ogni "fisicismo" fine a sè stesso, sta nella donazione totale della persona, comprendente certo la dimensione prettamente sessuale, oltre a quella più generale morale-spirituale, ma non necessariamente il dato fisico dell'integrità dell'imene.

Tranne quelli più tradizionalisti che non conosci? Credo che per tutti i cattolici sia un dogma di fede non valicabile e riguarda soprattutto l'aspetto fisico. Non mi è mai capitato di sapere di qualcuno, in ambito cattolico, che affermi la minima possibilità per Maria di aver conosciuto in senso biblico Giuseppe e di aver avuto altri figli.
Ora che ci sia qualche caso, non lo escludo, ma comunque non si tratterebbe di un teologo facente parte dell'ortodossia del credo cattolico ma sarebbe una posizione eterodossa al 100%.

Non hai capito. Io mi stavo riferendo alla interpretazione massimalista della virginitas in partu nel senso di un parto miracoloso che avrebbe lasciato intatta la verginità strettamente fisica di Maria. Non mi stavo affatto riferendo nè all'aver conosciuto Giuseppe in senso biblico nè all'avere avuto altri figli dopo Gesù (cosa che, anzi, ho detto esplicitamente essere incompatibile con il dogma della verginità di Maria).
I teologi cattolici odierni, alcuni anche di tendenza conservatrice (come Jean Galot), tendono in buona parte a non interpretare la virginitas in partu in maniera massimalista nel senso di una miracolosa non lacerazione dell'imene, affermando invece che il parto di Maria fu un parto svoltosi secondo le modalità consuete. E, ripeto, si tratta di teologi normali, non certo liberali. Naturalmente, ci saranno anche teologi più conservatori e tradizionalisti (quelli che magari fanno ancora mariologia con il Roschini) che esigono come interpretazione vincolante della virginitas in partu quella massimalista di un imene miracolosamente illeso.

CITAZIONE
Premesso che i vangeli non sono un trattato di ostetricia, l'unica osservazione che si può fare che i cattolici sfuggono e a cui non sanno dare risposta (quella di considerare, da parte dei teologi più liberali in ambito cattolico, a seconda dei casi, la verginità come un fatto spirituale non regge di fronte al dogma della perpetua verginità) è il seguente passo: Matteo 1:25
e non la conobbe finch’ella non ebbe partorito un figlio; e gli pose nome Gesù.
Questo significa che Giuseppe dopo la nascita di Gesù conobbe Maria.

Non ho alcuna capacità o competenza esegetica, ed è possibile o probabile che io dica una castroneria. Tuttavia mi viene da pensare che l'espressione riportata in Mt 1,25 possa essere vista come un caso di quella tipica espressione semitica del tipo "X non accadrà fino a Y", la quale lungi dal dire che "una volta che si dà Y allora X accadrà" costituisce piuttosto un modo di sottolineare come entrambi gli elementi della frase (non X e Y) siano veri e validi.
Siccome io sono un incompetente, mi limito a citare (traducendolo) ciò che scrive Bruce Chilton (Pure Kingdom. Jesus' Own Vision of God, Eerdman's/SPCK, Grand Rapids/London, 1996, p. 64-65):
"La forma di discorso "X non accadrà fino a Y" è usata in ebraico e aramaico per insistere sulla validità di entrambe le parti della frase. L'esempio più evidente si trova nel libro della Genesi (28,15), dove Dio promette a Giacobbe "Io non partirò da te fino a quando non avrò fatto tutto ciò che ti ho detto". (...) Il punto è che frasi di questo tipo sono asserzioni volutamente enfatiche. Nel nostro esempio Dio sta dicendo "Io non ti lascerò mai e farò ciò che ho promesso". La grammatica letterale farebbe di Dio un ciarlatano. Egli starebbe dicendo a Giacobbe che adempirà alla lettera i suoi impegni, dopodiché abbandonerà Giacobbe. Un tale lettura minerebbe uno dei temi principali di Genesi".
Dunque, se Chilton (che vede un'altra attestazione di questo "X will not happen until Y" nel controverso logion di Mc 9,1 - facendone la base di un'interpretazione tutta particolare che però, a mio modestissimo avviso, non regge) ha ragione, immagino che la frase di Mt 1,25, lungi dal suggerire che, una voltà partorito un figlio, Giuseppe conobbe Maria, è invece un'espressione semitica che enfatizza entrambi i termini della frase: il parto di Maria e il non averla conosciuta di Giuseppe.

Non so, magari le affermazioni di Chilton sono bislacche, oppure io le applico a sproposito (anche se mi pare che Mt 1,25 rientri proprio nel caso di cui lui parla): coloro che in questo forum padroneggiano l'esegesi e le lingue antiche, sapranno offrirci preziosi lumi.

P.S. Da bravo scolaretto, ho dato un'occhiata a quel che dicono i commentari su Matteo di Joachim Gnilka (cattolico), Ulrich Luz (evengelico), e W.D. Davies - D.C. Allison (protestanti di non so quale denominazione), che sono abbastanza unanimemente riconosciuti come i migliori commentari storico-critici su Matteo esistenti. Ecco quel che dicono su Mt 1,25:

GNILKA (Il vangelo di Matteo I, Paideia, Brescia, 1990, p.51)
"Il dato cronologico (fino alla nascita) non implica una delimitazione di questo stato di cose, ma semplicemente garantisce che Maria ha partorito da vergine. La formulazione greca denota il limite entro il quale qualcosa avviene senza che con ciò si dica che in seguito qualche cosa cambia" (Gnilka cita a sostegno di questa affermazione un'opera di Beyer, a cui si rifà anche Chilton)

DAVIES-ALLISON (Matthew 1-7, T&T Clark, London, 1988, p. 219)
"Questa osservazione retrospettiva non implica necessariamente che ci siano state relazioni coniugali da quel momento in poi, in quanto il termine "fino" (nel commentario è in caratteri greci. N.d.R.) di seguito a una negazione non contiene per forza l'idea di un limite che conclude l'azione o lo stato presente (cf. Gen 49,10 LXX; Mt 10,23; Mc 9,1)". D'altre parte, però,Davies e Allison osservano anche che "Se Matteo avesse inteso alludere alla verginità perpetua di Maria (..) avrebbe scelto un espressione meno ambigua, così come Luca avrebbe evitato l'espressione "primogenito" (2,7)"

LUZ (Matteo 1, Paideia, Brescia, 2006, p.174-175)
"Il v. 25 presuppone che Giuseppe non abbia più avuto rapporti sessuali con Maria dopo la nascita di Gesù? La discussione al riguardo è stata già condotta appasionatamente nella chiesa antica (...). L'argomento più importante per la possibilità di una verginità post partum è filologico: "fino" (sempre in caratteri greci - N.d.R.) non implica necessariamente che qualcosa cambi dopo il momento indicato; ciò è indiscutibile e dimostrabile anche in base al vangelo di Matteo (cf. ad es. Mt 5,25; 16,28; 28,20; Diversamente ad es. Mt 2,9.13; 5,26).
(...) Come nella questione dei "fratelli" di Gesù, anche in questo caso la tesi cattolica della vergnità perpetua di Maria non può essere confutata in modo risolutivo su un piano esegetico. La conclusione di gran lunga più verosimile è però che un'idea del genere fosse ben lontana da Matteo: poichè infatti la verginità perpetua di Maria sarebbe stata qualcosa di davvero insolito per i suoi lettori, Matteo l'avrebbe dovuta affermare expressis verbi
".

Edited by JohannesWeiss - 7/6/2008, 19:23
 
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Hannah1
view post Posted on 7/6/2008, 19:08     +1   +1   -1




CITAZIONE
DAVIES-ALLISON (Matthew 1-7, T&T Clark, London, 1988, p. 219)
"Questa osservazione retrospettiva non implica necessariamente che ci siano state relazioni coniugali da quel momento in poi, in quanto il termine "fino" (nel commentario è in caratteri greci. N.d.R.) di seguito a una negazione non contiene per forza l'idea di un limite che conclude l'azione o lo stato presente (cf. Gen 49,10 LXX; Mt 10,23; Mc 9,1)". D'altre parte, però,Davies e Allison osservano anche che "Se Matteo avesse inteso alludere alla verginità perpetua di Maria (..) avrebbe scelto un espressione meno ambigua, così come Luca avrebbe evitato l'espressione "primogenito" (2,7)"

L'espressione "primogenito" è meno ambigua di finché . E' stato dimostrato anche in ambito archeologico, attraverso il ritrovamento di alcune tombe dell'epoca o successive che il termine primogenito era usato anche per chi aveva un unico figlio, primo ed unico, diremmo noi. Primogenito significa soltanto generato per primo e non implica che ci sia un secondo, un terzo e così via. Viene sottolineato perchè la primogenitura comportava comunque dei diritti, indipendentemente dal fatto che ci fossero più o meno fratelli. Purtroppo, non riesco a trovare il riferimento di una lapide di tomba di quell'epoca in cui si leggeva che la madre era morta nel dare alla luce il suo primogenito o qualciosa del genere.
Sul discorso di "finché" ci sarebbe molto da dire; manco a farlo apposta nella formula del matrimonio cattolico c'è proprio la fatidica frase "finchè morte non vi separi" .
Ho capito che tu parti dall'ebraico o dall'aramaico. In questo caso, però dovremmo mettere in discussione quasi tutti i vangeli.
Per quel che riguarda il dogma della verginita di Maria , la virginitas in partu nel senso di un parto miracoloso, ritengo sia parte integrante del dogma. Per cui, qualunque posizione teologica in contrasto con questo, non sarebbe considerata del tutto ortodossa.

Edited by Hannah1 - 7/6/2008, 20:41
 
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JohannesWeiss
view post Posted on 8/6/2008, 01:32     +1   -1




PRIMA RISPOSTA

CITAZIONE (Hannah1 @ 7/6/2008, 20:08)
Sul discorso di "finché" ci sarebbe molto da dire; manco a farlo apposta nella formula del matrimonio cattolico c'è proprio la fatidica frase "finchè morte non vi separi" .
Ho capito che tu parti dall'ebraico o dall'aramaico. In questo caso, però dovremmo mettere in discussione quasi tutti i vangeli.

Ecco, il "finché" del rito matrimoniale è proprio quel tipo di affermazione che non ha a che vedere con il modo d'esprimersi "biblico" di cui stiamo parlando noi.
Non capisco invece cosa intendi dire quando affermi che, partendo dall'ebraico o dall'aramaico (o, semplicemente, limitandosi ad analizzare le varie occorrenze neotestamentarie del "non...finchè" - Gnilka, Luz e Davies-Allison non fanno infatti cenni a "semitismi") si metterebbero in discussione i vangeli. Voglio dire, per quel pochissimo che posso capirne, non è possibile fare esegesi senza considerare il significato che un espressione ha nella sua lingua e nel suo contesto originale (anzichè limitarci a sentire come suona al nostro orecchio moderno e occidentale), e, dal momento che non è più possibile fare teologia senza esegesi, considerazioni di questo tipo sono semplicemente il modo corretto e necessario di affrontare il problema.
Mt 1,25 è una frase che a noi suona ambigua: al nostro orecchio abituato, tra l'altro, a infinite controversie teologiche, sembra suggerire che Giuseppe si limitò a non conoscere Maria solo finché il grembo era occupato da un ospite (e soprattutto un ospite del genere non è carino importunarlo!), ma poi, appena liberatosi il posto...non ha esitato oltre.
Ma il testo non dice ciò. Perciò come si fa a risolvere il problema? Si cerca di capire che significato potesse avere l'espressione "non...finché" nel contesto letterario in cui si trova (casi analoghi nel vangelo di Matteo) e nella lingua stessa in cui l'espressione era impiegata (che sia il greco, oppure una soggiacente lingua semitica resa in greco).

SECONDA RISPOSTA (scusa la lunghezza)

CITAZIONE (Hannah1 @ 7/6/2008, 20:08)
[Per quel che riguarda il dogma della verginita di Maria , la virginitas in partu nel senso di un parto miracoloso, ritengo sia parte integrante del dogma. Per cui, qualunque posizione teologica in contrasto con questo, non sarebbe considerata del tutto ortodossa.

Allora, voglio specificare che io non intendo affatto sostenere la causa dell’ “imene lacerato”. Per me il punto non è affatto che Dio non possa, qualora lo voglia, preservare l’integrità dell’imene nonostante l’avvenuto passaggio di un bambino. Se la mia fede è capace di contemplare la risurrezione di un morto, non è certo un imene a poter fare difficoltà.
Ciò che mi preme invece far capire è anzitutto che l’integrità fisiologica delle vie genitali di Maria non costituisce affatto il senso autentico e principale della verginità di Maria (ammesso che possa esserne parte). Io mi guardo bene dal banalizzare la verginità a semplice “atteggiamento morale”. Se le parole devono avere un senso, la verginità, pur contrassegnata in modo essenziale da un atteggiamento anzitutto morale-spirituale di donazione e accoglienza, deve però necessariamente implicare anche la dimensione corporea. Tuttavia questa dimensione corporea non va intesa in modo meramente “fisiologico”, bensì personalistico, cioè deve coinvolgere l’intenzionalità e la volontà della persona. La verginità corporea (in senso personalistico, e non meramente fisiologico) viene meno allorché l’imene viene lacerato perché una persona ha deciso di donare sé stessa nella modalità di una relazione sessuale, ma non se viene lacerato per cause indipendenti dalla volontà della persona (ad es. un operazione chirurgica o anche una violenza). Chi insiste ad oltranza sulla necessità dell’integrità fisiologica dell’imene di Maria, sta forse perdendo di vista il senso autentico del dogma della sua verginità.
In ogni caso, riconosco che è possibile addurre dei motivi di “convenienza” per sostenere un’interpretazione anche fisiologica del parto verginale (sebbene esistano anche motivi di “convenienza” per sostenere il contrario!). Ma ciò che veramente mi preme è che questa interpretazione del parto verginale con implicazioni fisiologiche rimanga un’opinione teologica, e non venga proposta come interpretazione vincolante per tutti, quasi che non accettandola si rifiutasse ipso facto il dogma stesso della verginità di Maria.
Perciò ora ti propongo una piccola “antologia” che mostra come buona parte dell’attuale teologia cattolica ritiene A) che non si possa proporre in modo vincolante alcuna affermazione sui concreti aspetti “fisiologici” del parto verginale (Rahner) ; B) che lo stesso volersi addentrare in considerazioni “fisiologiche” sia un modo sbagliato di accostarsi al dato dottrinale, e un voler violare il “segreto” di Dio (Laurentin); C) che la dottrina della “verginità nel parto” non intende affatto affermare dettagli fisiologici (Muller, Muller-Sattler); D) che il concetto di verginità non implica necessariamente quello di integrità fisiologica, e che il parto di Maria fu pertanto caratterizzato dai comuni “risvolti fisiologici” di qualsiasi parto, senza che ciò ne diminuisca in alcun modo il carattere pienamente verginale (Galot, Colzani).
I teologi citati non costituiscono affatto esempi di “teologia liberale” o “progressista”. Rahner è semplicemente il più grande teologo cattolico del Novecento. Laurentin è un noto mariologo di tendenza decisamente conservatrice. Galot – il più deciso proponente della verginità non fisiologica - è un teologo “classico”, tendenzialmente conservatore, storico insegnante della Gregoriana e, attualmente, dell’Ateneo Regina Apostolorum (forse il più conservatore che esista) e il suo libro è stato pubblicato proprio dalla casa editrice della Gregoriana. Colzani e Ludwig Muller sono teologi di orientamento moderato, come attesta anche il fatto che i loro libri siano stati pubblicati dalla San Paolo. Di questo gruppo, forse i teologi un po’ più progressisti potrebbero essere Alois Muller e Dorothea Sattler, il cui saggio si trova in un corso di dogmatica tedesco pubblicato dalla Queriniana che, qui da noi in Italia, può essere considerato di tendenza moderatamente progressista (ma il saggio di mariologia in questione non lo è granchè).

RAHNER: Sulle particolarità concrete della virginitas in partu non si può dedurre nulla di certo e obbligante.
Karl Rahner, “Virginitas in partu” in Saggi di cristologia e mariologia, Paoline, Roma 1967, 411.
“La dottrina della Chiesa dice con il vero nocciolo della tradizione: il parto (attivo) di Maria – visto dalla parte del bambino e di sua madre – così come la sua accettazione, è, considerato alla luce di tutta la realtà (come atto integralmente umano di questa “Vergine”), anche in sé (e non soltanto in virtù del concepimento…) corrispondente a questa Madre e perciò unico, mirabile, “verginale”, senza che da questa proposizione (che in sé però è comprensibile) abbiamo la possibilità di dedurre, in maniera sicura e obbligante per tutti, delle asserzioni circa particolarità concrete di questo evento”.

LAURENTIN: Sulle particolarità concrete della virginitas in partu non si può e non si deve sapere nulla.
Renè Laurentin, Breve Mariologia, Queriniana, Brescia, 1988, p. 21.
“A dire il vero, questa tradizione del parto indolore di Natale non appartiene al concetto in sé stesso di verginità, ma ne è un segno. Quanto al segno della integrità verginale nel quale si avventurano certi Padri nella prospettiva della loro teologia simbolica, rispettiamo il segreto di Dio che non ci ha dato una tavola anatomica su questo punto. Il Concilio ha tagliato corto alle discussioni ginecologiche sorte negli anni 1960, formulando la tradizione senza entrare in precisazioni indiscrete e incontrollabili: “Il Figlio suo primogenito non diminuì la sua verginale integrità, ma la consacrò”.
[Laurentin vede il parto indolore come non implicato dal concetto di verginità, ma comunque teologicamente conveniente. Quanto invece alla questione dell’integrità delle vie genitali di Maria, invita chiaramente ad una posizione agnostica].

MULLER: La dottrina della virginitas in partu non intende affermare delle singolarità fisiologiche.
Gerhard Ludwig Muller, Dogmatica cattolica, San Paolo, Cinisello Balsamo, 1999, 604-605.
Tale dottrina non intende affermare che il parto di Gesù sia avvenuto in modo non naturale e abbia presentato delle singolarità fisiologiche (ad esempio, la non apertura delle vie genitali femminili, la non rottura dell’imene e l’assenza delle doglie) ….Il contenuto della proposizione di fede non riguarda perciò dettagli somatici fisiologicamente ed empiricamente verificabili”.

MULLER – SATTLER: La dottrina della virginitas in partu non fa un’affermazione fisiologica, bensì tipologica.
Alois Muller – Dorothea Sattler, “Mariologia” in Nuovo corso di dogmatica vol. 2, Queriniana, Brescia, 1995, p. 212.
“Importante per un’odierna comprensione della virginitas in partu è il riconoscimento che neppure questa verità di fede vuole fare un’affermazione biologico-fisiologica, ma si serve piuttosto di questa per concretizzare la contrapposizione tipologica fra la vecchia umanità simboleggiata in Eva e soggetta al dominio del peccato e la nuova umanità manifestantesi in Maria e pienamente aperta allo Spirito di Dio”.

COLZANI: Il parto verginale di Maria ha presentato i segni propri di un parto normale.
Gianni Colzani, Maria. Mistero di grazia e di fede, San Paolo, Cinisello Balsamo, 1996, p. 211-212.
“La convinzione che un parto normale annullasse la verginità di Maria ha spinto la comunità cristiana a ribadire che Maria è e rimase vergine; mentre alcuni autori si sono accontentati di questo, invitando alla prudenza nelle determinazioni concrete, altri hanno parlato di un parto miracoloso e di una nascita che non avrebbe aperto il grembo materno né sarebbe stata caratterizzata dalle consuete dinamiche del parto. Si deve guardare con molta prudenza a queste ipotesi; lo si deve fare perché siamo qui di fronte al tentativo di modificare la nozione di verginità, introducendovi quelle nozioni di integrità e di in corruzione di cui parlavamo sopra. Già Rahner ha mostrato la discutibilità di questi tentativi, evidenziando come il magistero sia in realtà più riservato e come a essi manchi quell’universalità di condivisione che, a volte, pretendono. Con ragione Galot osserverà che la nozione di verginità qui in gioco è identica a quella del concepimento. “Non si può dunque adottare, per il momento della nascita un’altra nozione di verginità se non quella che si ammette per il resto della vita”. La verginità del parto è, quindi, dedizione totale a Dio indicata nel segno della mancanza di rapporti sessuali: il contenuto della integritas e della incorruptibilitas va ricondotto a questo. E’ quindi legittimo ammettere in Maria i segni propri di un parto normale: essi indicano a fondo i caratteri propri di una maternità verginale. La sua straordinarietà sta nel portare a termine il concepimento dovuto allo Spirito: non vi è corruzione alcuna nei processi normali di un parto”.

GALOT: La verginità non è una realtà meramente fisiologica. Al contrario, il seno aperto di Maria è il culmine della verginità corporale.
Jean Galot, Maria. La donna nell’opera della salvezza, Pont. Univ. Gregoriana, Roma, 1991, p.170s.
“La verginità non consiste in una qualsiasi integrità fisica, ma in quella che deriva dalla preservazione nei riguardi degli atti sessuali. E’ così che una lesione dell’integrità fisica non significa necessariamente perdita della verginità. San Tommaso esamina il caso in cui il “sigillo del pudore verginale” è stato infranto senza alcuna colpa, come si può verificare a seguito di una violenza o di un intervento chirurgico (...) San Tommaso afferma che il danno alla verginità non è più grande di quello di una lesione alla mano o al piede (…). Bisogna dunque riconoscere che, anche nel suo aspetto corporale, la verginità non è una realtà puramente né in primo luogo fisiologica; essa comporta sempre, ed essenzialmente, una qualifica morale, che concerne l’uso del corpo. Non si può definire dal semplice punto di vista anatomico; è una integrità corporale che viene lesa solo col consenso della volontà al piacere carnale. Non ogni rottura dell’imene è segno di perdita della verginità. Se si pensasse che l’apertura del seno di Maria avrebbe offeso la sua perfezione, non si farebbe torto a Gesù? Nascendo in maniera normale, Cristo poteva degradare il senso materno che egli apriva? Non l’ha invece piuttosto santificato con il suo passaggio? Conviene richiamare il senso profondo della verginità: essa è consacrazione del cuore e del corpo al Signore; chiude il cuore agli affetti puramente umani per aprirlo a Dio; ha lo scopo di accogliere pienamente l’amore divino. In Maria, questa accoglienza si è fatta non solo nel cuore ma anche nel corpo al momento del concepimento miracoloso. Se lo scopo della verginità non è di chiudersi a tutto ma di aprirsi a Dio, l’apertura del seno materno per il passaggio di Dio stesso, non è il supremo coronamento della verginità corporale di Maria? Maria era vergine per aprirsi pienamente, nel suo cuore e nel suo corpo, a Dio”.


N.B. le frasi iniziali in "sottolineato" rappresentano mie sintesi di ciò che viene detto nelle citazioni degli autori, e non affermazioni degli stessi.

P.S. questa panoramica non pretende affatto di essere esaustiva...immagino che ci siano numerosi altri mariologi e teologi cattolici contemporanei che si sono pronunciati sull'argomento (penso soprattutto a Stefano DeFlores, o, immagino, anche Bruno Forte etc.). Mi sono limitato a riportare quel che ho "sotto mano".

P.P.S. scusa per la lunghezza del post, ma penso che la più onerosa lettura possa essere compensata da una maggiore chiarezza.
 
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Hard-Rain
view post Posted on 8/6/2008, 08:06     +1   -1




CITAZIONE
Per quanto poi riguarda le divergenze tra la versione Masoretica e dei LXX in genere, e circa il passo di Isaia, in particolare, forse potremmo trovarci semplicemente davanti a due distinte “tramandazioni” dei testi, da qui le divergenze in tanti punti (ma è solo una mia personalissima idea).
Assurda idea?

Può darsi, inoltre ci sarebbe da tenere conto delle polemiche tra cristiani ed ebrei, il testo masoretico è del V-VI secolo dopo Cristo, ci sono note polemiche tra alcuni padri della Chiesa e gli ebrei circa le traduzioni in greco di Aquila, Simmaco e Teodozione che, secondo questi padri, in alcuni casi erano state apportate in modo da spegnere sul nascere eventuali interpretazioni filo cristiane del testo biblico.

Detto questo, sono state postulate diverse recensioni sia della LXX che del testo biblico, come è normale in questi campi. Non si deve dimenticare però che la lettura 'almah ha dalla sua parte un testimone importantissimo quale il rotolo 1QIs a, conservatosi integralmente con tutti i capitoli del libro del profeta Isaia, questo rotolo è del II secolo avanti Cristo almeno, è precedente le polemiche con i cristiani ed è quindi molto autorevole, sia rispetto alle traduzioni cristiane che a quelle approntate dagli ebrei dopo il I secolo. Il testo di 1QIs a coincide, in questo caso, perfettamente con la lezione del testo masoretico.


 
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view post Posted on 8/6/2008, 09:17     +1   -1

Habitué

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Non ho intenzione di interrompere il dibattito di Hanna1, e JohannesW. tuttavia volevo chiedervi conferma o meno circa le citazioni patristiche sui nomi dei presunti fratelli e sorelle di Gesù, avuti evidentemete dopo la nascita di Gesù.
Inoltre l'ho letto, ma non ricordo dove, mi pare pure che fossero chiamati "sposini" . Subì poi una violenta persecuzione, tutto il ramo parentale diretto di Gesù sino alla estinzione.
Anche questo è un rimasuglio di una lettura fatta ...non mi ricordo proprio dove !
Se questo fosse attestato, se i passi del Vangelo da me citati nel post precedente fossero confermati anche dopo il vaglio di una forte analisi , forse potrebbero essere ridimensionate le questioni oggetto del tread.
Verissimo il discorso di Hard sui testi di Isaia ritrovati in Qumran, tuttavia mi preme sottolineare che la LXX è stata scritta comunque da Ebrei, che avevano la stessa cura e dedizione dei fratelli che curavano i testi ebraici.
Naturalmente potrebbe starci benissimo una manipolazione a posteriori.
Dimenticavo, per alcuni Ebrei Messianici, non esistono grosse difficoltà nel leggere il concetto di "vergine" nella parola "giovine" del masoretico.

Claudio
 
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Hannah1
view post Posted on 8/6/2008, 12:34     +1   -1




CITAZIONE
Non capisco invece cosa intendi dire quando affermi che, partendo dall'ebraico o dall'aramaico (o, semplicemente, limitandosi ad analizzare le varie occorrenze neotestamentarie del "non...finchè" - Gnilka, Luz e Davies-Allison non fanno infatti cenni a "semitismi") si metterebbero in discussione i vangeli.

Senza addentrarci troppo nella questione esegetica dei testi evangelici, basti dire che il famoso attributo Figlio di Dio che viene considerato in ambito cattolico, distintivo di Gesù e della sua natura divina, da parte degli ebrei (basta farsi un giro su forumbiblico per rendersene conto) assume tutt'un altro significato. Allora non si può ricorrere al modello ebraico in certi casi si e in certi casi no. Se si vuole salvaguardare l'integrità del messaggio evangelico, così come ci è stato tramandato, bisogna considerare che i vangeli sono stati scritti direttamente in greco. Altrimenti, come dicevo occore reinterpretaree mettere in discussione tutto o quasi.
Sul discorso dei teologi da te citati, ti risponderò con un po' più di calma, non essendo giusto liquidare la questione in maniera affrettata, specie per riguardo all'impegno e alla completezza che traspare dalle delle tue risposte.
 
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JohannesWeiss
view post Posted on 9/6/2008, 13:27     +1   -1




CITAZIONE (Hannah1 @ 8/6/2008, 13:34)
Senza addentrarci troppo nella questione esegetica dei testi evangelici, basti dire che il famoso attributo Figlio di Dio che viene considerato in ambito cattolico, distintivo di Gesù e della sua natura divina, da parte degli ebrei (basta farsi un giro su forumbiblico per rendersene conto) assume tutt'un altro significato. Allora non si può ricorrere al modello ebraico in certi casi si e in certi casi no. Se si vuole salvaguardare l'integrità del messaggio evangelico, così come ci è stato tramandato, bisogna considerare che i vangeli sono stati scritti direttamente in greco. Altrimenti, come dicevo occore reinterpretaree mettere in discussione tutto o quasi.
Sul discorso dei teologi da te citati, ti risponderò con un po' più di calma, non essendo giusto liquidare la questione in maniera affrettata, specie per riguardo all'impegno e alla completezza che traspare dalle delle tue risposte.

Il titolo "Figlio di Dio" è considerato come distintivo della natura divina di Gesù da parte della teologia dogmatica, ma nel Nuovo Testamento (nè nei vangeli nè in Paolo) non è affatto così: nel NT "Figlio di Dio" è caratterizzato da varie sfumature messianiche, escatologiche e soteriologiche, ma non designa qualcosa come una "natura divina" di Gesù, è cioè un titolo "funzionale", non ancora "ontologico". E la considerazione del valore che l'espressione poteva avere in ambito giudaico (dove poteva essere applicata agli angeli, a Israele, al Re - non però al Messia, tranne forse a Qumran - e al "giusto") è di fondamentale importanza per capire le radici e le peculiarità dell'uso neotestamentario, e se volessimo prescinderne, ci resterebbero tra le mani, come analogie per interpretarlo, soltanto gli assai meno appropriati esempi dell'uso imperiale (divi filius) o dell' "uomo divino" (theios aner).
Ma a prescindere dal titolo "Figlio di Dio", bisogna dire che il fatto che i vangeli siano scritti in greco e che nemmeno rappresentino traduzioni di precedenti vangeli aramaici, non basta a impedire che, in certi casi, sia necessario interrogarsi sul sostrato semitico di certe espressioni o di certi detti, dal momento che è precisamente in aramaico che il processo di tradizione è cominciato.
Per fare un esempio eclatante, quando ci si accosta all'espressione "Figlio dell'uomo" bisogna, nei limiti del possibile, cercare di capire quale senso e quale impiego potesse avere l'espressione nell'aramaico dell'epoca di Gesù; ed ecco allora i vari studiosi che sostengono che Figlio dell'uomo (bar enasha) non fosse altro che un'espressione generica o circonlocutoria (un essere umano, un uomo nella mia posizione, o, secondo Vermes, "io") con cui Gesù poteva indicare sè stesso, senza che ciò comportasse alcuna allusione al Figlio dell'uomo di Daniele.
Anche solo questo esempio, dovrebbe bastare a far capire come non sia possibile prescindere totalmente dalle considerazioni, per quanto ipotetiche, sul sostrato semitico delle tradizioni confluite nei nostri vangeli in greco.
Ad ogni modo, io non volevo fissare il discorso sul caratttere semitico dell'espressione "non...finché". E infatti ti ho già risposto che Gnilka, Luz e Davies-Allison affermano che tale espressione non implica affatto un cambio nell'azione o nello stato delle cose, senza fare alcun riferimento a semitismi di sorta, limitandosi anzi a far notare come questa non-implicazione di un cambio nell'azione o nello stato delle cose, sia evidente anche in altre ricorrenze del "non...finché" nel vangelo di Matteo.
Quando in Mt 10,23 leggiamo "Non finirete le città di Israele finché venga il figlio dell'uomo" non è lecito concludere che, una volta che il figlio dell'uomo sarà giunto, allora sì che i discepoli potranno finire le città di Israele. E, similmente, quando in Mt 16,28 leggiamo che "ci sono alcuni dei qui stanti che non gusteranno la morte finché vedranno il figlio dell'uomo che viene nel suo regno", non dobbiamo concludere che costoro moriranno non appena avranno assistito a tale venuta (prima o poi, certo, moriranno come tutti; ma il detto non vuole dire che essi moriranno a seguito della venuta del F.d.U., bensì che il regno del F.d.U. verrà così presto che almeno alcuni dei presenti non faranno in tempo a morire). E' chiaro quindi che, stando semplicemente al greco di Matteo, il "non...finché" non implica affatto un cambio d'azione o di stato conseguente al superamente del limite temporale indicato, e se non lo implica in questi detti, non si capisce perché dovrebbe implicarlo in Mt 1,25 (e infatti gli esegeti che ho citato negano chiaramente che esso lo implichi).

Edited by JohannesWeiss - 9/6/2008, 14:42
 
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ginaripippa
view post Posted on 11/6/2008, 11:26     +1   -1




Gentilissimi foristi

ho letto con interesse i vostri interventi (alcuni peraltro molto interessanti e documentati)

ho un'idea che porto avanti e vorrei condividere
(non ditemi di tutto se non la condividete,
ma ditemi piuttosto perché non è condivisibile)

nei confronti di Maria, oltre all'indifferenza di chi non crede, si possono avere varie posizioni (io ne intravedo 4 ma forse semplifico troppo)

1. posizioni cattoliche tradizionaliste che vedono Madonne dappertutto, sbavano davanti a statue sanguinanti, danno in escandescenza verso ogni sorta di icona ed hanno tentato di accoltellare perfino un papa ultracattolico (come Woitila);

2. posizioni cattoliche più equilibrate che distinguono tra adorazione a Dio e venerazione alla Madonna, rispettano le sante icone senza sbavare, limitandosi ad invocare Maria affinché preghi con noi e per noi (ho sentito dire da più di un cattolico che si prega Dio ma si invocano i santi e la Madonna);

3. posizioni protestanti liberali che tagliano corto con la devozione mariana, dicendo che la sostanza è il Cristo e che in Lui abbiamo tutto pienamente (Colossesi 2); Apparizioni e miracoli mariani sarebbero poi solo delle suggestioni;

4. posizioni protestanti fondamentaliste che sembrano accanirsi contro la mariologia (pazienza la mariolatria): Maria diventa così la "schiava di Geova", la "favorita" (non "favorita dalla grazia" come tradussero il Diodati ed il Luzzi, ma "favorita" e basta), il "bubbone cancerogeno maligno" della chiesa cattolica. Le apparizioni (a cui la Chiesa Cattolica non ha mai obbligato a credere neppure i cattolici, in quanto rivelazioni private) diventano opere sataniche e prodigi del maligno....

In verità riesco a comprendere bene le posizioni 2 e 3
Sulle posizioni 1 e 4 sono fortemente perplesso....


Ditemi se ed in cosa sbaglio

valeria
 
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JohannesWeiss
view post Posted on 11/6/2008, 14:38     +1   -1




Io sono sostanzialmente d'accordo.
Magari specificherei la posizione n. 2 come cattolico-ortodossa, piuttosto che solo cattolica.
Credo infine che esistano anche tentativi di valorizzazione positiva della mariologia in atto tra alcuni protestanti, ma non sono molto informato. Navigando su amazon mi sono ad es. imbattuto nel libro "Mary for evangelicals" http://www.amazon.com/Mary-Evangelicals-To...r/dp/083082569X
 
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Hard-Rain
view post Posted on 15/6/2008, 22:16     +1   -1




CITAZIONE
Sulle posizioni 1 e 4 sono fortemente perplesso....


Ditemi se ed in cosa sbaglio

valeria

Perplesso ... Valeria .... Boh!?!?! Chi ci capisce è bravo.

Saluti.
 
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ginaripippa
view post Posted on 3/7/2008, 21:05     +1   -1




Perplesso, sissignore proprio perplesso ....
e non perplessa.....


Non sono forse io domingo7?
(almeno secondo Frances....)



:2003001.gif:

valeria
 
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koan
view post Posted on 5/12/2010, 22:59     +1   -1




Prima di cominciare quello che vorrei dire... domanda: non è ancora stato/a bannato/a l'utente sopra il mio post ? ^_^

Su Maria e la Verginità pre-post parto, trovo sia il caso di fissare la seguente citazione biblica (quale che sia la sua interpretazione... si tratta in primis della Parola di DIO e di quanto DIO mostra come Segno della Sua Venuta):

"7,10 L'Eterno parlò di nuovo ad Achaz e gli disse: 11 «Chiedi per te un segno all'Eterno, il tuo DIO; chiedilo o nelle profondità o nelle altezze». 12 Ma Achaz rispose: «Io non chiederò nulla, non voglio tentare l'Eterno». 13 Allora Isaia disse: «Ascoltate ora, o casa di Davide! È forse poca cosa per voi lo stancare gli uomini, che volete stancare anche il mio DIO? 14 Perciò il Signore stesso vi darà un segno: Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio e gli porrà nome Emmanuele. 15 Egli mangerà panna e miele fino a quando sappia rigettare il male e scegliere il bene. 16 Ma prima che il fanciullo sappia rigettare il male e scegliere il bene, il paese che temi a motivo dei suoi due re sarà abbandonato."

Ascolti la Casa di Israele...

Questo figlio è il figlio della Promessa, della Liberazione e della Salvezza finali .. quello che è stato Scritto precedentemente, si è verificato profeticamente nel Tempo atteso della Venuta del Signore.
Come segue (in realtà i capitoli successivi sono tutti a seguito ..):

"8,5 L'Eterno mi parlò ancora e mi disse: 6 «Poiché questo popolo ha disprezzato le acque di Siloe che scorrono dolcemente e si rallegra a motivo di Retsin e del figlio di Remaliah, 7 perciò ecco, il Signore farà salire su di loro le acque del Fiume, possenti e copiose, cioè il re di Assiria e tutta la sua gloria; si eleverà sopra tutti i suoi canali e strariperà da tutte le sue sponde. 8 Passerà attraverso Giuda, strariperà e passerà oltre fino ad arrivare al collo, e le sue ali spiegate copriranno tutta l'estensione del tuo paese, o Emmanuele. 9 Associatevi pure tumultuosamente, o popoli, ma sarete frantumati; ascoltate, o voi tutti paesi lontani. Cingetevi pure, ma sarete frantumati; cingetevi pure, ma sarete frantumati. 10 Fate pure dei piani, ma saranno sventati. Proferite una parola, ma non si realizzerà, perché Dio è con noi». 11 Poiché così mi ha parlato l'Eterno con mano potente e mi ha avvertito di non camminare per la via di questo popolo, dicendo: 12 «Non chiamate congiura tutto ciò che questo popolo chiama congiura, non temete ciò che esso teme e non spaventatevi. 13 L'Eterno degli eserciti, lui dovete santificare. Sia lui il vostro timore, sia lui il vostro spavento». 14 Egli sarà un santuario, ma anche una pietra d'intoppo, una roccia d'inciampo per le due case d'Israele, un laccio e una trappola per gli abitanti di Gerusalemme. 15 Tra di loro molti inciamperanno, cadranno, saranno infranti, rimarranno nel laccio e saranno presi. 16 «Chiudi questa testimonianza, sigilla questa legge fra i miei discepoli». 17 Io aspetto l'Eterno, che nasconde la sua faccia alla casa di Giacobbe, e spero in lui. 18 Ecco, io e i figli che l'Eterno mi ha dato, siamo segni e presagi in Israele da parte dell'Eterno degli eserciti, che dimora sul monte Sion. 19 Se vi si dice: «Consultate i medium e i maghi, che sussurrano e bisbigliano», rispondete: «Non deve un popolo consultare il suo DIO? Deve forse rivolgersi ai morti per conto dei vivi?». 20 Attenetevi alla legge e alla testimonianza! Se un popolo non parla in questo modo, è perché in esso non c'è luce. 21 Si aggirerà per il paese affranto e affamato; e quando sarà affamato si irriterà e maledirà il suo re e il suo DIO. Volgerà lo sguardo in alto, 22 poi lo volgerà verso la terra, ed ecco calamità, tenebre, oscurità piena di angoscia, e sarà sospinto nelle più fitte tenebre.
23 Ma le tenebre non dureranno sempre su colei che ora è nell'angoscia. Come nei tempi passati egli ha coperto di obbrobrio il paese di Zabulon e il paese di Neftali, così in avvenire coprirà di gloria la terra vicina al mare, oltre il Giordano, la Galilea dei gentili.
9,1 Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano nel paese dell'ombra della morte, si è levata una luce. 2 Tu hai accresciuto la nazione, hai aumentato la loro gioia; essi gioiscono davanti a te come si gioisce alla mietitura, e come si giubila quando si divide il bottino. 3 Poiché tu hai spezzato il giogo che gravava su di lui, il bastone sulle sue spalle e la verga di chi l'opprimeva, come nel giorno di Madian. 4 Poiché ogni calzatura di guerriero nella mischia e ogni mantello rotolato nel sangue, sarà destinato ad essere arso e sarà esca del fuoco. 5 Poiché un bambino ci è nato, un figlio ci è stato dato. Sulle sue spalle riposerà l'impero, e sarà chiamato Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre eterno, Principe della pace. 6 Non ci sarà fine all'incremento del suo impero e pace sul trono di Davide e sul suo regno, per stabilirlo fermamente e rafforzarlo mediante il giudizio e la giustizia, ora e sempre. Questo farà lo zelo dell'Eterno degli eserciti.
"

A noi però interessa non solo quanto si è verificato ai Tempi del Cristo, ma la "giovane donna" e -in quanto tale- esattamente la "Vergine", il Segno cioè -non altri- che il Signore darà conclusivamente al Suo Popolo .. Che cosa è dispiegato nei versetti di cui sopra ?

"«Ascoltate ora, o casa di Davide!"

Si richiede, per tutto questo, prima di tutto: l'Ascolto.

Il Signore invita a porgere a LUI la seguente richiesta, intorno alla conoscenza del Segno che DIO stesso darà al Suo Popolo perché sia Salvato e Liberato dall'oppressore:

"«Chiedi per te un segno all'Eterno, il tuo DIO; chiedilo o nelle profondità o nelle altezze»."

La risposta invece è stata la seguente:

"«Io non chiederò nulla, non voglio tentare l'Eterno»"

Questa risposta è una risposta ipocrita, dal momento che è il Signore stesso a chiedere che gli sia posta tal questione, riguardo al Segno che evidentemente il Signore dovrà comunque dare. Questo Segno è dato dalla nascita -vedremo come ..- di un Figlio (più avanti nel discorso profetico condotto da Isaia), sulle cui spalle si poserà la Regalità divina... il quale sarà infatti chiamato: l'Emmanuele (DIO con noi).

Rain -ed altri- giustamente si poneva la domanda sulla non necessità che questo Figlio venisse al mondo da una donna che rimanesse anche vergine post-parto. Altri hanno invece rilevato il fatto che DIO può fare ciò che vuole, intorno alla compartecipazione della "giovane donna" stessa alla venuta del Figlio di DIO... ma che ciò non pregiudica affatto la Fede nel Figlio di DIO (per gli islamici, solo profeta, nonostante la nascita miracolosa... per tutti gli altri, invece, naturalmente divino in quanto nato dallo Spirito Santo).

Io mi trovo qui, per riflettere con tutti voi sulle questioni di Cristo .. come preparazione alla Sua Seconda Venuta... per schiudere gli occhi dalla loro cecità permamente e persistente.

La teologia aiuta ad aprire il foro, per crearne un altro più grande, senza fine... A che cosa servirebbe questo: ad approfondire i misteri della Verità ? chi scava, scava dentro di sé, non fuori... il dentro è uguale al Cuore, mentre la Mente si rapporta con il fuori; è il fuori però a dipendere dal dentro .. e non il contrario... mentre non è il fuori l'arrivo, ma il dentro. Il fuori serve solo ad indicare il dentro, ma chi ne fa uso senza possedere prima ancora il dentro, non arriverà mai dentro dal fuori. Io quindi possiedo il dentro e attraverso questo mostro il fuori... In questo consiste la distinzione tra annuncio e filosofia, tra Parola di DIO e teologia.

Qual è allora il ruolo di questa "giovane e vergine donna", Maria ?
La Vergine è Colei che dà/mostra il Segno di DIO, il quale è determinato dalla nascita del Figliol suo e Figlio di DIO. Maria è la Porta che apre a DIO l'accesso al mondo, un mondo che si è corrotto dai Tempi delle Origini, di Adamo ed Eva (i quali ultimi appartenevano alla terra, ma furono chiamati da DIO a prendere parte del Suo Disegno d'Amore, che si realizza alla fine in Cielo, con l'ingresso in Cielo .. e come in terra, così in Cielo).
La terra serve quindi a questo, per poter entrare nella Porta del Cielo .. che è il Cristo, il Figlio di DIO e figlio dell'Uomo (figlio d'Adamo, figlio della terra).

Era dunque Segno quello del concepimento verginale o era Segno quello del concepimento dallo Spirito Santo di DIO ?

Questa è la domanda che tutt'ora non ha trovato risposta... Qual è il soggetto e quale invece l'oggetto ?

Ora, due sono le questioni che derivano dalle questioni di sopra:

1) la nascita verginale, quale Segno di DIO per la venuta del Figlio Suo;

2) la nascità dallo Spirito Santo, quale Segno della presenza di DIO nel fanciullo nascituro, nato dalla "giovane donna".

Maria viene inviata dall'Arcangelo/Angelo Gabriele, presso la cugina Elisabetta, la quale si trovava avanti nell'età e non poteva aver figli a causa della sua sterilità eventualmente congenita.
Perché questo ? Maria si reca dalla cugina per verificare le parole dell'Angelo/Messaggero del Signore ?
Questo non è possibile in quanto ha creduto già prima di tutto questo... pertanto si crede che Maria sia andata unicamente a visitare ed assistere la cugina per il parto. Sembra invece -nel susseguirsi degli avvenimenti del Vangelo- che il bambino di Elisabetta, Giovanni, nasca dopo la partenza di Maria (da quanto scritto, non si evince infatti nulla di preciso ..). Maria, dopo circa tre mesi, fugge via per far ritorno dai suoi famigliari...

La domanda allora è:

in quale momento Maria riceve lo Spirito Santo in lei:

dal momento stesso dell'Annuncio dell'Angelo, o durante la permanenza presso Elisabetta, quando quest'ultima, alla vista della visita di Maria, la benedice sopra ogni altra benedizione, quale madre del Signore e Messia ?

Nel momento in cui l'Angelo porta l'Annuncio a Maria, non si compie alcuna discesa dello Spirito su Maria, ma le parole dell'Angelo costituiscono solo un preludio che richiede il solo Sì/Fiat di Maria... (certamente sarebbe stato, altrimenti, riportato e inserito nel brano).

Induco pertanto, con ciò, a riflettere su tutto questo...
Io dico: durante la permanenza presso Elisabetta, avente questo come scopo.

Passiamo ora alla risposta dei punti 1) e 2) ..
Qual è dunque il Segno che DIO darà ?

Una risposta, per cominciare, nasce spontanea... Gesù viene chiamato: figlio dell'Uomo. Perché non viene invece chiamato e chiama se stesso piuttosto "figlio della Donna" ? non è questa la profezia di Genesi, in cui è esattamente dalla Donna che nascerà la Discendenza e la Stirpe che distruggerà il regno satanico (incline al male) ?
Eppure Gesù definisce se stesso: figlio dell'uomo.
Qualcuno potrebbe obiettare che per "uomo" è da intendersi in tal caso come terminologia: l'umanità, la stessa natura umana.
Questa però non sarebbe una risposta corretta, in quanto per "Uomo" è da intendersi -biblicamente- "Adamo"; se così non fosse, allora Gesù sarebbe: mezzo Dio (da parte dello "Spirito Santo") e mezzo Uomo (da parte della "Donna"). Noi sappiamo invece che Gesù è il Figlio di DIO Padre, generato nello Spirito Santo, come anche Adamo stesso è nominato "figlio di DIO", tratto dalla terra...

Il mio punto di vista (lasciando alla riflessione), che vuol essere però -come deve essere- universale, è che la terra -promessa- è Maria, la Porta che Segna l'ingresso a DIO e al Figlio Suo, nel mondo... mentre Gesù è generato dallo Spirito Santo, parallelamente ad Adamo, nelle cui narici DIO soffiò (dopo averlo plasmato a Sua stessa Immagine e Somiglianza, impronta o ombra della Sua Sostanza), lo Spirito di Vita ..
 
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