| Il padre ‘de la Rue’ della Compagnia di Gesù, nel 1703 fu mandato in Linguadoca a seguito delle rivolte che si erano scatenate nella provincia e ivi predicò il seguente sermone (riprodotto anche in Migne e da me parzialmente tradotto). Un brano, trasudante antisemitismo, che ritengo particolarmente significativo per la comprensione non solo della problematica Galilei-Cristiani-Zeloti, ma anche delle cause che hanno portato alla nascita della religione cristiana. A patto, naturalmente, di leggere con gli occhi dello storico e non con quelli della fede, le parole del padre gesuita.
Si era diffusa allora, in tutto l’Oriente, un’idea senza dubbio inspirata dal Cielo, che fosse giunto il tempo in cui il Messia doveva comparire. I Giudei se lo figuravano come un Liberatore, i Pagani come un Conquistatore che doveva sottomettere tutto il mondo. Erode stesso aveva trovato degli adulatori così impudenti da incensare la sua vanità con i fumi di questo onore. Si osò persino prodigare lo stesso titolo all’imperatore Vespasiano, benché fosse un idolatra. Chiunque fosse così ardito da erigersi a Messia, a Profeta, a Fattore di Miracoli, a uomo inviato da Dio, trovò dei popoli interi disposti a crederlo e a seguirlo.
Strano avvenimento! Perché quello era il secolo in cui la verità doveva manifestarsi, in cui Dio aveva scelto di dare al mondo un Salvatore, per questo si videro in movimento tutte le Potenze delle tenebre e i popoli, infatuati dall’amore di libertà, si abbandonarono perdutamente a tutti quelli che la promettevano senza neppure osare dubitare della verità delle promesse.
Nello stesso periodo in cui Gesù veniva nel mondo per portarvi la salvezza, si elevò tra il popolo giudaico colui che doveva causarne la rovina intera: un Giuda, non colui che tradì il Figlio di Dio, ma un altro con lo stesso nome, che, a causa dello zelo forsennato per la libertà della sua Patria, la gettò nella schiavitù e ne fu lo sterminatore. Egli era di Galilea e il nome di Galilei, che fu dato a quelli della sua Setta, avrebbe dato luogo da allora di confondere i suoi discepoli con quelli di Gesù Cristo, che passava per Galileo; l’orrore che si ebbe per questo nome, fu il primo ostacolo allo stabilirsi della religione cristiana.
Un sentimento fanatico aveva afferrato lo spirito di questo maledetto Galileo, su queste parole della Legge : Tu temerai il Signore Dio tuo e non servirai che Lui. Queste parole così solenni che fino ad allora non avevano impedito al Popolo dei Giudei di obbedire ai Giudici e ai Re, fornirono a questo impostore un pretesto pubblico di rivolta e di indipendenza. Egli fece a tutti gli insensati che vollero ascoltarlo, un punto capitale della Religione di non rendere alle Potenze della terra alcun genere di sottomissione, di non pagare alcun tributo, di non dare a nessun mortale il nome di Maestro o di Signore, ancor meno i Cesari e ai Governatori Romani, poiché essi erano idolatri. Vi lascio immaginare quale progresso fece questa Setta sediziosa, armata di un’ordinanza della Legge, che pareva così esplicita, presso gli spiriti più focosi, che l’impazienza del giogo rendeva sempre disposti a scuoterli.
Qual confronto tra questi Galilei ribelli e i Galilei discepoli di Gesù Cristo! Umiltà, dolcezza, obbedienza ai Sovrani, fedeltà nel pagare i tributi, erano queste le lezioni e gli esempi del loro Maestro. Invano i Farisei, per esporlo all’indignazione delle Potenze gli chiesero se fosse permesso o meno pagare il tributo a Cesare. Egli disse loro che Dio e Cesare avevano diritti del tutto differenti, i quali, una giusta subordinazione, rendeva compatibili. Invano la popolazione, stupefatta per il miracolo della moltiplicazione dei pani e forse colpita da questo spirito di rivolta, allora così comune, volle proclamarlo Re; la sua fuga arrestò i loro tentativi e condannò la loro follia.
Ma malgrado le sue sagge risposte e gli esempi continui di sottomissione e di dipendenza che egli dava alla sua Nazione, il male aumentava tutti i giorni, gli incanti, le illusioni, i prestigi vi si mescolarono. Un nuovo visionario, raccogliendo presso di lui la popolazione intestardita, si fece credere Inviato da Dio, per ristabilire la gloria dei sacrifici. Egli pretendeva che Mosé aveva nascosto sul monte Garizim, un tesoro di vasi sacri e che occorreva andarvi a sacrificare a mano armata. Una grande moltitudine del popolo vi accorse, erano dei Samaritani secondo il resoconto di Giuseppe, dei Galilei, secondo San Luca: cioè a dire che essi erano Samaritani di Nazione e Galilei di Setta. Essi andarono verso la montagna ma là, sorpresi dalle truppe di Pilato, furono per la maggior parte massacrati e secondo l’espressione di San Luca, questo Governatore mescolò il loro sangue a quello dei loro sacrifici: Quorum sanguinem Pilatus miscuit cum sacrificiis eorum.
Questa triste avventura fu anche raccontata a Gesù Cristo e quale fu, miei fratelli, la riflessione che egli ne trasse? Riflessione degna di un Dio che, vedendo il fondo dei cuori e gli avvenimenti futuri, serviva all’istruzione e alla conversione degli uomini. Credete che quei Galilei, che vennero e furono così trattati, siano i più grandi peccatori tra i Galilei? No, vi dico, ma se non fate penitenza, voi perirete tutti allo stesso modo. Nisi poenitentiam habueritis, omnes similiter peribitis.
Queste parole che sottolineavano la sua pietà nei confronti di questi disgraziati che si erano lasciati sedurre, scusavano forse i loro errori, la loro credulità, la loro sedizione ? No, ma esse dichiaravano ancora più colpevoli coloro che li avevano sedotti, esse portavano una sentenza terribile contro tutta la Nazione, che questo Fanatismo nascente andava ad inviluppare nella sua rovina; esse esponevano questo massacro agli occhi dei Dottori della legge, come un’immagine ed un presagio sicuro di disgrazia che, trent’anni dopo, doveva colpire tutti i Giudei, se essi non avessero fatto penitenza: Nisi poenitentiam habueritis, omnes similiter peribitis.
Lo fecero dunque? Si pentirono? Al contrario, essi non badarono che ad accontentare il loro odio e la loro gelosia e lasciando ai Romani la cura di reprimere i Galilei sediziosi, essi applicarono tutte le loro attenzioni ad opprimere il giusto Galileo che predicava loro la penitenza. Essi cercarono tutti i mezzi, uno dei più maligni, fu di accusarlo di avere impedito che si pagasse il tributo a Cesare. Questa accusa, benché fosse completamente falsa e calunniosa, ebbe il suo effetto: essa intimidì il Giudice e l’Uomo Dio protettore e vendicatore dei diritti del Re, fu messo in croce come un ribelle.
E cosa accadde dunque ai Fanatici sediziosi? Il loro tempo verrà. Intanto Gesù Cristo, cinque o sei giorni prima della sua morte, prevedendo gli eccessi in cui questi emissari di Satana dovevano portare il loro furore e la rovina di Gerusalemme che ne sarebbe stato il seguito, gridò: Gerusalemme, Gerusalemme quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, riunirli e tu non hai voluto! Il tempo si avvicina in cui le vostre case e le vostre città saranno lasciate deserte! ... Se mai il Fanatismo dovette essere funesto alla Chiesa, non fu in questa rivoluzione del Trono e del Popolo Giudaico ? Essa era allora confusa, quantomeno nell’idea dei Pagani, con la Sinagoga dei Giudei.
I Romani e i loro Imperatori, facevano poca differenza tra l’una e l’altra Legge: noi passavamo tutti, Giudei e Cristiani, per adoratori di un solo Dio, per nemici degli Dei dell’Impero, essi guardavano i nostri miracoli come dei prestigi da incantatori, il credo dei nostri Martiri come la ferocia degli Zeloti: il nome stesso di Galilei, che essi ci davano per disprezzo, ispirava loro, nei nostri confronti, lo stesso orrore che per i Galilei ribelli, essi ci perseguitavano, infine, per gli stesse pretesti e con medesimo rigore.
Ma anche con il medesimo successo ? Tutto l’universo ne è testimone. Il Trono ed il Tempio dei Giudei, sconvolti dal Fanatismo, sono stati colpiti sotto le loro rovine senza essersi potuti più risollevare. Tutte le volte che essi hanno tentato uno sforzo per uscirne, hanno trovato il braccio degli Imperatori, o piuttosto quello di Dio, pronto a farli rientrare nella loro polvere. Cinquanta anni dopo la loro distruzione da parte di Tito, avendo voluto ancora una volta risollevarsi, sotto la guida di Barcocheba, che per Fanatismo scelse il suo nome, proclamandosi la stella di Giacobbe, promessa da Balaam per la liberazione dei Giudei, allora la loro rovina fu decisa da Adriano; più di centomila uomini furono ammazzati, più di mille villaggi demoliti. Adriano, confondendo l’innocente con il colpevole, volle estendere fino ai Cristiani l’odio che egli portava verso i Giudei. Egli fece quando in suo potere per sradicare i resti di questa odiosa Nazione, di levare persino le fondamenta dei loro castelli e dei loro luoghi; ma non fu in suo potere di scuotere la Chiesa di Cristo, di impedirle di stabilirsi nel cuore stesso di Roma e questo Dio Onnipotente che si serviva della mano dei Cesari per abolire la Religione dei Giudei, corrotta dal fanatismo, allo stesso tempo elevava con la sua mano la religione di Gesù Cristo sul Trono stesso dei Cesari e della Capitale del mondo idolatro e ne fece, suo malgrado, la Sede Perpetua dell’Impero della Fede.
Concludiamo dunque, miei cari Ascoltatori. Come terminò questo grande sforzo dell’inferno, questo progetto pernicioso di contraffare i miracoli degli Apostoli di Gesù Cristo e di screditare con l’impostura l’opera di Verità? Tutto questo non servì ad altro se non a liberare la Chiesa di Gesù Cristo dal più grande ostacolo che si opponeva alla sua installazione: questo ostacolo non era lo stato dei Giudei? Cosa fece Dio per annientarlo? Egli fece nascere il Fanatismo e questo Fanatismo, eccitato dal Demone per la rovina della Chiesa ebbe, per effetto divino, un effetto completamente opposto. Tanto è vero che il Fanatismo fu fatale solo ai nemici della Chiesa.
Quello che non era stato possibile ottenere con la Forza, fu ottenuto infine con l’Inganno.
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