| In onore e in memoria di Elazar Ben Avraham
Era una mattina ventosa con il cielo terso di Yerushalaim, del giugno 2008. Ritornavo in Israel dopo 19 anni ed avevo il cuore in frantumi per una grande perdita. L'appuntamento era a mezzogiorno all'ingresso dell'Hotel King Solomon. Quando l'amico che doveva venire a prendermi arrivò, non ebbi dubbi, malgrado lo avessi visto solo in foto: un gigante si avvicinava sorridente, con il suo viso buono, nascosta dalla flta barba, accompagnato da un ragazzino di 12 anni, dal viso tondo e con due enormi occhi scuri. Avraham ed io ci abbracciammo, inizio di una lunga ed intensa, fraterna amicizia, e mi presentò il terzo dei suoi otto figli: ELAZAR. Elazar era un ragazzo alto e snello e, tra tutti, era quello che amava accompagnare sempre suo padre in giro. Era inoltre quello che giò parlava italiano, imparato esclusivamente ascoltando i uoi genitori quando conversavano con gli ospiti o guardando in televisione i film di Totò. Un padre ama indistintamente tutti i figli, ognuno in modo intenso e ognuno per le sue qualità e i suoi difetti. Elazar era un ragazzo con la testa sulle spalle: primo della classe, con voti altissimi in tutte le materie, ma davvero fenomenale negli studi biblici. Era servizievole ed era, negli ultimi tempi "il responsabile" delle capre, anche se al momento della mungitura, gli seccava un po' lasciare la play station. Era il figlio modello che ogni padre desidererebbe ed infatti, essendo coetaneo di mio figlio, l'anno successivo volli portare Maurizio con me a Kiriat Arba, perché facessero amicizia affinché il mio, un po' ribelle e scapestrato, prendesse esempio da Elazar e dai suoi fratelli, per la semplicità della loro vita, dei loro giochi e dei loro sentimenti. Maurizio venne con me e si inserì immediatamente nel gruppo, stringendo però un rapporto più veloce con Elazar che aveva 13 anni anni come lui e aveva festeggiato il suo Bar Mitzva il mese prima. Fu una vacanza memorabile: gite nel deserto, al Mar Morto, a Massada, barbecue la sera nel campo o da amici, risate, battute, scambi di calcio al pallone, essendo mio figlio "l'esperto di scuola italiana", rispetto alla "scuola calcistica israeliana". Una vita semplce e bella, allegra e gioiosa, scandita dal ritmo della settimana che iniziava dopo lo Shabbat. Una famiglia serena, felice con poco, piena di amore e di valori, la famiglia fondata sulla Torah. Quest'anno Elazar aveva iniziato il liceo a tempo pieno, sempre con risultati straordinari, con l'intermezzo delle prime crisi adolescenziali, dei primi amori. Ritornava il venerdi per trascorrere a casa Shabbat, quando non andava invece a rendere visita agli anziani nonni in Samaria. Questo Shabbat, aveva accettato l'invito di un compagno di scuola e si trovava a passeggio per strada, quando mani assassine e feroci si sono abbattute su di lui. Era lontano da casa. Non starò a dilungarmi in dettagli inutili e privi di interesse. Ciò che resta è tanta tristezza, una malinconia che non si può descrivere. Chi lascia questa terra di Shabbat è uno Tzaddik. Elazar era uno Tzaddik che aveva appena compiuto tutte le mitzvot della Sukkà. Era uno Tzaddik, figlio di uno Tzaddik. Per l'Ebreo il nome ha un'importanza del tutto speciale, non è semplicemente casuale o imposto perché di moda o di suono gradevole o per tradizione familiare. Il nome dell'Ebreo è legato alla sua natura e al rapporto che avrà con la Torah. Elazar haCohen era il figlio di un grande Tzaddik, Aaron, Cohen hagadol del Popolo d'Israel, l'uomo che pur essendo maggiore di età rispetto a Moshè, era in secondo piano per la sua umiltà. Questa analogia e il senso di questo nome non necessitano di ulteriore commento. Questa mattina, quando ho parlato con Abramo e con sua moglie, ho capito che cosa è lo Taddik, l'uomo di fede. Non vi potevano essere parole giuste e adeguate per consolare i genitori per una sciagura così grande. Non ho udito una sola parola di odio contro i carnefici, non una parola fuori posto, ma solo "Divrè Torah", parole di Torah. Ora vi sono i sette giorni di lutto, nei quali la famiglia piange il suo figlio, si riunisce e si stringe nel proprio amore. Non dolore e tristezza per questo giovane Tzaddik, martire d'Israel che si unisce ai suoi Padri al cospetto di HaKadosh Baruch Hu, ma preghiera per lui e riflessione sull'insegnamento che questo ragazzo innocente e mite, dai grandi occhi scuri ha dato a chi lo ha conosciuto e lo ha amato. Preghiamo per Elazar ben Avraham ve Hannah
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