CITAZIONE
“Ma il principio di bivalenza (e di conseguenza, quello di non-contraddizione) si applica comunque, perchè negli elementi in cui è contenuta falsità non può essere contenuta allo stesso tempo verità e quelli in cui contiene verità non può contenere i suoi opposti di falsità”
Il problema, in campo ermeneutico, sorge proprio nella fase preliminare, cioè anche solo nel poter delimitare i confini di un concetto, o di un semantema, al fine di dire da cosa differisce, e a che cosa si oppone. Quando si dice ad esempio che “mente” si oppone a “corpo” tutto il discorso sulla falsità o verità di questa opposizione dipende dalla previa definizione dei due elementi. Ma la definizione di qualcosa in modo preciso, cioè la saturazione del campo semantico di un termine, potrebbe non appartenere alle possibilità del nostro linguaggio, in quanto una definizione qualsiasi apre a sua volta delle domande su cosa connotare semanticamente i termini che compongono questa definizione, e così via all’infinito.
Questo non vuol dire che tutte le cose sono vere allo stesso modo, vuol però dire che dobbiamo limitarci a considerare alcune cose più vere di altre, senza pretendere che nessuna definizione sia una verità assoluta ed esaustiva. Questa non è una dottrina per nulla nichista, ma anzi, rientra a pieno titolo nella teologia cattolica. Il IV Concilio Lateranense affermò infatti che tutti gli asserti umani, in quanto asserti mediati e tradotti in un linguaggio umano, sono più dissimili che simili alla realtà di Dio. (DS 806) Ciò deriva dalla teologia negativa dell’Areopagita. Ma che tutti gli asserti su Dio siano più dissimili che simili alla realtà, non toglie che alcuni asserti siano più dissimili di altri rispetto alla realtà di Dio, e sono questi che noi chiamiamo errore, mentre quelli meno dissimili li chiamiamo verità. La comprensione piena, come dice Paolo 1 Cor13, si avrà solo vedendo Dio faccia a faccia, cioè con una comprensione piena.
CITAZIONE
“A meno che tu non sia tu un sostenitore nichilista e relativista in cui nulla ha un valore oggettivo, ma tutto può essere vero o falso a seconda del punto di vista in cui lo si guardi, allora non ha nemmeno senso che ci mettiamo dire se traduzione X è giusta o sbagliata, perchè sarà sempre entrambe le cose a seconda della prospettiva con cui viene guardata, dunque sostanzialmente la tua argomentazione giustifica in sostanza qualsiasi resa e qualsiasi traduzione in quanto contenente sempre delle giustificanti di verità assieme a quelle di falsità.”
Veramente per dire che le cose cambiano a seconda del punto di vista non occorre essere relativisti, anzi, lo diceva già Aristotele. Il relativista non si limita ai punti di vista, ma afferma anche l’incomunicabilità e l’incommensurabilità tra i punti di vista diversi. Parlare di punti di vista diversi invece non è contro una teoria classica ed adeguativa della verità, perché l’ontologia realista prevede già che le cose siano diverse a seconda di come le guardi.
CITAZIONE
“1) Coloro che hanno tradotto Giacomo 5:4 hanno esplicitamente torto se i loro intenti di rendere Sabaoth fossero letterali
2) Ma gli intenti dei traduttori non è quello di rendere Sabaoth in maniera letterale perchè la loro è una traduzione è stata fatta con scopi liturgici, che dunque prescindono dalla letteralità traduttiva
3) Giustifichi e non dai esplicitamente torto chi rende con traduzioni dinamiche equivalenti, per il semplice fatto che è nei loro intenti stessi non voler essere letterali.
4) Ma dunque perchè allora i traduttori di Giacomo 5:4 hanno esplicitamente torto se il loro scopo non è quello di tradurre Sabaoth in maniera letterale? Questo non lo hai ancora spiegato. E' inutile dire infatti che una traduzione ha torto se traduce in maniera perfettamente coerente alla sua politica e le intenzioni.”
Quando ho detto che hanno torto, intendevo dire che hanno torto dal punto di vista di quella che per me è una traduzione, la quale non può approdare comunque a queste parafrasi. Non posso sapere cosa c’era nella mente del traduttore, e se provo a ricostruire il suo percorso mentale posso immaginare che egli volesse significare con quella rese “onnipotente” che l’immagina degli eserciti voglia significare la potenza di Dio e la sua capacità di giungere dove vuole per punire i malvagi. Gli eserciti sono cioè un segno della potenza di Dio.
Quello che posso dire è solo che io non avrei tradotto così perché non ne vedo la necessità, né per la liturgia, né per lo stile. Non serve per la liturgia perché hanno lasciato quell’espressione altrove, ed è impossibile che in tutti questi casi si tratti di brani esclusi dalla lettura in Chiesa. Non serve allo stile, perché l’espressione non suona legnosa in italiano. E’ evidentemente dunque che s’è trattata d’un operazione ermeneutica del traduttore, il quale ha interpretato questo eserciti come se stessero a significare l’onnipotenza di Dio, e così ha tradotto di conseguenza.
CITAZIONE
“Ma se nemmeno tu lo avresti tradotto in maniera fedelmente letterale, ma con una equivalenza dinamica (Universo), esattamente come ha fatto il traduttore ceiano di Gcm5:4, perchè ritieni che abbia torto una traduzione che rende sempre meglio di "Universo" l'idea dell'operare della giustizia di Dio, e cioè ciò che l'autore voleva appunto trasmettere nell'epistola?
“
Io ho detto che preferire “dell’Universo” a “Onnipotente”, perché le schiere di cui si parla dovrebbero essere le stelle e tutti gli altri esseri dell’universo. Questo significato che l’appellativo era andato assumendo già in epoca sapienziale non è incompatibile con un brano dove si parli di stragi e di punizioni divine, infatti l’idea per cui è stato scelto quest’appellativo potrebbe essere quella che siccome Dio controlla tutto l’universo, e cioè l’universo è come una schiera ai suoi ordini, allora il dio dell’universo che tutto controlla può mandare qualsiasi agente a punirti, da un branco di cavallette ad un angelo sterminatore, come nel racconto delle 10 piaghe d’Egitto.
Bisogna però vedere se il contesto è in grado di far capire che la traduzione “universo” vuole per l’appunto trasmettere che Dio può usare tutto l’universo per punire i malvagi. Io proponendo la traduzione “dell’Universo” ho fiducia nel fatto che il lettore capisca dal contesto che tutto questo “universo”, tutta questa potenza cosmica, Dio lo userà per punire i malvagi e premiare i giusti.
Comunque sia, stamattina ho scoperto sul numero di Famiglia Cristiana di questa settimana un articolo del card. Ravasi, che settimanalmente commenta un passo della Bibbia, e questa volta è toccato al Sal 84,4, che ha l’espressione YHWH seba’ôt: “Anche il passero trova una casa e la rondine il suo nido dove porre i suoi piccoli, presso i tuoi altari, Signore degli eserciti, mio re e mio Dio”. E così commenta l’epiteto:
“Non ci deve stupire che in un quadretto così intenso, amabile e spirituale entri un’invocazione apparentemente tanto forte e fin dura, “Signore degli eserciti”, in ebraico Yhwh seba’ôt. Questo, infatti, era il titolo divino tipico del santuario di Gerusalemme e la prima idea sottesa non era tanto quella delle armate ebraiche guidate dal generale supremo, quanto piuttosto quella cosmica dell’ “esercito” delle stelle e degli elementi naturali che obbediscono al loro Creatore. Nel libro del profeta Baruc si legge: “Le stelle brillano nelle loro postazioni di guardia e gioiscono. Il Signore le chiama ed esse rispondono: Eccoci!, sfavillanti di gioia in onore del loro Creatore”. (3,35-36) (Famiglia Cristiana, 28 agosto 2011, p. 135)Nulla di nuovo, ma mi sembrava il caso di proporre ai lettori del forum questo trafiletto perché il card. Ravasi come sempre scrive in un italiano impeccabile e con grande chiarezza.
CITAZIONE
“Perchè il discorso era partito con un'altra base, ovvero che non sia dottrinalmente rilevante che venga inteso in maniera simbolica o letterale un testo e che intenderlo in maniera simbolica o letterale può sconvolgere l'intero sistema di fede dell'individuo. Ora, eri tu quello che sostenevi che Gcm5:4 fosse un passo dottrinalmente irrilevante. Lo scopo del mio discorso era invece quello di sostenere proprio che Gcm5:4 è dottrinalmente rilevantissimo perchè a seconda di come viene tradotto, o annulla completamente l'idea di violenza per i sostenitori dell'intepretazione letterale (cioè la resa Universo), oppure conferma l'idea di violenza ai letteralisti nonostante i simbolisti siano liberi comunque di leggere come pare a loro il testo (Onnipotente/Eserciti).
”
Ma io ho già risposto che il passo è irrilevante perché nessuna traduzione può impedire un’interpretazione simbolica. Pure nella TNM si parla di “fiamme” che lambiscono il ricco epulone, e non è che siccome c’è la parola fiamme i TdG sono costretti a interpretarla alla lettera, esattamente come il fatto che si parli di giardino dell’Eden, di Adamo ed Eva, e di un albero, non impedisce all’esegesi cattolica di interpretare tutto allegoricamente. Nulla impedisce dunque, anche davanti alla traduzione “eserciti”, di demitizzarla.
CITAZIONE
“Dunque, "Alto" in questo caso sono gli esponenti della gerarchia cattolica, e cioè i preti, diaconi, vescovi, papi?”
Quello che sto dicendo è che non c’è nessun modo per identificare chi sia all’origine della manipolazione, se un singolo scriba, un prete, o un vescovo. Ora, se si tratta di singoli scribi, che hanno agito di loro iniziativa privata, è ben difficile parlare di opera manipolatoria della Chiesa che avrebbe cancellato qualcosa, come se quei singoli scribi fossero rappresentati della Chiesa intera!
Già più pertinente sarebbe la prova che una di queste manipolazioni siano state ordinate da qualche vescovo: in quel caso, se non “la Chiesa”, almeno uno dei suoi esponenti sarebbe reo di frode. Ma comunque, anche nel caso dell’opera di manipolazione di un singolo vescovo, viene da chiedersi che senso abbia attribuire la volontà di cancellare alla Chiesa intera, la quale invece amava le scritture e le conservava scrupolosamente. Quello che non voglio vedere è ciò un’indebita opera di generalizzazione, perché nessuno s’è messo d’accordo a livello sovranazionale per cancellare passi, organizzando assemblee per dare istruzioni sulla cancellazione di qualcosa di spiacevole. Non è cioè possibile attribuire manipolazioni direttamente, a meno di non conoscere lo scriba autore di un manoscritto, e anche in quel caso dovremmo sapere se è lui l’autore della contraffazione o copiava in buona fede qualcosa già precedentemente corrotto.
CITAZIONE
“Non credo, per il fatto che in altra sede, il Commentario di Matteo appunto, Origene ammette appunto ciò che dice Celso. Quel di cui non si ha prova casomai è quello di sostenere che Celso indicasse qualcosa di diverso dai vangeli caonici, esclusivamente perchè contraddetto da Origene.”
Il fatto che in altra sede Origene ammetta che alcuni scribi manipolavano i Vangeli, non ci dice nulla di quale sia il referente delle accuse di Celso. Sapere che alcuni ortodossi manipolavano la Bibbia perché mai dovrebbe essere la prova che qui Celso parla degli ortodossi e non degli eretici, coi loro pesanti rifacimenti dei Vangeli?
Se non si può capire dal solo testo celsiano a chi si rivolge, non si vede perché dovremmo ipotizzare che i referenti siano gli ortodossi fino a prova contraria. E perché mai dovrebbero essere gli ortodossi fino a prova contraria, visto che il testo non dice nulla? Similmente potrei replicare che per me, come per l’autore del commento a Celso della BUR, sono gli eretici, fino a prova contraria.
L’idea che siano gli eretici e non gli ortodossi comunque dipende da quello che Origene risponde sotto, dove ribadisce per l’appunto che furono Marcione e Valentino a modificare i Vangeli, ma non si può accomunare la Chiesa a loro. Dalla risposta di Origene l’editore della BUR è stato indotto a pensare che Celso parlasse degli gnostici, il che non è sicuro, ma è comunque un indizio più consistente della totale assenza di indizi che invece potrebbero far pensare ad un riferimenti ai vangeli canonici. Finché non si stabilire di chi parli questo passo, esso dovrebbe essere accantonato come inutilizzabile, perché ci descrive un “crimine” senza dirci chi ne sia il movente.
CITAZIONE
“Come ho dimostrato prima, Origene contraddice Celso pure quando gli dice che Gesù non è mai stato chiamato falegname, eppure lo sappiamo per i testi evangelici a noi pervenuti che si sbagliava. Quindi non si può accettare acriticamente che Celso si riferiva ad opere non canoniche solo perchè Origene lo suggeriva.”
E’ una cosa un po’ diversa. E’ possibile che Origene non si ricordi di un versetto di un Vangelo, e dunque il suo errore sia in buona fede, ma è ben più difficile che non sappia cosa dice il testo di Celso che sta commentando, e che dunque aveva sotto gli occhi.
CITAZIONE
“Secondo me non è cosi' disinformato, è a conoscenza perfino del fatto che il cristianesimo era una religione frammentaria con numerose correnti interne”
Questo lo sa persino la mia domestica, che pur non essendo mai uscita dalla parrocchia è a conoscenza dell’esistenza dei protestanti e dei TdG. Non occorre essere molto informati sul cristianesimo per sapere che oggi come ieri c’erano eretici.
CITAZIONE
“quando critica Gesù non vuole affatto dire che ciò che dice di lui è ciò che credono i cristiani a riguardo, ma espone appunto una sua tesi personale (avrà avuto le sue fonti) e non mi sembra ci voglia molto a capirlo.”
Questo non è necessariamente vero, perché non è che citi i Vangeli per poi distanziarsene, ma piuttosto si limita a dare la sua versione dei fatti. Non è possibile dunque dire se le informazioni che dà differiscono dai Vangeli perché egli vuole correggerli, o se differiscano dai Vangeli perché banalmente li conosce poco e male. Un caso emblematico è dove Celso è indeciso sul fatto che Gesù avesse 10 o 11 discepoli, quando invece è notorio che sono 12: “Gesù raccolse attorno a sé
dieci o undici uomini sciagurati, i peggiori dei pubblicani e dei marinai, e con loro se la svignava qua e là, vergognosamente e sordidamente raccattando provviste” (I, 62)
Come si vede non è che citi i Vangeli per contraddirli, semplicemente sembra non sapere di cosa parla, come se avesse ottenuto informazioni sul cristianesimo di seconda mano.
Questo non vuol dire che non conosca i libri del Nuovo Testamento, perché a volta cita dei riferimenti, ma nei casi in cui si distanzia dal NT sparando la sua boiata di turno sul Gesù storico non è ad un confronto confutativo col NT che si rifà, limitandosi semplicemente a riportare la sua versione dei fatti. A volte invece, quando cita gli episodi dei Vangeli, non vi contrappone una versione sua, ma si limita a dichiarali favole, come nel caso dei magi e della stella. Ma, anche in questo caso, non contrappone una sua versione alternativa. Quando ha una versione alternativa che a noi suona stonata non vuole correggere i Vangeli ma proprio citare sue voci di corridoio.
E’ comunque difficile stabilire esattamente in che misura conoscesse i libri del Nuovo Testamento, perché parlare di episodi del NT non implica che li abbia letti nel Nuovo Testamento, esattamente come per noi parlare di Dante e Virgilio all’inferno non implica la lettura della Commedia.
CITAZIONE
Ma il fatto che sia la Chiesa Ortodossa che quella Cattolica si siano sviluppate entrambe dalla chiesa apostolica, non implica necessariamente che abbiano sviluppato correttamente, ma anzi abbiano deviato dall'originale messaggio apostolico, e prova nè è il fatto che entrambe si accusino a vicenda proprio di questo.
Vorrei ricordare che, proprio per gli standard della Chiesa antica della cui correnti gli attuali testi del NT sono figli, ciò che rende la Chiesa riconoscibile nei secoli è la tradizione apostolica nella successione dei vescovi. Tale idea dei nostri Padri fa sì che, per gli standard stessi della Chiesa antica, la Chiesa di allora sussista in quella cattolica ed in quella ortodossa odierne.
E' evidente a chiunque non si accechi volutamente infatti l'abisso che separa queste due comunità rispetto a qualunque altra e rispetto sopratutto al cosiddetto protestantesimo. Mille anni di unione, dove s'era forgiata la base comune alle due chiese, non sono passati invano, al punto che molti membri di ambo queste comunità non credono affatto che questo scisma esista. E' importante sottolineare, comunque, che entrambe le chiese riconoscono la validità della successione apostolica degli altri, e la validità dei rispettivi sacramenti (il diritto canonico permette di prendere la comunione da un prete ortodosso, se quello cattolico non è disponibile). Una cosa del genere non è neppure ipotizzabile coi protestanti.
Se l'ecumenismo cogli ortodossi viene condotto in un certo modo è perché c'è la percezione che siamo la medesima Chiesa, che ha solo bisogno di capirsi e di riformulare alcune pratiche di gestione del potere, ma che comunque gode della medesima tradizione, quella tradizione che si potrà trovare nei Padri sia orientali che occidentali, e che scava un'abisso tra queste cattolici\ortodossi da una parte, ed eretici antichi e moderni dall'altra.
Che questo fatto non piaccia a tutti, è assodato, ma l'ecumenismo lo fanno nelle alte sfere, che sono assai più serene nei loro dibattiti delle partigianerie casalinghe spesso viste nei forum del web, ove troppo spesso viene offuscata l'unità della Chiesa agli occhi del mondo esterno.
Ad maiora