CITAZIONE (Hard-Rain @ 4/12/2011, 10:47)
Hai parlato delle due categorie (la prima: le prove storiche non possono portare alla fede; la seconda: l'assenza di prove storiche non può portare alla perdita della fede) ma manca la terza categoria, quella più scabrosa: come trattare il caso in cui prove storiche e/o scientifiche smentiscano in maniera inoppugnabile una o più verità di fede fondamentali?
Ma in che modo delle prove storiche o scientifiche potrebbero mai smentire inoppugnabilmente delle verità di fede fondamentali? Se anche, per assurdo, domani dovessero ritrovare e identificare come tali le ossa di Gesù, ci sono già oggi teologi (ad es. Andres Torres Queiruga, teologo cattolico, vedi il suo Ripensare la risurrezione, EDB) che sostengono che la risurrezione di Gesù, essendo un evento di ordine escatologico e trascendente, non deve essere interpretata come fenomeno empirico analogo agli altri del nostro mondo, e in quanto tale non implica affatto il sepolcro vuoto.
Come si può smentire e falsificare il kerygma che Dio ha esaltato Gesù alla sua destra? Che il Cristo costituisca la piena e definitiva rivelazione di Dio?
Confutando la sua esistenza? Se anche un giorno la scienza storica dovesse abbracciare questa conclusione (e non c'è bisogno di dire che stiamo facendo fantascienza), che cosa mai sarebbe se non un giudizio di probabilità?
La storia solo questo è capace di offrire, in un senso come nell'altro. Ma tra l'ordine del probabile e l'ordine dell'assoluto, c'è un salto infinito e incolmabile. Per quante prove si accumulino - vuoi per comprovare, vuoi per confutare -, non si è avanzati di un millimetro, e l' "orrendo e largo fossato" di Lessing rimane perfettamente tale e quale.
CITAZIONE
Ma che sarebbe se questa prospettiva si reggesse su una totale illusione e lo si venisse a sapere? Se l'uomo non è una creatura privilegiata da Dio (quindi amato da Dio), se non esiste alcuna vita dopo la morte e tutto si spegne in questa vita terrena, se Dio stesso non esistesse, che ne sarebbe? Avrebbe ancora senso illudersi di cose che non esistono?
Evidentemente ne sarebbe... il niente.
Ma il fatto di non potere escludere questa possibilità, dovrebbe davvero rendere meno sensato l'aver vissuto da cristiani (come da ebrei, da musulmani etc.)? Se non vi è nulla dopo, ciò che rimane è questo mondo. Ora, ha senso vivere e operare in questo mondo animati dall'ideale del regno di Dio? Ha senso qui e ora amare il prossimo e pregare per chi ci fa del male, piuttosto che ripagarli con la stessa moneta? Cambia qualcosa nella nostra visione del mondo e nella nostra vita, se crediamo che un crocifisso sia la piena e perfetta rivelazione di Dio?
In breve: la fede cristiana è capace di dischiudere prospettive di senso per la vita presente, oppure offre soltanto promesse di ricompense future che alienano dal presente?
Se si opta per la prima (come mi sento di fare), allora avrebbe senso essere cristiani anche se ogni cosa fosse votata al nulla.
CITAZIONE (Polymetis @ 4/12/2011, 10:53)
Io purtroppo non sono kierkegardiano, e penso anzi che l'idea di un totale salto nel buio della fede siano scadimenti del percorso filosofico occidentale. Preferisco la prospettiva di una fede che rimanga tale perché ragionevole ma non dimostrata, piuttosto che l'idea di dover assumere un assurdo. Kierkegaard questo non lo capiva, perché diceva esplicitamente che se qualcuno tenta di fare la propria fede una credenza "verosimile" tramite delle prove essa cesserebbe di essere fede. Ma questo non è vero.
Eh, ognuno filosofa come può. E tu puoi meglio di me (di Kierkegaard, non so).
CITAZIONE
Sicché. è vero che la storia non può dire niente sulla resurrezione, perché nessun testimone era nel sepolcro, ma si può legittimamente indagare sul problema se i discepoli della prima ora fossero o meno convinti che Cristo fosse apparso loro come risorto. Questo evento infatti non è successo in cielo, ma sulla terra, e dunque la sua plausibilità o meno rientra a pieno titolo nell'indagine storica.
Certamente. Nulla di meno... e nulla di più.