Studi sul Cristianesimo Primitivo

Sui limiti dell’apprendimento dell’ebraico moderno in vista di quello biblico.

« Older   Newer »
  Share  
Polymetis
view post Posted on 9/2/2012, 10:48 by: Polymetis     +1   -1
Avatar

Celebrità

Group:
Member
Posts:
1,826
Reputation:
+7

Status:


CITAZIONE
"Mi sembra di ricordare che molti ottimi studiosi tendano a soggiornare in Israele, e questo - di per sé - può essere un valido argomento per sostenere che la conoscenza dell'ebraico moderno sia un elemento importante per gli studi biblici in lingua ebraica. E' un dato che tuttavia devo verificare."

Non c'è alcun bisogno di verificare, è vero che molti passano in Israele per soggiorni di studio, e persino le università pontificie offrono la possibilità ai loro studenti di studiare qualche semestre in Israele, ma ciò non è necessariamente dovuto al fatto che studiare l'ebraico moderno sia necessario all'apprendimento dell'ebraico biblico. Infatti ci sono un altro mucchio di cose che un soggiorno in Israele può garantire, in primis la possibilità di fare escursioni archeologiche. Studiare la Bibbia e poter visitare i luoghi dove i fatti si sono svolti può contribuire grandemente alle proprie nozioni di geografia biblica.
C'è poi l'aspetto dell'apprendere una lingua straniera: in ebraico moderno si scrivono delle pubblicazioni, e dunque soggiornare in Israele non sarebbe diverso dal soggiornare in Germania, in Francia, o in Inghilterra per imparare le lingue locali. Non perché esse siano utili allo studio dell'ebraico biblico, ma perché sono lingue nelle quali sono scritte diverse pubblicazioni scientifiche sulla Bibbia. In realtà, non è che sapere l'ebraico moderno giovi a molto, la maggioranza della letteratura scientifica è in inglese perché scritta negli USA, e se qualcuno si sta chiedendo perché gli studi biblici stiano scadendo questo è uno dei motivi. Gli americani non hanno mai avuto una formazione classica decente, e sopratutto non dispongono di una lingua seria che permetta di esprimere pensieri lunghi (Proust non sarebbe mai potuto nascere inglese), al contrario quando le scienze bibliche erano in mano ai tedeschi si respirava un'aria di familiarità, perché chi si dava alle scienze bibliche veniva quasi sempre da una formazione ginnasiale all'insegna del greco e del latino, creando studiosi seri. Ora invece si scrive in inglese per colpa dell'egemonia commerciale degli USA, è uno dei casi dove la bravura dei filologi viene schiacciata dall'imperialismo economico.
Tornando all'ebraico moderno, il suo studio può essere utile per leggere qualche pubblicazione prodotta nelle Yeshivot ad opera dei tradizionalisti, perché le persone che lavorano invece in sedi accademiche scientifiche o scrivono in inglese, perché desiderano essere letti all'estero, oppure fanno tradurre le loro opere in inglese, come i vari Emanuel Tov e I. Finkelstein.

Comunque sia, ribadisco il concetto: non è possibile sostenere che per capire ciò che viene prima, sia necessario conoscere ciò che viene dopo.
Anche il latino s'è usato per secoli, e s'è pure parlato in diverse enclavi, ma non c'era più nessun madrelingua, era a tutti gli effetti una lingua morta. Vi si scrivevano opere di filosofia, di medicina, di matematica, di fisica, ecc., fino all'Ottocento in molte parti d'Europa era la lingua di lezione nelle università. Eppure, ciò non implica che il latino fosse una lingua viva, né il fatto che tutti scrivessero in latino per farsi capire la rendeva tale. E dunque, se qualcuno resuscitasse il latino come lingua viva di uno stato, creando dei nuovi madrelingua di neolatino, quella non sarebbe la lingua latina di Cicerone, bensì la comprensione della lingua di Cicerone che ebbero dei grammatici non madrelingua, e ho già spiegato perché accedere a dei testi non sia sufficiente per conoscere la lingua come la maneggerebbe un madrelingua. Ecco il motivo delle difficoltà e dei dubbi di cui parlava un premio nobel come Agnon, perché le lingue non più parlate, non hanno più in sé l'istintività, e subentra la grammatica che deriva dallo studio, mentre nessuno di noi ha dovuto studiare la grammatica italiana per parlare questa lingua.
Certo questo ipotetico neolatino di cui parlo potrebbe essere estremamente simile al latino di Cicerone, anzi, tanto simile quanto noi capiamo il latino di Cicerone, e sarebbe così perché gli autori di questa lingua si limiterebbero a riproporre la lingua di Cicerone così come la conoscono. Ma questa sarebbe solo un'illusione, perché l'uniformità che noi vedremmo non deriverebbe da una reale somiglianza col latino classico, bensì dal fatto che noi abbiamo modellato questo neolatino su ciò che capiamo del latino classico.
E così è ovvio che se il neolatino fosse costruito sulla base della comprensione del latino classico, esso ci sembrerà simile. Vorrei fare un esempio estremo, per trasmettere il concetto.
Immaginiamo la frase latina:
"Puella aram ornat" (La fanciulla orna l'altare). Ora, se anche i grammatici neolatino non capissero niente di questa frase, perché la loro tradizione sfasata l'ha interpretata come "la donna orna il tavolo", tuttavia, nel neolatino che creerebbero, "puella" vorrebbe dire "donna" anziché "fanciulla", e "ara" vorrebbe dire "tavolo" anziché "altare". E dunque i giovani madrelingua neolatini, figli del nuovo stato col latino resuscitato dai grammatici, avrebbero una lingua in cui "puella" e "ara" avrebbero un significato sfasato rispetto al latino classico. Ma la cosa tragica è che essi leggerebbero i testi del latino classico, dando alle frasi un significato che è perfettamente di senso compiuto perché lo slittamento semantico è stato poco, e tuttavia si ingannerebbero. Quindi, fuor di metafora, il fatto che chi parli ebraico moderno creda di capire in modo trasparente l'ebraico biblico, non è affatto sorprendente, visto che è sulla base di come i grammatici comprendevano l'ebraico antico che s'è costruito quello moderno. Il punto è che, se questi grammatici si ingannavano nella loro attribuzione dei significati alle parole antiche, la comprensione del testo biblico sarebbe illusoria, e dipenderebbe semplicemente dal fatto che questi parlanti dell'ebraico moderno leggendo la Bibbia si rispecchiano in uno specchio deformante costruito da loro stessi.
E dunque, se anche la lingua classica avesse sfumature che si sfuggono, noi vedremmo una somiglianza tra ebraico biblico e moderno solo perché prima c'è l'attribuzione arbitraria di significati al testo biblico, poi, siccome su quella base s'è creata la nuova lingua, è del tutto evidente che i suoi parlanti ritrovino nel testo biblico quei medesimi significati arbitrari che gli erano stati attribuiti. Ovviamente qui non sto dicendo che i significati attribuiti fossero campati per aria, ma solo che l'assenza di madrelingua ha prodotto inevitabili slittamenti di senso su campi semantici circonvicini.
Non so se sono riuscito a spiegarmi perché occorre un minimo di capacità filosofica per seguire quello che ho detto, ma solitamente mi riesce d'essere chiaro.
Riassumendo:
1)La persistenza di testi scritti in ebraico lungo i secoli, così come avvenne per il latino, non rende certo queste lingue meno morte, e sopratutto, la capacità di scrivere in una lingua, non ha nulla a che vedere col problema dell'esistenza di madrelingua. Anch'io so scrivere in inglese ed in francese, ma ciò non mi rende un madrelingua.
2)Il decadimento nella comprensione di una lingua sembra legato a doppio filo con l'esistenza di madrelingua, ma, a detta della logica, e della testimonianza di Agnon, non ne esistevano più.

Ad maiora
 
Top
19 replies since 8/2/2012, 16:26   1684 views
  Share