CITAZIONE
Il nome di Marco (usato in ambienti pagani: in realtà si chiamava Giovanni) ricorre più volte negli Atti degli apostoli, nelle lettere di Paolo e di Pietro.
Non ho motivo di non considerarlo autore del protovangelo. Mi fido di quanto disse Giustino, nei suoi Dialoghi, che chiamava questo vangelo con l'espressione "Memorie di Pietro".
È appurato dagli esegeti ch'egli non ha scritto il vangelo di getto, ma si è servito di vari materiali preesistenti, orali e scritti. Tuttavia egli non è un semplice compilatore, poiché è ben visibile l'impronta della sua personalità, tant'è che viene definito "interprete di Pietro" (è Papia, vescovo di Ierapoli, il primo ad attribuirgli la paternità del testo, il quale, a sua volta, aveva ricevuto la notizia dal presbitero Giovanni, vissuto nell'ambiente efesino nel 90-120).
L’unica volta che Marco è, in tutto il Nuovo Testamento, collegato a Pietro è nell’epistola dello stesso (1Pt 5.13), anche se devi considerare che (1) la lettera è pseudepigrafa e tarda, e (2) Marco (e varianti), a Roma (“Babilonia” in 1Pt), era un nome molto comune, quindi Dio solo sa chi fosse.
Di Giustino e di Papia non possiamo fidarci perché appartengono ad un’epoca ormai troppo tarda, e comunque le loro informazioni sono così ampie, generali (e in certi punti proprio sbagliate, per lo meno apparentemente) che (1) non siamo sicuri che loro intendessero quello che noi intendiamo, e (2) anche se lo intendessero, non potrebbero essere presi troppo sul serio. Al contrario, non abbiamo motivo di credere che Marco scrisse tale vangelo, siccome non c’è la sua firma, e Giustino, il primo che ci parla direttamente di queste “memorie di Pietro” (Papia è citato in modo indiretto da un autore successivo, quindi non si può sapere con certezza contesto, genuinità, ecc.), è del II secolo! Anzi, ancor di più! Le prime fonti che citano detti di Gesù ritrovati nei vari vangeli (come la Didaché; alcune citazioni le ritrovi anche in Paolo, ma lui è anteriore ai vangeli quindi non credo possa valere)
non li ascrivono ai quattro famosi evangelisti!*
Se proprio desideri sapere quello che gli “esegeti” hanno “appurato”, ti consiglio l’introduzione al vangelo di Marco che trovi in R. E. Brown - J. A. Fitzmyer - R. E. Murphy, edd.,
Nuovo Grande Commentario Biblico (Brescia: Queriniana, 2014, 3a ed.).
*Sui vari agrapha di Gesù negli scritti antichi, vd. M. Pesce,
Le parole dimenticate di Gesù (Milano: Mondadori, 2004).
CITAZIONE
La sua rottura con Paolo la attribuisco alla volontà troppo ellenistica che aveva costui di condurre la predicazione a favore del Cristo risorto, con cui si escludeva la liberazione della Palestina dai Romani. Per questo si sentiva più vicino a Pietro.
Ti chiedo, ancora una volta, di darmi fonti su queste “fratture” tra Marco e Pietro. Non supporre, come mi sembra di intuire, che il fatto che Marco non metta il “finale lungo” faccia supporre che lui non credesse nella resurrezione, che invece esplicitamente menziona (vd. Mc 9.31; 10.34; 16.6)! La resurrezione è cardine di tutti i cristianesimi antichi di cui siamo a conoscenza! A meno che non mi vengano date prove fondate e fonti primarie valide, mi spiace ma devo rigettare tutte queste come mere speculazioni fantasiose.
CITAZIONE
La riconciliazione tra Paolo e Marco avvenne infatti quando ormai era inutile sperare in una parusia a tempi brevi e quando la disfatta d'Israele era prossima. E non a caso la riconciliazione tra i due avvenne a Roma, dove egli poté riprendere i contatti anche con Pietro, e concludere il vangelo, il quale subì poi varie interpolazioni di matrice paolina, come il titolo, le pericopi del battesimo di Gesù, della trasfigurazione, la seconda finale ecc.
Alcuni esegeti hanno creduto di vedere la firma di Marco in quel giovanetto che, nell'orto degli Ulivi, mentre Gesù viene catturato, scappa via nudo, lasciando in mano alle guardie il lenzuolo che lo ricopriva. In tal caso avrebbe conosciuto Gesù da bambino.
Reitero quanto detto prima. Ho bisogno di fonti primarie che corroborino questa fitta serie di accordi e disaccordi.
CITAZIONE
Come puoi sostenere che “buona parte dell’entourage di Gesù si formò nei primi anni della sua predicazione, che avvenne in Galilea, quindi non mi sorprenderei se addirittura tutti i discepoli fossero stati galilei”?
Se fosse stato così, il IV vangelo non avrebbe scritto il contrario, e cioè che gli inizi della sua predicazione avvennero in Giudea, a contatto con l'ambiente battistico, da cui egli si staccò quando decise di fare l'epurazione del Tempio, che il Battista rifiutò.
Il primo luogo in cui Gesù “manifestò la sua gloria” e “fece il suo primo segno”, secondo Giovanni, è Cana
di Galilea (vd. Gv 2.11). Anche la seconda città menzionata nei viaggi di Gesù, Cafarnao (Gv 2.11), è in Galilea. Dopodiché, Gesù scende a Gerusalemme (Gv 2.13), ma è già evidente, sia da quello raccontato prima, sia da quanto narrato nel racconto stesso (come in Gv 2.17), che i discepoli erano già tutti presenti. E con altri in questo forum ti chiedo, come sai che il Battista si rifiutò di fare tale epurazione?
CITAZIONE
Gesù si rifugiò in Galilea dopo il fallimento dell'occupazione del Tempio, cui anche i farisei, pur ostili ai sadducei, non vollero partecipare, salvo poi scusarsi, con Nicodemo, di non averlo fatto.
Fu costretto a emigrare perché sicuramente l'avrebbero arrestato, anche se lì per lì non lo fecero in quanto rimasero spiazzati, non aspettandosi un atto così coraggioso.
Ho bisogno di fonti a corroborare questo.
CITAZIONE
Che Gesù fosse un giudeo e non un galileo se ne accorse subito anche la Samaritana, sentendolo parlare.
Non confondere “Giudeo” come “di religione ebraica” (e in tal senso, opposto alla religione samaritana) con “Giudeo” come “della regione della Giudea”.
CITAZIONE
Il vangelo marciano non sa quasi nulla del Battista, e quello che riporta non l'ha certo scritto Marco. Doveva per forza sostenere che la predicazione gesuana iniziò in Galilea. Persino la chiamata degli apostoli è tutta inventata.
Sto or ora scrivendo un articolo sui detti del Battista in Marco. Ancora non l’ho finito, se vuoi quando finisco te lo passo, ma comunque ti assicuro che quello che trovi in Marco è più antico di Marco stesso!
Come fai ad essere così sicuro che la chiamata degli apostoli sia “tutta inventata”?
CITAZIONE
L'accusa religiosa di cui parla Gv 10,33 non sarebbe mai stata sufficiente per condannare a morte qualcuno da parte di un qualunque procuratore romano. Anche un folle può dichiararsi “figlio di dio” e non per questo risultare politicamente pericoloso.
Bastava che Gesù fosse un motivo di discussione. Non stiamo parlando della condanna a morte di un cittadino romano, stiamo parlando della condanna a morte di un ebreo (gli ebrei non erano molto simpatici ai Romani) di una sperduta provincia dell’impero. Per parafrasare Ehrman, per il procuratore era solo un’altra pratica della giornata.
CITAZIONE
Per i Romani ci vorrà ancora un po' di tempo prima di capire che la negazione della qualifica “divina” all'imperatore, da parte dei cristiani di origine pagana, costitutiva un atto di slealtà politica che andava sanzionato. Finché lo facevano gli ebrei, così caratterizzati etnicamente, la cosa non risultava così fastidiosa o pericolosa, anche se di tanto in tanto venivano espulsi da Roma o fatti oggetto di pogrom. Gli ebrei erano odiati dai Romani non tanto perché negavano all'imperatore la qualifica divina, quanto perché si ribellavano continuamente, non meno dei Germani, anch'essi indifferenti ai titoli mistici del principe.
Perché i “cristiani di origine pagana”? Già al tempo di Paolo (che, tra l’altro, era ebreo) moltissime comunità sia in terra santa che fuori ascrivevano delle qualità divine a Gesù (vedi il saggio di Hurtado al riguardo). L’idea che la divinizzazione di Gesù sia pagana viene dai Testimoni di Geova.
Le motivazioni di persecuzione dei cristiani erano varie e su vari livelli. Alcuni li vedevano come le cause di disastri naturali (causati da dei irati di avere in quelle città gente che non li venerava), come dei capri espiatori (vd. Tacito,
Annales, 15.44), ecc. Le persecuzioni di vera e propria lesa maestà magari iniziarono quando divenne obbligatorio fare sacrifici o suppliche all’imperatore, verso il II secolo (e in questo ambito, trovi sia l’Epistola 10.96 di Plinio il Giovane, sia le testimonianze sui “lapsi” della Chiesa e su tutto quello che essi comportarono).
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In ogni caso i vangeli non possono essere presi così come sono. E' dai tempi di Reimarus che si fa differenza tra Gesù storico e Cristo teologico.
Ma infatti non sono io che li prendo ben troppo alla lettera.
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Quanto alla Sindone, mi sono andato a leggere molti testi pro e alcuni contro (quest'ultimi, d'altra parte, sono molto pochi) e ho tratto questa conclusione: quando Kasemann diceva che sono credibili i fatti di Gesù attestati almeno da due fonti letterarie tra loro indipendenti, dava un criterio che se applicato alla Sindone dovrebbe molto più facilmente indurci a credere che quello è un reperto autentico. Perché mai dovremmo avvalerci di dubbi e sospetti quando le occorrenze, i parallelismi, i riscontri sono così tanti?
Tutto quanto è accaduto all'uomo della Sindone (sevizie, morte, sepoltura) corrisponde a quanto descritto nei vangeli, anzi, vi è molto di più.
Le torture subite da Gesù non erano nulla di raro all’epoca. Ammesso e non concesso che la Sindone sia del I sec. d. C. e provenga dal Medio Oriente (concessioni già di per sé abbastanza larghe), concludere con questo che si tratti di Gesù è esageratamente fantasioso.
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E sinceramente mi è difficile credere nella tesi marciana (molto psicologica) secondo cui Gesù sarebbe stato liquidato per l'invidia dei sommi sacerdoti.
La citazione (che comunque è in Matteo, non Marco) era solo per dimostrare che la tua affermazione, secondo cui la purificazione del tempio è nei sinottici la causa della condanna di Gesù, è falsa.
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Sono persino arrivato alla conclusione che questa è l'unica fonte del N.T. a non essere stata manipolata.
Non essendo parte del Nuovo Testamento, non è una fonte del Nuovo Testamento.
Mi sembra d’altro canto che tu confonda una “manipolazione” con il semplice processo storico che qualsiasi testo antico subisce. Qualsiasi testo che abbia subito una storia almeno in minima parte simile a quella dei vangeli, come per esempio l’Odissea o, in un certo senso, le Storie di Erodoto, mostrerà gli stessi elementi di stratificazione e rielaborazione, per non parlare delle varianti filologiche di questi testi. Questo non li rende “manipolati”, ma solo antichi. E a meno che tu non possa dimostrare che qualcuno abbia malignamente ed intenzionalmente alterato il testo o le fonti dei vangeli per infilarci un’idea che sapeva essere una bugia, noi qui si parla di
evoluzioni della tradizione evangelica, non di “manipolazioni”.
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Naturalmente mi sono chiesto perché non sia stata usata come prova della resurrezione, visto che nessun discepolo poteva metterne in dubbio l'autenticità. Tutti i vangeli ne parlano, inclusi i tre apocrifi: Vangelo degli Ebrei, Atti di Pilato e Vangelo di Nicodemo.
Perdonami, ma se una tomba vuota non è sufficiente prova di una resurrezione, come può esserlo un lenzuolo bagnato di sangue?
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Nella resurrezione si può credere solo per fede, in quanto il corpo redivivo nessuno l'ha rivisto, come lascia capire Marco nella prima chiusa. I racconti di riapparizione sono tutti inventati.
Le testimonianze di apparizioni del risorto sono più antiche di Marco stesso (vd. al riguardo, per esempio, 1Cor 15.1—11, per non parlare delle evidenti tradizioni orali comuni a tutti i vangeli e chiaramente precedenti ad essi).