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| 1. Se Gesù è veramente (fisicamente) risorto, resta comunque sostenibile negare la sua natura divina?
2. E nel caso in cui non fosse più possibile, perché Gesù appare "fallibile" e chiuso nella mentalità (condannata dai Vangeli) dell'ebreo del suo tempo, come allorquando nega inizialmente alla donna siro-caldea di guarire la figlia, sostenendo di dover portare il pane prima ai figli (gli ebrei) che ai cagnolini (i pagani).
3. Da questa fallibilità di Gesù deriverebbe quindi una separazione netta (nestoriana?) tra la sua natura fisica e quella (eventuale) divina?
4. E deriverebbe anche una relativizzazione generale dell'insegnamento morale della Bibbia, giacché esso è sempre storicamente condizionato e impegna idee umane inquadrate in un determinato momento, non solo storico, ma anche in un determinato momento della vita (Gesù, di fronte alla risposta convincente della donna, cambia idea e si lascia convincere).
5. Ma questa relativizzazione dell'ispirazione divina della Bibbia può essere compatibile con la credenza nella risurrezione fisica? E come potrebbe esserlo?
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