Comincio il mio intervento con un paio di appunti a Weiss, andando a cercare il pelo nell'uovo nelle sue precisissime e puntali risposte..
QUOTE (JohannesWeiss @ 18/9/2013, 17:41)
conformemente al venerando principio dell’esegesi rabbinica:
two is megl che uan (
).
Qui Weiss è scivolato su un problema di vocalizzazione, probabilmente tradito da una scadente traduzione inglese: la
golden rule dell'esegesi rabbinica infatti recita "
tu is megl che uan"...
QUOTE (JohannesWeiss @ 19/9/2013, 04:54)
Vedo ora di rispondere brevissimamente a Bearshit
Qui invece Weiss applica un'involontaria storpiatura del nick, trasformando il solenne "Bereshit" di Genesi in un ambiguo "Bearshit" che non ha corrispondenti nella lingua ebraica.
QUOTE (Bereshit @ 22/9/2013, 10:59)
proprio oggi leggevo un testo di Papia di Gerapoli che avallava la mia ipotesi sul vangelo di Marco
In realtà il testo che hai letto è di Eusebio, il quale riporta Papia, il quale riporta qualcosa sentito da:
QUOTE
uno che avesse conosciuto i presbiteri
Siamo quindi di fronte ad una testimonianza di terza o quarta mano, che richiede come minimo un'ulteriore conferma - secondo l'antica legge per cui "tu uitnessis ar megl che uan" !!
Premesso che Papia è già di per sé considerato una fonte storica da prendere con le pinze (si pensi a quanto scrive riguardo al "Matteo ebraico" o alla leggenda sulla morte di Giuda), purtroppo la presenza di una chiara conferma da altre fonti esterne è assai difficile da stabilire, in quanto le testimonianze patristiche (come quelle di Ireneo, Eusebio e Gerolamo) dipendono da quella di Papia, mentre altre sono in conflitto su vari aspetti - ad es. sulla data di composizione (durante il ministero di Pietro o dopo la sua morte), sul luogo di composizione (Tertulliano e Clemente non menzionano Roma), mentre altri come Ippolito e Agostino menzionano Marco ma non dicono nulla né di Pietro né di Roma, mentre molti concordano nell'indicare Marco come una "copia loffia" di Matteo (e Luca).
Considerata quindi l'incertezza regnante a livello di tradizione, è importante considerare le cosiddette "evidenze interne" al Vangelo di Marco, che potrebbero confermare la testimonianza di Papia:
QUOTE
Marco, interprete di Pietro, scrisse con cura, ma senza ordine, tutto ciò che egli [Pietro] ricordava delle cose dette o fatte dal Signore.
Ecco, soffermandoci su questo punto, è evidente che il vangelo di Marco non ci appaia affatto come un resoconto disordinato di detti o fatti relativi a Gesù. Al contrario, c'è un'evidente lavoro redazionale di "taglia e incolla" per realizzare una narrazione ordinata e coerente, che conosciamo con il nome di Vangelo (e che fu presa a modello dai vangeli successivi, canonici e non).
Per di più, tale opera di "taglia e incolla" non sembra affatto applicata al resoconto di un'unica fonte (cioé di racconti tutti ascrivibili a Pietro) ma piuttosto a diverse tradizioni, che in taluni casi sembrano essere confluite addirittura due volte nel Vangelo (ecco quindi un caso di "doppioni" in Marco!): si pensi ad esempio all'episodio della "moltiplicazione dei pani" in Mc 6:30-44 e Mc 8:1-10 (su questo vedasi JP Meier,
A Marginal Jew vol. 2, pag. 965-966).
Quindi, anche ipotizzando che Papia abbia riportato in buona fede ciò che altri avevano sentito dire, il valore storico della sua affermazione è - ahimé - alquanto dubbio in riferimento al Vangelo di Marco. Per salvare capra e cavoli potremmo pensare che Papia riporti una tradizione relativa ad un altro "Marco" che nulla ha a che vedere con il nostro Vangelo né con il suo presunto autore. Ma ben difficilmente si può sostenere che il Vangelo di Marco riporti una tradizione orale direttamente ascrivibile a Pietro.
Ciao,
Talità