Studi sul Cristianesimo Primitivo

Terminologia delle aree liturgiche

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a_ntv
view post Posted on 19/11/2011, 11:17     +1   -1




CITAZIONE (igùmeno Andrea @ 18/11/2011, 17:53) 
La terminologia "rito bizantino" non è più valida. A Costantinopoli c'erano vari riti in uso.

Il termine "bizantino" non è un termine ottimale, migliore sarebbe dire "Rito di Costantinopoli". "Bizantino" deriva da "impero bizantino", che come sicuramente sai è un termine nato dopo la caduta di Costantinopoli, e mai utilizzato per sé dai bizantini, che chiamavano sé stessi semplicemente "Romani".

La presenza all'interno di un Rito liturgico di differenti varianti, ad esempio una liturgica cattedrale diversa da quella monastica o da quella parrocchiale, è cosa assai usuale: anche nel Rito Romano la liturgia papale è diversa da quella parrocchiale (specie prima del CVII), come alcuni ordini religiosi hanno la propria specifica liturgia delle Ore, e spesso anche la propria variazione della liturgia della Messa. Per non parlare dell'evoluzione del Rito nei secoli.

Ovvero il concetto di Rito è molto più ampio del semplice Typicon, o dell'insieme dei Typicon ammessi: secondo una definizione ragionevole esso è: "il patrimonio liturgico, teologico, spirituale e disciplinare che si esprime in un modo di vivere la fede che è proprio di ciascuna Chiesa" (e questa non è certo una definizione di Pio XII)

Costantinopoli era la capitale dell'Impero (bizantino), un impero retto da un Imperatore che aveva il titolo di "Vicario di Cristo" (sì, nel medioevo il papa non fece altro che voler usurpare tale titolo da chi lo legittimamente portava da secoli).
E come sempre è accaduto nella storia della Chiesa, la liturgia della Capitale, dove stava l'imperatore e il patriarca (che era poi un ministro dell'imperatore) veniva usata come riferimento dalla periferia dell'impero e nelle zone covertite dai bizantini: copiata ove possibile, ridotta ed adattata ove non era possibile copiarla. Il processo continuò anche dopo la caduta di Costantinopoli, quando il patriarca divenne il capo, anche civile, del 'millet' cristiano nell'impero ottomano.

Così l'impero esportò, talvolta anche con la violenza, la liturgia di Costantinopoli alle aree periferiche dell'impero: un caso classico sono i Melkiti di Antiochia, il cui rito nel primo millennio era praticamente identico al rito della Chiesa Siriana (Monofisita): quello che i latini fecero con i maroniti fu roba dilettantesca in confronto a quello che i bizantini fecero coi Melkiti (e con la chiesa di Gerusalemme, ecc): il rito siriano fu completamente estirpato, le ultime vestigie furono "normalizzate" coi libri liturgici importati da Costantinopoli alla fine del 16 secolo.
E lo stesso fu fatto a Gerusalemme, ad Alessandria, ecc..ti sei mai chiesto perché tuttora il Patriarca di Gerusalemme DEVE essere nato in Grecia? O pensa al terribile scisma dei "vecchi credenti" dovuto al rifiuto di uniformarsi alle ultime versioni dei libri liturgici importati da Costantinopoli.

PS: non parlare male del buon gesuita padre Fromage, una persona aperta, positiva e rispettosa, semmai preoccupato dai testi monoteliti (=eretici). La riforma del rito maronita fu decisa da un concilio di Maroniti del 1736, presieduto da padre Assemani, un maronita. E la riforma riguardò abusi e lasciò comunque una liturgia propria ed orientale, cosa del tutto diversa dalla completa omogenizzazione liturgica e culturale che i Costantinopolitani fecero verso i Melkiti pochi secoli prima (o vogliamo parlare di quello che successe in Georgia?). Poi se proprio devi fare qualche esempio di sostenitori della latinizzazione, non pensare poi ai gesuiti (che furono sempre abbastanza rispettosi), ma pensa immediatamente ai francescani !!!

Quanto alle mitrie latine, esse sicuramente hanno molta più storia delle recenti mitre bizantine, che fino al tardo medioevo erano il copricapo dell'imperatore, che poi i vescovi di Costantinopoli copiarono, e da lì si espansero a macchia d'olio in tutte le aree, anche periferiche, che si rifacevano al rito di Costantinopoli.


Edited by Teodoro Studita - 19/11/2011, 19:37
 
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view post Posted on 19/11/2011, 19:32     +1   -1
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Ho aperto questo thread su un problema tutt'altro che secondario.Gli studi liturgici, infatti, hanno conosciuto una visto sa accelerazione degli ultimi 50 anni tale da rimettere in discussione una terminologia che sembrava acquisita. Sono stati soprattutto i contributi della liturgia comparata (cf. A. Baumstark, Liturgie comparée. Principes et méthodes pour l’étude historique des liturgies chrétiennes. Troisième édition revue par Dom B. Botte O.S.B., Chevetogne - Paris 1953) a fornire le basi filologiche e storiche per tale rinnovamento degli studi.
Nel corso della discussione sugli azzimi sono emersi tali problemi terminologici, che invito gli interessati ad approfondire.
Il primo post di a_ntv è il commento a quanto scritto da p.Andrew:

CITAZIONE
Grosso modo, ciò che scrive a-ntv è giusto, ma è inquadrato da una visione dello studio della liturgia e da una ecclesiologia che sa dell'epoca di Pio XII (per il quale ho un grande rispetto). La terminologia "rito bizantino" non è più valida. A Costantinopoli c'erano vari riti in uso. La Grande Chiesa non celebrava secondo il "rito bizantino" ma secondo la asmatikê akolouthia, largamente descritta da Arranz e altri. Nello stesso tempo, il monastero di Stoudios (caro al nostro amico Teodoro) aveva i tipico studita, appunto, derivato ma diverso dal tipico sabaita (palestinese, molto legato con ma non identico con il rito agiopolita dell'Anastasis). Si osserva anche una diversità di provenienza e di carattere del rito eucaristico da una parte e dell'ufficiatura delle ore, dall'altra. Poi ci sono le inevitabili osmosi, che arricciscano e complicano il quadro.

Così, nella Chiesa copta, l'ufficiatura è monastico-egiziana (non tanto alessandrina perché è un rito puramente monastico del deserto e poco legato alla città di Alessandria). In seguito a massiccia influenza del rito palestino-costantinopolitano, il rito eucaristico è oggi largamente quest'ultimo, perché quella Chiesa celebra quasi sempre le Liturgie di Basilio e di Gregorio. Il vero rito alessandrino (più simile al rito romano per molte caratterisctiche dell'anafora) è rappresentato dalla Liturgia detta di Clemente o di San Marco, ma che si celebra raramente. Così la Chiesa copta d'Egitto combina 3 riti diversi: monastico egiziano, alessandrino e la versione egiziana di liturgie antiocheno-palestinese-costantinopolitane. Sarebbe dunque più chiaro parlare della tradizione liturgica della Chiesa copta.

"Rito caldeo" è un espressione uniata. Per evitare il ricordo sorprendente degli altari laterali con statue della Madonna del Rosario, messa letta celebrata verso il popolo e altre meraviglie che ho visto nella cattedrale uniata caldea di Aleppo e altrove, sarebbe meglio parlare del rito siro-orientale.

È molto difficile parlare del "rito maronita" oggi, dopo il genocidio culturale (così lo chiamano i maroniti) compiuto dal gesuita il R.P. Fromage, il quale, con il pretesto di fare un'edizione autentica del rito maronita ha preso tutti i vecchi manoscritti liturgici e poi li ha bruciati. Così i maroniti hanno adottato il canone della messa romana. Oggi, l'istituto di Kaslik cerca di ricreare l'antico rito maronita, ma hanno difficoltà di trovare fonti diretti. Con l'immensa latinizzazione che questa chiesa ha subita, rimane ben poco di una tradizione della montagna libanese, o più anticamente della campagna di Emesa (Homs). Anche a Kaslik, i vescovi portano mitrie latine e celebrano la messa faccia al popolo con ostie alla romana. Il rituale è più vicino alle creazioni di Annibale Bugnini che a una tradizione sira.

 
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a_ntv
view post Posted on 20/11/2011, 13:58     +1   -1




L'unica conquista della recente storiografia (vedasi il bel testo di Paul F. Bradshaw, Alle origini del culto cristiano: fonti e metodi per lo studio della liturgia dei primi secoli) è che nei primi tre secoli non possiamo parlare di "riti liturgici" in quanto ogni singola comunità aveva il proprio patrimonio liturgico, teologico, spirituale e disciplinare. A questo si aggiunge che il primi cristiani, come gli ebrei dell'epoca, erano molto refrattari a mettere preghiere per iscritto. Sempre secondo il Bradshaw è necessario rendersi conto che in realtà della liturgia originaria sappiamo veramente poco.

Le cose cambiano dal III secolo in poi, ed è possibile enunciare almeno quattro regole per lo sviluppo della liturgia cristiana:

1) esiste un processo di uniformazione dalla periferie verso il centro, ovvero della chiesetta sperduta che metteva da parte le propri tradizioni per uniformarsi alla liturgia del vescovo della capitale della diocesi, che a sua volta si uniformava alla capitale della provincia. Questo processo, si per sé naturale, è stato spesso anche imposto dall'alto, come nel caso in cui un vescovo diocesano scoprì che in una sua lontana chiesa si usava un vangelo apocrifo per le letture: ovviamente intervenne affinché fosse usato l'evangeliario della cattedrale.

2) poi abbiamo il fondamentale processo di addizione con cui si concretizzarono i notevoli interscambi liturgici tra varie provincie, e tra tradizioni lontane. Ovvero alcuni usi di altre provincie furono incorporate nelle propria liturgia semplicemente sommando il nuovo al vecchio uso, che veniva comunque mantenuto. Questo è l'unico motivo per cui tutte (o quasi) le liturgie cristiane hanno il Credo, il Sanctus, l'epiclesi ecc. E' un po' come quando trovi nella parrocchia sotto casa una bella Icona di fianco alla Madonnina li Lourdes: hanno recentemente scoperto quanto bella sia l'icona, e l'hanno semplicemente sommata al preesistente.

3) esiste poi un naturale processo di sviluppo interno di ogni liturgia, (alcuni direbbero di "incrostazione"), ovvero il processo per cui le preghiere devozionali o penitenziali del sacerdote e dei fedeli (tipo "Dio fammi degno di..") diventano parte normata della liturgia, così come l'allargarsi del perimetro della liturgia stessa, normando come liturgia atti che prima erano considerati come non liturgici (ad esempio la preparazione dei doni, il vestimento del sacerdote, il ringraziamento dopo la comunione). Sempre in questa categoria possiamo inserire il passaggio di usi e devozioni tipicamente monastiche nella liturgia non monastica.

4) infine ci furono momenti -peraltro rari ma importanti- in cui le novità teologiche furono inserite con scelta deliberata e "a freddo" nella liturgia. Questo è accaduto solo in caso di particolari momenti in cui le Chiese erano assai vive e mai in caso di Chiese chiuse in sé stesse o sulla difensiva.
Un esempio classico è la riforma post Concilio Vaticano II in occidente, oppure in oriente la riforma nel IV secolo quando grandi teologi come San Basilio (sì, pare che personalmente proprio lui) osarono riscrivere ex-novo l'intera anafora per utilizzare le nuove conquiste della teologia trinitaria appena uscita dai concili, sicuramente insoddisfatti teologicamente dei precedenti testi. Cito inoltre l'inserimento del Monoghenis nella liturgia di Costantinopoli o l'elevazione nella liturgia occidentale

PS: Ogni raggruppamento, qui il raggruppamento delle liturgie in famiglie liturgiche, richiede una scelta del criterio, scelta che ha sempre dei criteri di arbitrarietà.

Edited by a_ntv - 20/11/2011, 14:24
 
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igùmeno Andrea
view post Posted on 21/11/2011, 23:09     +1   -1




Un paio di osservazioni:

Bradshaw (non proprio recentissimo, ma più recente di Baumstark...) argomenta molto bene, ma sempre da fonti secondari perché pare che non conosca nessuna lingua straniera, neanche il greco! Poi, leggendolo, ho l'impressione che cerca sempre di spingere ad oltranza una posizione, per presentare una situazione meno unificata possibile nei primi secoli. Con le stesse fonti si potrebbe giungere a conclusioni diciamo più conservatori. Ma è un canonico della chiesa anglicana, e forse questo lo spinge a voler affermare la massima diversità.

La "bizantinizzazione" della Liturgia di Georgia non è stato un attacco da Costantinopoli, ma il frutto delle influenze successive da Gerusalemme, dove i monaci georgiani erano molto presenti già dal IV° secolo. Lentamente, le usanze liturgiche di Costantinopoli e di Gerusalemme si sono fuse, ma in questo processo è stato soprattutto Gerusalemme che ha schiacciato il rito di Costantinopoli. Così oggi abbiamo un Horologion quasi interamente palestinese, mentre il rito asmatikos di Costantinopoli è estinto.

Nelle mie ricerche sui manoscritti del primo milennio in lingua siriaca dei melkiti, non trovo una estirpazione del rito siro occidentale. Già al tempo di san Giovanni Crisostomo, intorno al 380, si aveva il rito siro in siriaco nelle campagne e il rito greco in greco nella città di Antiochia. Vedi le osservazioni di san Giovanni Crisostomo nella 8° catechesi battesimale. Troviamo ancora nel 9° secolo la liturgia greca di Antiochia, diciamo le liturgie di Basilio e di Crisostomo, in siriaco, ma quando la gente della città non parlava più il siriaco, i manoscritti sono in arabo. Ci sono molti usi particolari, comunque. Sto attualmente lavorando sul Horologio di Sin Ar 232 (13° secolo) che dimostra influenze siriache e copte: ci sono molti santi egiziani con nomi manifestamente copti. Qualche estratto dalle mie note:
"in this holy hour by the crucifixion [şalbût – Syriacism] your only Son Jesus Christ our Lord and the Saviour of our souls, by whom you annihilated every power of the enemy,"
The Arabic has evident influence from the Cairo dialect, confirmed by the lists of Egyptian (even Coptic) saints. The hamza is completely absent. Also many grammatical errors. Not only are there no vowels, very often the diacritical points are absent too, making it quite a guessing game. Often the diacritical points are scattered in such a way that is it difficult to see where they belong. Even if they are present, the dialectal influence often transforms th into t, and emphatic d is often confused with emphatic dh. Syriac influence is seen in “Martmaryam” and Mary [sic] as a title before the names of saints.
"And he says O father of the saints Antonios and Makarios
286v and Makarios [sic] and Pachomios and Tadros and Arsenios intercede for us that we may be delivered from the straits... Kai nyn. O Mother of God, draw us under the protection of..."
"296r O all the martyrs Mary George (Girgis) and Mary Tadros and Mercurios and Baqtaromios and Sergios and Pakhomios and Dimitrios and Abrakotios and all the martyrs intercede for us sinners; O our fathers, saints Athanasios and Kirillos and Basilios and Ghrighorios and John the mouth of gold, and Niqolaos and all the saints, intercede for us sinners; O our father Mary Antonios and Bakhomios [Pachomios] and Tadros and Mary Symeon and
396v Symeon and Mary Arsenios and Saba and all the saints intercede for us sinners"
"by the grace and the mercy of your only Son and by the gift of the Holy Spirit and by the prayers of our Lady Martmaryam Mother of the God and the Lover of mankind and all the saints and the just..."
Questi estratti, che non figurano nel Horologion greco, dimonstrano la libertà nelle tradizioni liturgiche ortodosse dell'epoca.

Il Monogenês era il troparion (in georgiano okhitay) di domenica mattina di Pasqua a Gerusalemme. Piacque a Giustiniano, che lo ha fatto incorporare all'inizio della Liturgia eucaristica e quando il sistema delle tre antifone era generalizzato alcuni secoli più tardi, divenne perissê della seconda antifona. Quindi, influenza di Gerusalemme su Costantinopoli.

Il recente libro di Gabriele Winkler, che analizza tutte le versioni dell'anafora di Basilio (greca, siriaca, 2 versioni armene, greca di egitto, etiopica...) dimostra che l'anafora non può essere stata scritta da Basilio, ma è di origine dell'ambiente antiocheno, non cappadoce. Gabriele Winkler, Die Basilius-Anafora, Edition der beiden armenischen Redaktionen und der relevanten Fragmente, Übersetzung und Zusammenschau aller Versionen im Licht der orientalischen Überlieferungen, Roma PIO, 2005, Anaphorae Orientale 2, Anaphorae Armeniacae 2 LX+901 pagine.

Sono pienamente d'accordo con la critica dell'oppressione assurda dei Vecchi Credenti. Tuttavia, la persecuzione non proveniva da Costantinopoli ma dall'uso dei loro libri, recentemente pubblicati a Venezia per la prima volta e l'incompetenza liturgica e storica del patriarca megalomane Nicone e dello stato.

Come anche ad Antiochia, così fu anche ad Alessandria. La città parlava greco ed era molto più aperta ad influenze proveniente dal mondo greco, come per esempio l'antichissia versione egiziana di Basilio che rapidamente soppiantò il rito eucaristico alessandrino dagli ortodossi melkiti e dagli ortodossi copti. Nei monasteri e nella campagna continuava il rito copto, con l'Agpeya ecc. Ci sono stato orribili persecuzioni perpetrati dai melkiti 'con il braccio secolare dell'imperatore) contro i "monofisiti" e risposte ugualmente sanguinose da questi ultimi, ma non era per imporre un rito, bensì per insistere sulla loro formulazione della dottrina cristologica. C'era poi anche la volontà dell'imperatore di avere tutti sotto la sua autorità, ovviamente. Ma in tutto questo non c'era mai lo spettacolo davvero ridicolo degli "orientali cattolici" con i loro riti ibridi, latinizzati, che fanno ridere e piangere contemporaneamente. Purtroppo, la situazione liturgica di costoro rispecchia anche la loro devastata situazione teologica, spirituale, monastica e canonica. Mi è difficile capire il raffronto della liturgia post-nicena con quella dopo Vaticano II e il sunami che ha spazzato via tutta la tradizione pur fossilizzata nella chiesa in occidente. "Riformare il rito latino è come voler riscaldare un cadavere": Robert Taft S.J.

Si, i titoli "bizantini" sono davvero esaggerati! "Vicario di Cristo" per l'imperatore, "Sua Divina Tutta-Santità il Patriarca Ecumenico", poi il "Papa e Patriarca di Alessandria, tredicesimo dei dodici Apostoli e Giudice dell'Universo" (!). Ma nessuno li ha mai presi alla lettera. Non abbiamo avuto Vaticano I con Pastor aeternus. Doxa tw Thew.
 
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a_ntv
view post Posted on 23/11/2011, 19:30     +1   -1




CITAZIONE (igùmeno Andrea @ 21/11/2011, 23:09) 
Bradshaw (non proprio recentissimo, ma più recente di Baumstark...) argomenta molto bene, ma sempre da fonti secondari perché pare che non conosca nessuna lingua straniera, neanche il greco!

Quando non sei in accordo con un autore rinomato (vedi il profilo wiki su P.Bradshaw ), la cosa migliore non è denigrarlo a livello di persona ma sostenere la propria tesi con riferimenti (se si trovano) da altri moderni scolari con curriculum simile.

Comunque la tesi di Bradshaw, ovvero che prima del III secolo quello che regnava era una varietà di usi non riconducibili ad alcuna famiglia liturgica, la si trova anche in altri moderni autori.
Ad esempio Jasper e Cumming nel loro "Prayers of the Eucharist, early and reformed" scrivono che "Until fairly recently, scholars attempted to trace all extant eucharistic prayers back to one original, but for the last fifty years the evidence has been read as showing that an original variety was gradually reduced to uniformity" (introduzione, pag 5)
Oppure puoi consultare i testi del Prof Enrico Mazza (anche se proprio non li adoro)

CITAZIONE (igùmeno Andrea @ 21/11/2011, 23:09) 
Nelle mie ricerche sui manoscritti del primo milennio in lingua siriaca dei melkiti, non trovo una estirpazione del rito siro occidentale. Già al tempo di san Giovanni Crisostomo, intorno al 380, si aveva il rito siro in siriaco nelle campagne e il rito greco in greco nella città di Antiochia. Vedi le osservazioni di san Giovanni Crisostomo nella 8° catechesi battesimale. Troviamo ancora nel 9° secolo la liturgia greca di Antiochia….

Ma non stiamo parlando del 4º secolo e neppure del 9º. La bizantinizzazione (=l’adeguamento al rito in uso in Costantinopoli) del Patriarcato di Antiochia avviene a partire dalla conquista della Siria settentrionale da parte di Nicofero II Foca (metà del 10º secolo): di seguito quanto dice persino un testo generale quale il Ferrari (isbn 9788873132004) (che però cita il Nashallah, quindi è affidabile) troviamo a pag 111:
"La conquista del 969 permise a Bisanzio di introdurre nella Chiesa di Antiochia i suoi costumi e di estendervi la sua autorità: apporto di coloni, ripristino della lingua greca, sostituzione del patriarcato indigeno con uno greco, adozione del rito bizantino prima nella liturgia e poi nel diritto: infatti per Bisanzio assimilare Antiochia significava assimilare e dominare il suo patriarcato"

Parecchi dettagli sui libri liturgici medioevali li trovi ad esempio nel datatissimo ma classico testo del Charon “History of the Melikte Patriarchates vol III tomo I” (circa 250 pagine sono dedicate alla storia della liturgia melkita), che intitola così due paragrafi del primo capitolo (il testo originale è in francese, ma ho comprato la traduzione inglese del 2000):
"The rite of Antioch in the Orthodox (Melkite) Church: Progressive Byzantinization" e
"Final suppression in the beginning of the Thirteen Century and Replacement by the Liturgy of Constantinople"

Anche ipotizzando una continuità fin dalle origini nella chiesa Melkita di una tradizione siriaca delle campagne e una greca riservata a pochi cittadini, c'è comunque evidenza da manoscritti in greco che la liturgia fino al 13 secolo era, anche se in greco, ben differente da quella di Costantinopoli. E rimane il fatto che ogni traccia non-costantipoleana fu epurata, forzando anche la maggioranza siriaca/araba a lasciare le loro antiche tradizioni locali per quelle della capitale dell'Impero.

CITAZIONE (igùmeno Andrea @ 21/11/2011, 23:09) 
Questi estratti, che non figurano nel Horologion greco, dimostrano la libertà nelle tradizioni liturgiche ortodosse dell'epoca

La “costantinopolizzazione” del rito melkita inizia come già detto con la conquista di Aleppo nel X secolo e ma si conclude nel 13º secolo, con le ultime vestigie che furono epurate però solo nel 17 secolo.
Comunque Teodoro Balsamo (non uno qualunque) sosteneva che coloro che sono veramente ignoranti della lingua greca potevano celebrare nel loro linguaggio, purché avessero versioni delle preghiere conformi all'originale, estratto dai kontakia scritti in caratteri greci.

CITAZIONE (igùmeno Andrea @ 21/11/2011, 23:09) 
Il recente libro di Gabriele Winkler, che analizza tutte le versioni dell'anafora di Basilio (greca, siriaca, 2 versioni armene, greca di egitto, etiopica...) dimostra che l'anafora non può essere stata scritta da Basilio, ma è di origine dell'ambiente antiocheno, non cappadoce.

Gabriele Winkler è un’autrice di tutto rispetto, ma spesso le sue tesi non sono accolte dal consenso degli studiosi. Il mio punto comunque non era chi è l’autore, ma che nel IV secolo l’anafora di Basilio fu riscritta tenendo conto dei nuovi mezzi teologici (ad esempio la dottrina esplicita sulla Spirito Santo). Come a dire, l’importanza della Messa di Paolo VI è che essa è un esempio di sviluppo “a salto” della liturgia, non che fu scritta personalmente o no da Paolo VI. Quanto alla differenza tra antiocheno e cappadoce, ci torno con un post successivo, ma basta intenderci sui termini.

CITAZIONE (igùmeno Andrea @ 21/11/2011, 23:09) 
Il Monogenês era il troparion (in georgiano okhitay) di domenica mattina di Pasqua a Gerusalemme. Piacque a Giustiniano, che lo ha fatto incorporare all'inizio della Liturgia eucaristica e quando il sistema delle tre antifone era generalizzato alcuni secoli più tardi, divenne perissê della seconda antifona.

La decisione personale di Giustiniano, che rese obbligatorio ogni domenica un inno cantato una sola volta all’anno, è proprio un esempio di sviluppo della liturgia per mezzo di variazioni liturgiche per scelta singola deliberata (nel caso specifico, Giustiniano cercava di smussare l’opposizione Calcedoniani-Monofisiti cercando un testo accettabile ad entrambi –c’è chi perfino attribuisce la composizione di tale inno a Severo d’Antiochia-, operazione politico-religiosa del tutto analoga alla condanna dei Tre-Capitoli). Nel merito poi mentre è sicuro che il Monogenês fu introdotto da Giustiniano, la sua posizione nel passato è più dubbia, probabilmente seguiva il salmo 94 nell'originale ingresso domenicale, in quanto come sai l’attuale sistemazione delle ectenie iniziali e delle antifone è relativamente recente.

CITAZIONE (igùmeno Andrea @ 21/11/2011, 23:09) 
Si, i titoli "bizantini" sono davvero esagerati! "Vicario di Cristo" per l'imperatore, "Sua Divina Tutta-Santità il Patriarca Ecumenico", poi il "Papa e Patriarca di Alessandria, tredicesimo dei dodici Apostoli e Giudice dell'Universo" (!). Ma nessuno li ha mai presi alla lettera. Non abbiamo avuto Vaticano I con Pastor aeternus.

Ma.. i bizantini davanti all’imperatore si prostravano fino a terra, e la loro concezione era esplicitamente Un mondo – Un Impero/atore – Una Chiesa.
PS penso che gli unici che prendano alla lettera i titoli cattolici sul papa siano solo gli ortodossi :)

Edited by a_ntv - 23/11/2011, 21:36
 
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igùmeno Andrea
view post Posted on 23/11/2011, 22:06     +1   -1




Non denigro Bradshaw, ho detto che argomenta molto bene. Per quanto riguarda le sue (non) conoscenze linguistiche, citavo una mail recente da Gabriele Winkler. Secondo noi, la conoscenza delle lingue di base è essenziale per uno studio serio. Rispetto moltissimo l'erudito prof. Mazza, con il quale ho avuto molte piacevoli conversazioni.

Per quanto riguarda la non esistenza di "riti" geografici ben precisi nei primi 3 secoli, siamo pienamente d'accordo. Questi riti, o meglio, tradizioni locali o regionali, si sono sviluppati attorno a chiese patriarcali importanti oppure grandi monasteri, per quanto riguarda il "rito" della Chiesa Ortodossa di oggi, i poli più importanti sono stato la Chiesa dell'Anastasis, la Lavra di Mar Saba, la cattedrale di Antiochia, poi, più tardi, la Grande Chiesa di Cristo e il Monastero di Stoudios.

Strano, credevo che il X° secolo si trovasse nel 1° millenio. Credo che il titolo di Charon dica molto: "progressive Byzantinization". È stato essenzialmente una osmosi attraverso i secoli. Quando finalmente il rito dei Melkiti ("quelli dell'Imperatore") divenne completamente uguale a quello di Costantinopoli, il rito di Costantinopoli era diventato completamente colonizzato dal rito palestinese e antiocheno. Quindi era piuttosto un "home from home". Come in qualunque situazione umana, il più grande tende a dominare il più piccolo.

Balsamo era un grande canonista ma non uno storico della liturgia. Forse gli era sfuggito che già san Giovanni Crisostomo a Costantinopoli aveva dato una chiesa ai Goti per celebrare nella loro lingua. Poi c'erano i Hay-Hrom, che celebravano il rito di Costantinopoli a Costantinopoli in armeno. Poi, Cirillo e Metodio. Poi il conflitto con i Latini in Bulgaria, in parte per l'uso della lingua slava. Durante tutto questo tempo si celebrava in Terra Santa in siriaco, armeno, georgiano, arabo, e ... anche greco! L'ellenismo estremo di Balsamo quindi non rispecchia la pratica secolare della Chiesa Ortodossa. E poi, i kontakia greci erano tutti diversi l'uno dall'altro, come trovavano gli studiosi al tempo del Patriarca Nicone, che volevano stabilire "l'originale" greco.

È difficile dire che l'anafora di san Basilio fu riscritto - piuttosto si ha creato una anafora completamente nuova, mantenendo un paio di elementi considerati essenziali dalle tradizioni precedenti.

La dottrina romana sul papa è fin troppo chiara. È vero che molti membri di quella chiesa non la credono....

 
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a_ntv
view post Posted on 23/11/2011, 22:39     +1   -1




Direi che siamo d'accordo. :)
 
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igùmeno Andrea
view post Posted on 24/11/2011, 02:46     +1   -1




ma che bellezza! si direbbe che talvolta il dialogo possa servire a qualcosa :) !!
 
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7 replies since 19/11/2011, 11:17   442 views
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