| Non è così strano assimilare un certo modo di fare della teologia ad un certo altro 'filosofeggiare'.
"Fare la teologia senza la filologia è completamente inutile, perchè la teologia intesa sia come la 'storia della teologia' ma anche come la 'riflessione teologica' si fa sulla base dei testi, e se noi non abbiamo i testi, su che cosa la facciamo? Diventa filosofia, diventa proprio una pura astrazione basata di fatto su noi stessi, al massimo su una proiezione della nostra pietà o delle nostre categorie filosofiche. Ma se noi vogliamo stare in quel fiume vivo che è la 'traditio' della chiesa abbiamo bisogno dei testi ..."
Prendi l'esempio della "comunione per la remissione dei peccati" (avulsa dunque totalmente dall'obbligo di una preliminare confessione e dunque non subordinata a preliminari 'assoluzioni').
Per il mio punto di vista - che potrebbe anche essere errato, banale e semplicistico, o non giustificato, cioè incontrare disconferme, o come alcuni amici definiscono e giustamente spesso le mie riflessioni un 'patti-pensiero' - è proprio il secondo comportamento che potrebbe (non lo so) essere nato da una speculazione astratta la quale ha creato questa 'prassi modificata', come a dire 'eh, no, non mi sta bene' e dunque devo trovare delle giustificazioni per modificare la cosa.
E' un fatto che a mia memoria non vi è traccia di 'confessione', come da noi conosciuta, nel Vangelo (ciò che di simile può esser presente non lo vedo affatto rispecchiante tale prassi - che sarà anche evoluta nel tempo - come da me conosciuta oggi), e che l'idea non tanto di Dio (a riguardo sono piuttosto musulmana, ovvero niente teologia, niente idee su ciò su cui è sciocco pretendere di farsi delle idee) quanto della relazione con questa possibilità di esistenza di un Dio, e quindi relazione con quel Dio (cioè si tratta di relazionarsi con qualcosa di non troppo 'conoscibile' e soprattutto con qualcosa su cui posso sparare le più megagalattiche proiezioni mentali) nell'intenzione di chi ha eseguito la prima liturgia eucaristica non mi sembra che porti traccia di alcunché che abbia a che vedere con un sistema di gestione manipolatoria che prevede il sentirsi in grado di 'mettersi al posto di Dio' in un 'giudizio' e di 'gestire' la coscienza di un altro, come a dire che nei fatti - fatti, non idee preliminari - non vedo la 'caramella' che ti dò se hai fatto il bravo, etc. (aggiungersi tutto quello che può riguardare l'atto confessionale). Per inciso non vi è modo - a mio avviso - di gestire la coscienza di un altro salvo fornire educazione (nel senso di ex-ducere e non di in-segnare) e condizioni esistenziali adeguate.
Sapere che sia esistita una 'comunione per la remissione dei peccati' (qualora ci siano), mi potrebbe dire che per un certo periodo di tempo in determinati luoghi è proseguita la stessa identica prassi, come d'altronde Gesù ha esplicitamente invitato a fare. Poi tale prassi è cambiata (a quanto pare non per tutti dato che ho incontrato persone oggi che praticano in quel modo, e sto dicendo 'praticano' e non 'pensano', anche perchè praticano e basta, senza dirlo, senza dare giustificazioni con parole, lo fanno e punto, non ne sono a conoscenza perchè 'è scritto' o 'lo ho letto' da qualche parte ma perchè ho visto la prassi e i gesti non lasciano dubbi).
E' possibile che dietro un gesto - è un gesto, un atto, un dato di fatto - agito in un certo modo vi sia non tanto una 'idea' teologica, ma solo una 'idea' di come relazionarsi con tale eventualità all'interno di una dimensione molto reale e concreta, la realtà così come è e le relazioni umane.
E vedrei possibile invece che dietro alla modifica della prassi indicata, vi siano delle intervenute 'idee' teologiche, appunto, ma, su quale fondamento?
Perchè se si accoglie ed accetta un determinato 'esempio' o 'mediatore' nella relazione con tale ipotesi di esistenza di una entità Dio, non si vede da dove nascerebbe l'esigenza di cambiare le cose, se non da una idea (diversa, ammesso che Gesù ne avesse una certa) che io non vedo supportata da fatti nei testi pervenuti.
Quindi, se volessi fare una riflessionte teologica, mi dovrei domandare quale idea di relazione avesse la persona che ho scelto come 'esempio' o 'mediatore' della relazione con tale entità.
Qualora non mi stesse bene e non la condividessi, non dovrei cambiare le cose, ma andarmene da un'altra parte a svolgere la mia relazione alternativa secondo la mia idea di Dio, riconoscendo che quella prassi non rispecchia la mia idea.
Ora per una certa parte a me potrebbe apparire l'idea di una eucarestia/medicina (benchè non sempre e solo ciò) e di solito non si da l'aspirina a chi ha un raffreddore solo se 'prima' si fa passare il raffreddore (anche perchè quando gli passasse non ne avrebbe più bisogno).
Volendola vedere come medicina anche preventiva, diciamo 'supporto', per si e per no la offri a tutti (a chi la vuole e a chi si fida che non nuoccia), se è il meglio che hai, senza preoccuparti degli esisti, e il resto a Dio.
E questo credo sia una specie di 'idea di dio' ma molto poco teologica e speculativa, come a dire 'io faccio ciò che posso' e Allah ne sa di più.
Insomma l'eucarestia potrebbe essere la scelta di un atteggiamento, da tenere, un atto, un gesto, anche un atteggiamento mentale se si vuole, con molti pochi blabla. Non mi appare che necessiti di grandi sostrati teorici e teologici.
Se non mi ricordo male c'è un "fate questo in memoria di me" da qualche parte. Ed in funzione di ciò è stato chiesto di compiere dei gesti nello stesso modo. Non vi è molto spazio per speculazioni in ciò. Uno ti ha 'mostrato' e non detto, come fare una cosa e tu la rifai uguale, senza troppi 'perchè'.
Per me non è una cosa da disquisire molto, si decide di fare in quel modo oppure no. Puoi cercare di capirla, ma non è che la cambi se e perchè non la capisci. Altrimenti ciò che fai è qualcos'altro, ma non più quello, ed ha altri scopi.
Guarda caso a me è balzato all'occhio che l'obiezione del "filologo il quale dovrebbe però poi, terminato il suo lavoro, elevarsi alla dimensione teologica", è emersa su questo punto. Quasi a voler dire che, facendo una riflessione teologica, tutto sommato sta cosa sarebbe meglio non farla emergere, che è 'scomoda'.
Una volta che il filologo ha accertato che la prassi era quella, o perlomeno che non ci sono fondamenti sufficienti per sostenere che fosse un'altra, anche se si 'elevasse' alla dimensione teologica, in quel contesto, cosa cambierebbe?
Se si dichiara di voler essere 'fedeli' ad un certo esempio e persona, al limte può capitare di dover piuttosto rinunciare a delle idee (teologie) in favore e in considerazione della realtà di fatto che la prassi era quella e domandarsi poi quali idee e obiezioni sono intervenute in seguito e perchè, tali da portare a sentire la necessità di cambiare le cose.
p.s. se la remissione dei peccati avviene nell'atto confessionale, non si capisce perchè poi, una volta ciò sia avvenuto in tal contesto, uno dovrebbe fare eucarestia. se poi uno vuole 'conservare memoria di qualcuno' lo può fare indipendentemente da peccati, commessi o non commessi, e rimessi o meno (da terzi che non hanno autorità a farlo).
Edited by Patrizia Mura - 15/12/2015, 08:01
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