Studi sul Cristianesimo Primitivo

Votes given by Talità kum

view post Posted: 3/12/2018, 14:42 by: astroclipper     +1Ring of Roman Governor Pontius Pilate Found in Herodion Site - Archeologia Cristiana
CITAZIONE (Talità kum @ 30/11/2018, 11:21) 
Grazie Astro, piacere reciproco. Spero di ritrovare un pò di tempo per scrivere qualcosa ogni tanto. Questa notizia sarebbe bella grossa se confermata, per cui ho deciso di condividerla qui... l'archeologia "cristiana" del I-II secolo è infatti molto, molto avara di novità.
Il valore principale di questa scoperta in realtà non sarebbe la conferma dell'esistenza storica di Pilato, che al di fuori del Nuovo Testamento è già ben attestata da numerosi fonti documentali (Tacito, Filone, Giuseppe Flavio) e archeologiche (l'iscrizione di Cesarea, che ci informa anche circa il titolo di "prefetto").
Piuttosto potrebbe essere importante il luogo del ritrovamento, che fornisce informazioni riguardo agli spostamenti e residenze del prefetto/procuratore in Giudea.

Si intendevo dire una ulteriore prova archeologica oltre la famosa iscrizione di Cesarea.

Saluti
Astro
view post Posted: 30/11/2018, 09:28 by: astroclipper     +1Ring of Roman Governor Pontius Pilate Found in Herodion Site - Archeologia Cristiana
CITAZIONE (Talità kum @ 29/11/2018, 19:14) 
Ciao a tutti!
E questa notizia? Che ne dite? Se confermata sarebbe affascinante. La riporto perché pubblicata oggi su Haaretz, quindi vale quantomeno la pena considerarla..

www.haaretz.com/archaeology/.premi...-site-1.6699353

Ciao Talità, è un piacere sentirti dopo tanto tempo. Stavo per postare la stessa notizia. Se confermata sarebbe una conferma dell'esistenza storica del controverso funzionario romano.
Oggi hanno pubblicato la notizia anche sull' ANSA

http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/medi...ad14a0446a.html


Saluti
Astro
view post Posted: 24/4/2017, 10:36 by: Architeuthis     +1Bart Ehrman e il Figlio dell'Uomo - Gesù storico, giudeo-cristianesimo, giudaismo del secondo Tempio
Vabbè,
visto che la discussione si è spostata sull'ennesima enunciazione delle convinzioni di myfriend2 - che peraltro gli invidio - ho pensato di chiuderla temporaneamente.
Spero che Ehrman mi perdoni.

@myfriend2
Se vuoi continuare a postare devi presentarti opportunamente nell'apposita sezione, come ti è già stato ricordato da Teo.

Archi
view post Posted: 13/4/2017, 07:55 by: astroclipper     +1L'incredulità giudaica - Gesù storico, giudeo-cristianesimo, giudaismo del secondo Tempio
CITAZIONE (Talità kum @ 12/4/2017, 19:48) 
Non credo vi sia evidenza di un privilegium paschale nelle fonti storiche extraevangeliche a disposizione. Come ho scritto esiste invece evidenza documentale di un rilascio per acclamationem da parte di un prefetto romano, anche se ovviamente le circostanze sono un pò diverse.
Circa il privilegium paschale, l'unico possibile riferimento potremmo in teoria trovarlo nel trattato mishnaico e relativa Gemara cui accennavo sopra.
E' anche possible che tale privilegium paschale fosse un'iniziativa di Pilato, che procedeva per acclamationem in occasione delle festività ebraiche.

E' chiaro che vi sia un chiaro intento apologetico nelle descrizioni evangeliche, tuttavia abbiamo una molteplice attestazione e (parere personalissimo, diciamo pure ingenuo) mi piace pensare che difficilmente si sia inventato tale episodio di sana pianta, senza che esistessero quantomeno dei precedenti noti.

Ciao, a presto
Talità

A mio modesto parere, che dal punto di vista accademico è non classificato :581.gif: , non esisteva un "privilegium paschale" ma un pratica di rilascio per "acclamationem" di cui abbiamo riscontri
extra-biblici. Il governatore aveva facoltà di concedere questo rilascio ed era probabilmente solito farlo in corrispondenza di qualche occasione particolare. Nei vangeli si narra che ciò avvenisse in corrispondenza della Pasqua ebraica, ma, in teoria, ciò sarebbe potuto avvenire, per esempio, anche per lo Yom Kippur o in occasione di qualche ricorrenza particolarmente importante per l'impero. Tale pratica potrebbe essere semplicemente una applicazione particolare del diritto spettante al giudice penale, nei processi dinanzi al magistrato, di lasciar cadere il procedimento [Hommsen, 1899, pag. 453; Husband, 1916, pag. 270]. Un altra possibile ipotesi e che ci troviamo dinnanzi ad una forma di amnistia nota nel diritto romano come abolitio, cioè il rilascio di un prigioniero non ancora giudicato [Codex 9,42; D. 48,16], infatti, da quanto risulta dai racconti evangelici, ne Gesù ne Barabba erano stati ancora formalmente condannati da un tribunale romano. In sintesi, a mio modesto parere, la pratica del rilascio per "acclamationem" è plausibile da un punto di vista storico, ma ciò non toglie che il racconto sul "privilegium paschale" possa essere solo una estensione redazionale basata sui una consuetudine simile esistente ai tempi di Gesù.

Saluti
Astro

Edited by astroclipper - 13/4/2017, 09:11
view post Posted: 26/3/2017, 21:19 by: Lorenzo M     +1Spiegazione di 2 Pietro 1:20 - Filologia, Linguistica & Paleografia dei testi cristiani
Se a nessuno va, inizio io...
Allora, innanzitutto grazie per aver messo il testo e le varianti, sei stato gentilissimo :lol:
Parto dalla prima domanda. La Seconda Lettera di Pietro, in 3.16, sembra annoverare le epistole dell'apostolo Paolo tra le Scritture. Ciò sembrerebbe indicare che il corpus delle Scritture preso in considerazione dall'autore includa alcuni scritti di Paolo. Ora, questo non può tuttavia risolvere le seguenti questioni:
- Quali lettere sono incluse sotto il nome di Paolo? Sono le 7 autentiche? Le 13 canoniche? Sono incluse delle epistole apocrife (forse a noi non giunte)?
- Erano inclusi altri testi, come uno o più vangeli, o cose simili?
- Il canone dell'AT coincideva con qualche canone moderno? Erano inclusi libri come i deuterocanonici? Erano esclusi libri oggi del canone moderno?
E infine sarebbe da chiedersi: l'idea di un "canone" di Scritture era davvero così stabile e determinato/fisso? Purtroppo, 2Pt ci dice troppo poco per rispondere alle nostre domande. Probabilmente, esisteva un certo tipo di canone fatto da AT (quale?) e almeno da alcune lettere di Paolo (quante? Quali?).
Quanto alla seconda domanda, va detto che:
- La parola επιλυσις compare, in tutto il NT, solamente qui, e quindi non possiamo verificare dai passi paralleli un suo determinato uso;
- Etimologicamente, il termine deriva dal verbo λυω, che significa "sciogliere", ed anche "risolvere, spiegare", per estensione. Personalmente, l'unica traduzione che trovo nel dizionario del termine è proprio quella di "interpretazione", e non saprei dire molto di più.
Detto ciò, credo che il senso generale del senso sia che le Scritture non derivano da un'osservazione di alcuni filosofi (sarebbe interessante, in questo senso, vedere se la parola επιλυσις ricorre nel linguaggio filosofico del tempo, ma non posso verificarlo di persona, adesso), ma sono il prodotto di uomini ispirati da Dio.
Cedo il posto a chi vuole...
view post Posted: 28/3/2016, 09:49 by: Aldo Vincent     +1toc toc, si puo'? - Regolamento, Presentazioni, Dialogo con lo Staff
UN UOMO CHIAMATO GESU'
SI TROVA IN LETTURA GRATUITA qui:
ebookservice PUNTO net

non riescoa copiaincollare il link
view post Posted: 28/3/2016, 09:32 by: Aldo Vincent     +1toc toc, si puo'? - Regolamento, Presentazioni, Dialogo con lo Staff
Dopo una vita spesa nell'esercizio del proprio sacerdozio in Argentina e Cuba, Papas Makarios, un metropolita ortodosso, raggiunta l'età della pensione venne mandato in ritiro spirituale presso il monastero di Paleocastritza sull'isola di Corfu'. Ci sonoscemmo per caso, e per caso scoprimmo la passione per i testi dell'Antico Testamento.
Malgrado la tarda età, Papas Makarios era un uomo molto attivo e viaggiava molto, finanziando le sue trasferte con piccoli introiti che gli derivavano dalla vendita di icone greche.

La Nera Signora si portò via questo magnifico personaggio e lo riportò alla Casa del Signore.
Rimasto solo con tutto questo materiale (che avevo copia/incollato su vari dischetti A ed ora giaceva nel mio computer) feci un ultimo lavoro di assemblaggio fino ad ottenere la presente edizione di UN UOMO CHIAMATO GESU’. (Che sono certo, non avrebbe avuto l'imprimatur di Papas Makarios, i cui studi andavano in altra direzione)*.
Poichè dal dopoguerra ad oggi sono state stampati circa 30.000 libri sul Cristo e le varie interpretazioni delle sacre scritture, e visto che il nuovo mezzo di comunicazione di massa, smascherava rapidamente le imperfezioni, le bufale, le forzature, le bugie, decisi di mettere alla prova il testo da me scritto, partecipando a vari Forum specialistici, che allora erano il sistema di aggregazione piu' diffuso prima dei portali e poi dei social Network, e mi iscrissi quasi timidamente, prima come Papas Makarios, un po’ per dare autorità all'enunciante, poi passate le prime timidezze, con il mio nome.

Gli incontri piu' interessanti li feci su scienzeantiche (il dominio è oggi in vendita e tutti gli scritti sono andati perduti) che era un portale che comprendeva le discussioni non solo sul Cristianesimo, e a quel Forum mi iscrissi diventandone in breve tempo il moderatore.

Poi il buio di questi ultimi dieci anni e finalmente scopro voi.
e mi propongo come utente.
Toc toc, si può?

Aldo Vincent
UN UOMO CHIAMATO GESU'
in lettura gratuita su
ebookservice
view post Posted: 17/3/2016, 18:49 by: JohannesWeiss     +1Esaltazione senza preesistenza: la cristologia originaria - Gesù storico, giudeo-cristianesimo, giudaismo del secondo Tempio
@Astroclipper

CITAZIONE
Io ho solo proposto un possible metodo per trovare qualche traccia dell'idea del Cristo pre-esistente all'alba del cristianesimo. Certamente, per non minare il monoteismo, oltre che pre-esistente il Cristo doveva essere anche coeterno, non eterno, con tutti i limiti di questa affermazione. Infatti il concetto di eternità, come noi lo intendiamo, non apparteneva agli ebrei del secondo tempio.

Temo che il metodo che proponi sia eccessivamente selettivo. E’ evidente che se troviamo un testo che attribuisce a Gesù un’esistenza coeterna a Dio, abbiamo trovato anche l’idea che egli preesisteva alla sua storia terrena ed eventualmente alla creazione stessa. Ma è perfettamente possibile preesistere alla propria storia senza esistere ab aeterno. Fil 2,6-11 forse ci dice che Cristo iniziò il suo movimento di abbassamento a partire da una condizione celeste: ma tale modalità di preesistenza poteva benissimo essere quella del nuovo Adamo o di un angelo. Per il Libro delle Parabole di Enoc, l’Eletto/Figlio dell’uomo è un messia angelico che esiste, nascosto davanti al Signore degli spiriti, fin da prima che fosse creato il mondo (cfr. 1 En 48,3.6). E anche in 4 Ezra abbiamo una figura ibrida tra Figlio dell’uomo angelico e Messia davidico, che da un lato è preesistente (13,26) e dall’altro è mortale (7,29).

@Sant’Atanasio

CITAZIONE
Quindi cosa dobbiamo pensare? Che chi ha composto quest'inno [Col 1,15-20] considerasse Cristo un demiurgo inferiore al Padre? In questo caso ricadremmo nel politeismo, senza se e senza ma.

Perché ragioni così? Chi ha composto l’inno semplicemente applicava (secondo l'opinione comune) a Gesù l’idea giudaica della Sapienza di Dio quale mediatrice della creazione, che troviamo in Pr 8,22-30 (“Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, all'origine. Dall'eternità sono stata formata, fin dal principio, dagli inizi della terra… quando disponeva le fondamenta della terra, io ero con lui come artefice”); Sir 24,9: “Prima dei secoli, fin dal principio, egli mi ha creato, per tutta l'eternità non verrò meno”; Sap 7,26 (“È riflesso della luce perenne, uno specchio senza macchia dell'attività di Dio e immagine della sua bontà”), oltre naturalmente alla speculazione di Filone.
E la Sapienza cos’è? Una divinità indipendente? No di certo, in prospettiva ebraica, perché non è mai stata oggetto di culto. E allora è una personificazione, un modo figurato di esprimere l’attività di Dio creativa e la sua presenza immanente al mondo, analogamente all’idea di “Spirito”? Pare proprio di sì. Che poi dall’applicazione a Gesù, una persona concreta, di questa figura personificata della Sapienza di Dio ne seguano possibili aporie per il monoteismo, si può ben capire, e non a caso Pr 8,22-25 e Col 1,18 saranno testi cruciali per i dibattiti trinitari, in particolare per la posizione ariana. Ma i nostri testi (Fil 2,6-11; 1 Cor 8,6; Col 1,15-20) si collocano a monte di questo processo: il loro mondo è quello della poesia e del culto liturgico, non quello del pensiero filosofico.

CITAZIONE
E perché Paolo o i Suoi discepoli avrebbero accolto un inno simile in una loro lettera se quest'inno non rispecchiasse il pensiero Paolino (e a fortiori degli altri discepoli, coi quali non sono registrati malanimi relativi alla cristologia, come ha ricordato anche Talità, semmai a questioni come la circoncisione e l'apertura ai gentili) ma addirittura configgesse con quello di Filippesi? Bipensiero orwelliano? Queste questioni sono quelle che rendono l'interessante lettura di Johannes dell'inno di Filippesi minoritaria tra gli studiosi, secondo me.

Nell’ipotesi che Fil 2,6-11 fosse un inno su Gesù quale nuovo Adamo (non preesistente), il fatto che Paolo lo utilizzi implica semplicemente che 1) gli garbava sia perché lui stesso utilizza ampiamente la tipologia di Adamo altrove, sia perché calzava a pennello con l’argomentazione parenetica che sta sviluppando nel contesto specifico (cfr. Fil 2,2-4); 2) che, a livello cristologico, Paolo non trovava che la prospettiva adamica dell’inno fosse incompatibile con la sua credenza nella preesistenza di Cristo (sempre ammesso che Paolo pensasse davvero in questi termini, cosa che metterò in discussione più avanti).
Io non sposo la proposta di Dunn (la trovo intrigante e valida, ma resto incerto), ma le obiezioni che fai non la scalfiscono minimamente.

CITAZIONE
Se infatti Gesù venne riconosciuto come mediatore escatologico della Redenzione universale, come scrive Hurtado, o pensiamo che i primi cristiani lo ritenessero coeterno al Padre e della stessa Maestà e Potenza oppure dovremmo supporre che per un certo periodo di tempo, più o meno lungo, siamo caduti nel politeismo.

Come ho detto sopra, continui a proiettare su questi testi problematiche che essi non si pongono. Non si capisce proprio perché un messia umano insediato da Dio in una posizione di sovranità universale a partire dalla sua risurrezione, dovrebbe infrangere il monoteismo. Idem per l’ipotesi di un essere angelico incarnato. E’ solo nella tua visione teologica che questi modi di vedere sono insufficienti e problematici. Quanto poi alla presunta necessità che Gesù abbia la stessa maestà e potenza del Padre, spiacente, ma Paolo stesso è chiarissimo sul fatto che Gesù sia nettamente subordinato al Padre, vedi 1 Cor 15,28: “E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anch’egli, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti”. Hurtado stesso, nella citazione che riporto in fondo al post, parla esplicitamente di "supremazia" del Padre nel culto all'unico Dio che pure vede coinvolto, come tramite, Gesù.

CITAZIONE
Poi si può discutere di "quando" sia avvenuta la presa d'atto della preesistenza di Gesù, ma se si accetta la lettura maggioritaria dell'inno di Filippesi (ed è la soluzione che crea meno problemi) avremmo una chiara dottrina della preesistenza già ad inizio anni '40. E non sono forse troppo pochi 10 anni per pensare che ci sia stata un'evoluzione teologica così importante?
In questo caso verrebbe da pensare che l'associazione di Cristo al Padre sia nel culto che nella preesistenza e coeternità risalga direttamente alle esperienze post pasquali posteriori al ritrovamento del sepolcro vuoto, con un rapido e subitaneo passaggio dalla cristologia della post esistenza a quella delle preesistenza e coeternità al Padre, probabilmente grazie anche a successive (ma sempre databili agli anni '30) esperienze di visione e Rivelazione (vedi Santo Stefano), che come riconosciuto anche da Hurtado hanno avuto una parte importante non solo nel ministero prepasquale di Cristo, ma anche nella vita post Pasquale dei discepoli.

Cioè, 10-15 anni (non c’è ragione di collocare Fil 2,6-11 all’inizio piuttosto che alla fine degli anni 40), sono troppo pochi perché si verifichi l’evoluzione dalla cristologia dell’esaltazione a quella della preesistenza… mentre uno sviluppo semi-istantaneo dall’una all’altra sarebbe invece plausibile???
Quindi Rm 1,3-4 e At 2,32-36; 5,30-32; 13,31-32 sarebbero reliquie di una cristologia divenuta obsoleta praticamente subito? La cristologia dei primi 5 minuti dopo Pasqua? Che culo! Rendiamo grazie a Dio di avercela preservata intatta dall’esplosione atomica della cristologia della preesistenza. :lol:

CITAZIONE
E questa speculazione di Barrett su cosa si basa, se posso chiederlo?

No, non puoi chiederlo. Cioè, lo spiegherei volentieri, ma c’è già troppa carne al fuoco, e siccome Barrett era solo un’esemplificazione per illustrare un basilare principio metodologico, non serve addentrarci nella sua posizione. Il punto era semplicemente che se l’inno è pre-paolino, va interpretato autonomamente; argomentazioni che fanno leva sulla cristologia e soteriologia di Paolo non sono rilevanti né cogenti; e nemmeno possono diventarlo in forza del principio che Paolo difficilmente citerebbe qualcosa che va manifestamente contro la sua teologia, perché non è evidentemente questo il caso (altrove Paolo usa la tipologia adamica e altrove Paolo – secondo l’opinione comune – parla di Cristo come preesistente, per cui nessuna contraddizione). Vedi sopra il commento sul perché un ipotetico Fil 2,6-11 adamico poteva garbare a Paolo, quand’anche l’avesse ritenuto limitato sotto il profilo cristologico.

CITAZIONE
Ripeto che la lettura di Fil 2,6-11 nell'ottica della preesistenza continua a sembrarmi la tesi più sensata (oltre che essere quella maggiormente condivisa dagli studiosi), poiché è davvero difficile pensare che Paolo abbia ospitato, nelle Sue stesse lettere, delle cristologie confliggenti tra loro.

La difficoltà non esiste, come ho già spiegato.

CITAZIONE
Ma io non metto in dubbio che l'idea della preesistenza sia venuta dopo l'esaltazione, il punto è capire QUANTO dopo. Io concordo con Hurtado nel dire che sia tutto avvenuto molto in fretta, dopo le esperienze di Resurrezione.

Ad ogni modo, non fraintendermi, non sto mettendo in dubbio che i discepoli inizialmente possano aver avuto una cristologia dell'esaltazione senza preesistenza, ma il "salto" deve esserci stato molto presto, prima degli anni '40, con ogni probabilità nei primi anni '30, e quindi riguarda gli stessi discepoli di Cristo, non le generazioni successive che avrebbero "tradito" Gesù.

Non è questione di fraintendere… è che ora stai esprimendo una posizione differente da ciò che andavi dicendo nei post precedenti, inclusi gli ultimi (vedi poco sopra) dove affermavi chiaramente che l’idea della preesistenza e coeternità (!!) risalgono già al ritrovamento del sepolcro vuoto/apparizioni del Risorto, per poi essere ulteriormente approfondita attraverso successive esperienze visionarie. Cito:
“verrebbe da pensare che l'associazione di Cristo al Padre sia nel culto che nella preesistenza e coeternità risalga direttamente alle esperienze post pasquali posteriori al ritrovamento del sepolcro vuoto, con un rapido e subitaneo passaggio dalla cristologia della post esistenza a quella delle preesistenza e coeternità al Padre, probabilmente grazie anche a successive (ma sempre databili agli anni '30) esperienze di visione e Rivelazione (vedi Santo Stefano)”.
Quindi non ti fraintendo, ma mi fa piacere che stai rivedendo sensibilmente la tua posizione iniziale.

CITAZIONE
Hurtado stesso, infatti,

Naturalmente nessuno (nemmeno Hurtado), ritiene che si fosse già arrivati al "genitus non factus", e alla sistematizzazione che c'è stata a Nicea, anche perché mancavano le categorie adatte per spiegare bene il tutto, ma lui ritiene di poter affermare che i primi cristiani adorassero Gesù come "Dio" e non come "dio"

Il mega-ripassone di Hurtado per quanto mi riguarda non era richiesto, ma forse sarà utile ad altri lettori. Questo thread in ogni caso ha come oggetto l’esame e la collocazione storica delle varie cristologie neotestamentarie e specificamente (ma non solo) quelle dell’esaltazione e della preesistenza, e non la questione della venerazione cultuale di Gesù nel cristianesimo primitivo.
In linea di principio, sarebbe perfettamente possibile affermare che fino a Paolo, oppure fino a Colossesi, o anche fino al Quarto Vangelo i cristiani abbiano venerato Gesù includendolo nel loro culto all’unico Dio (il Padre), secondo il modello binitario presentato da Hurtado, il tutto esclusivamente in una prospettiva di “Kyrios esaltato”, senza alcuna idea di preesistenza. Il fatto che poi Hurtado legga Fil 2,6-11 e altri passi paolini in ottica di preesistenza non è decisivo: il suo modello di venerazione binitaria può essere valido anche se tali passi vengono letti altrimenti.
Non voglio bannare latesi di Hurtado come off-topic (per ora), ma invito a distinguere la sua problematica dalla nostra.

Continuo in ogni caso ad avere la sensazione che Hurtado non si riconoscerebbe completamente nel modo in cui presenti la sua posizione. Ho letto i suoi volumi tempo fa, e nemmeno completamente, per cui può essermi sfuggita qualche affermazione… ma per quel che so Hurtado non dice affatto che dai primi cristiani Gesù era venerato come Dio con la lettera maiuscola. Quello che dice è molto più sfumato:

“Proprio come si presenta regolarmente Gesù in rapporto all’unico Dio nelle affermazioni cristologiche paoline, così Gesù è coerentemente venerato in rapporto a Dio negli atti di devozione dei cristiani paolini. Gesù non riceve un culto proprio… I cristiani paolini acclamano Gesù come kyrios ‘per la gloria di Dio Padre’. Il loro culto si distingue certo per riguardare anche Gesù, ma solitamente esso è presentato a Dio per il tramite di Gesù… Le lettere di Paolo esprimono l’intento evidente di comprendere la venerazione riconosciuta a Gesù come estensione del culto di Dio. Questa attenzione a definire e venerare Gesù in rapporto all’unico Dio è ciò che intendo con il termine ‘binitario’…. Penso che per il cristianesimo paolino si possa parlare a buon diritto di venerazione cultuale di Gesù, presentata tuttavia in obbedienza all’unico Dio e nel riconoscimento della supremazia a Dio ‘padre’”.
(L.W. Hurtado, Signore Gesù Cristo. Tomo 1, Brescia, Paideia, 2006, p. 157)

Quel “in rapporto” è una sfumatura molto importante, che Hurtado ha cura di ripetere più volte, mentre nei tuoi post non ce n’è traccia.

CITAZIONE
Peccato che, per esempio, nella stessa lettera ai Romani, abbiamo Rom 9,5, dove Paolo identifica Gesù col "Dio benedetto nei secoli".

Questa obiezione non ha rilevanza rispetto a quello che stavo dicendo io… comunque, si tratta di una vexata quaestio che divide fortemente gli esegeti. Brown stesso, il quale propende per la lettura che hai riportato, riconosce che “l’obiezione più forte a questa interpretazione è che mai altrove Paolo parla di Gesù come Dio”. Ed è un’obiezione tremendamente pesante. Data quindi l’incertezza e la stranezza di questo passo, non è assolutamente opportuno utilizzarlo come argomento per risolvere in partenza le problematiche interpretative relative alla cristologia paolina (nel nostro caso: la preesistenza).

CITAZIONE
Anche affermare che gli apostoli siano stati seguaci di una cristologia "bassa" (che poi bassa non è, ma ci capiamo) o subordinazionista (intendo subordinazionismo ontologico, non economico, quello lo troviamo anche nel Vangelo di Giovanni -il subordinazionismo economico intendo) è completamente gratuito e non trova riscontri.

Ma che Paolo e gli altri apostoli (coi quali, ribadisco di nuovo, non sono registrate tensioni cristologiche) siano caduti nel politeismo o nel subordinazionismo o nell'adozionismo mi pare un dato debole sia dal punto di vista storico che logico, coi dati abbiamo in mano.

L'opportunità delle qualifiche “cristologia subordinazionista” o “adozionista” può apparire opinabile semplicemente perché si tratta di termini e concetti che appartengono propriamente alle successive controversie di teologia trinitaria, e sono quindi anacronistici rispetto ai nostri testi. Come osserva il teologo John Macquarrie: “We must be aware that when modern scholars speak of adoptionism in the New Testament, their language is anachronistic. Strictly speaking, adoptionism only emerges when there is an alternative ‘orthodox’ view with which to contrast it” (J. Macquarrie, Christology Revisited, Harrisburg, Trinity Pres, 1998, p. 69)
A parte tali questioni di precisione terminologica, la sostanza della cristologia dell’esaltazione di Rm 1,3-4 e dei passi citati di Atti, può benissimo essere qualificata come adozionista, e diversi esegeti lo fanno.
view post Posted: 17/3/2016, 09:06 by: astroclipper     +1Esaltazione senza preesistenza: la cristologia originaria - Gesù storico, giudeo-cristianesimo, giudaismo del secondo Tempio
X S'Anastasio

CITAZIONE (Sant'Atanasio @ 16/3/2016, 17:47) 
Al momento non ho riferimenti a portata di mano, ma vorrei comunque portare alla vostra attenzione questa mia considerazione. Secondo me il concetto di pre–esistenza è strettamente legato al riconoscimento della natura divina di Gesù. Nel momento in cui è stata chiara questa visione automaticamente è stato chiaro anche il concetto di pre–esistenza. Diversamente avremmo avuto una pericolosa deriva politeista, con una divinità padre e una figlia. Quindi dal punto di vista storico il riconoscimento di un chiaro accenno alla divinità di Gesù è, secondo me, evidente sintomo di una cristologia della pre–esistenza. Mi riprometto di fare un post più esaustivo sulla questione.

Saluti Astro

Concordo assolutamente. Il riconoscimento della natura divina di Cristo presuppone la Sua preesistenza, tuttavia, per evitare la deriva politeistica di cui hai parlato, è necessario assumere anche l'eternità di Cristo.
Il riconoscimento della natura divina di Cristo presuppone sia la Sua preesistenza all'incarnazione sia la Sua eternità, perché anche qualora fosse la prima tra tutte le creature sempre una creatura sarebbe, e ricadremmo nel politeismo, assolutamente inaccettabile per i giudeo-cristiani dell'epoca. Anche i Tdg ammettono, anzi difendono, la preesistenza di Cristo, ma il discrimine è la Sua eternità, senza la quale non vi è divinitá.

Secondo me il tuo discorso sta prendendo una piega un po' troppo "teologica". Se non ho capito male lo scopo del post era cercare traccie storiche delle due cristologie citate nel cristianesimo primitivo. Io ho solo proposto un possible metodo per trovare qualche traccia dell'idea del Cristo pre-esistente all'alba del cristianesimo. Certamente, per non minare il monoteismo, oltre che pre-esistente il Cristo doveva essere anche coeterno, non eterno, con tutti i limiti di questa affermazione. Infatti il concetto di eternità, come noi lo intendiamo, non apparteneva agli ebrei del secondo tempio.

Saluti
Astro

Edited by astroclipper - 17/3/2016, 09:22
view post Posted: 17/3/2016, 07:29 by: JohannesWeiss     +1Esaltazione senza preesistenza: la cristologia originaria - Gesù storico, giudeo-cristianesimo, giudaismo del secondo Tempio
Risposte a Sant’Atanasio

Sulla lettura adamica di Fil 2,6-11


CITAZIONE
La cristologia di Paolo è tutta incentrata sulla natura salvifica del sacrificio di Cristo, e dubito serissimamente che Paolo considerasse una creatura, non importa quanto sovraeminente e pura rispetto alle altre, in grado di lavare i peccati del mondo e salvare l'umanità.
Pertanto mi sento di non sottoscrivere per nulla la tesi di Dunn.

pensare che Paolo e gli apostoli ritenessero concepibile una redenzione universale ad opera di una creatura mi pare alquanto bizzarro, e i passi di Colossesi e di Filippesi (che ripeto, a questo punto diventano davvero difficili da leggere nell'ottica della cristologia senza preesistenza) lo testimoniano.

1 . Se stiamo ragionando su Fil 2,6-11 in quanto inno pre-paolino (e ci sono buone ragioni per ritenere che lo sia), allora non ce ne può fregare di meno della cristologia e della soteriologia di Paolo. Fil 2,6-11 potrebbe benissimo essere un inno composto in prospettiva adamica che Paolo avrebbe letto e aggiustato in ottica preesistenziale e incarnatoria (così Barrett). E' importante sforzarsi di discutere le cose con ordine, altrimenti non ne veniamo più fuori (questo lo dico in generale, perché tendi a mischiare troppe cose diverse, affrontandole superficialmente, e discutere in questo modo diventa decisamente oneroso e poco piacevole).

2 . Che poi per Paolo l'efficacia salvifica del sacrificio di Cristo esiga che egli non sia niente meno che Dio, è un’affermazione del tutto gratuita. Sembra quasi che tu stia leggendo Paolo avendo in testa Anselmo d’Aosta (salvo che lui deve dimostrare la necessità dell'incarnazione-espiazione, mentre tu quella che l'espiante sia Dio incarnato).
Peraltro non è nemmeno esatto che la soteriologia paolina sia incentrata sul sacrificio di Cristo, o comunque principalmente su quello. L’aspetto sacrificale è solo uno dei modi in cui Paolo pensa la salvezza attuata in Cristo, e per lo più si tratta di un aspetto che egli riprende (condividendolo) dalla tradizione (cfr. Rm 3,24-26). L’aspetto più caratteristico e originale della soteriologia paolina è invece quello “partecipazionista”, in cui la salvezza del credente è determinata non dal fatto che il sacrificio di Cristo abbia espiato i suoi peccati, ma ha a che fare con il partecipare, nella fede, alla morte e quindi alla risurrezione di Cristo da parte di Dio, attraverso cui il potere del peccato è stato infranto, inaugurando in tal modo un’umanità rinnovata (cfr. Rm 6,1-11; Gal 2,19-20; 2 Cor 5,14-21; Fil 3,7-11).
In ogni caso, anche limitandoci all’interpretazione sacrificale, è del tutto infondato affermare che la salvezza esige la divinità di Cristo. Si legga con attenzione Rm 3,23-25: “Infatti tutti hanno peccato e sono privati della gloria di Dio; sono giustificati gratuitamente con la sua grazia, mediante la redenzione in Cristo Gesù. Dio lo ha predisposto come espiazione con il suo sangue, mediante la fede, per la dimostrazione della sua giustiziza…”.
E’ evidente che in questo passo chi compie la redenzione è Dio (se non ti fidi, cfr. A. Pitta, Lettera ai Romani, Paoline, 2001, 164: “il soggetto della redenzione, in questi versi, è sempre Dio e non Gesù Cristo”), il quale la realizza gratuitamente “in Cristo”, il quale è da Dio predisposto quale strumento di espiazione. Il testo distingue chiaramente tra Dio (che è il Padre) e Cristo, e nulla lascia intendere che l’efficacia espiatoria del sacrificio di Cristo dipenda dalla sua presunta natura divina. Tutto questo lo proietti tu gratuitamente sul testo, a partire dai tuoi pregiudizi teologici (in senso ermeneutico).

CITAZIONE
Quella lettura dell'inno di Filippesi, se non erro, è ampiamente minoritaria e meno armonica. Non spiega decentemente infatti perché Gesù dovrebbe afferrare qualcosa che non avrebbe, visto che appena prima s'è detto che l'aveva (ἐν μορφῇ θεοῦ ὑπάρχων). Il brano ha senso solo se prima l'autore dice che Gesù era di condizione divina, e, ciononostante, non decise di aggrapparsi a tale stato.

Certo che è minoritaria (se ‘ampiamente’ o no, bisognerebbe verificarlo con uno spoglio della letteratura in merito), ma a non avere senso è la tua obiezione. Penso che tu non abbia letto con attenzione la mia sintesi della interpretazione di Dunn. Rileggila e capirai che per Dunn “nella forma di Dio” è equivalente di “a immagine di Dio”* (da qui appunto la lettura adamica), e che quello che Gesù non aveva e che non volle usurpare non era ovviamente l’essere “en morphē theou” bensì l’essere “isa theō”, “come Dio”, ovvero la tentazione del serpente a cui cedettero i progenitori.
*P.S. che μορφή e εἰκών siano effettivamente pressoché sinonimi e interscambiabili non è universalmente accettato, ma è comunque oggetto di significativo consenso, come testimonia il fatto che tale equivalenza sia affermata anche nelle note della nuova edizione della Bibbia di Gerusalemme, che cito:
“Il significato di questo termine [morphē] è pressoché identico a quello di ‘immagine’ (eikōn); ‘forma’ e ‘immagine’ sono utilizzati nella LXX in modo interscambiabile: la ‘forma di Dio’ è dunque sinonimo di ‘immagine di Dio’, che è il qualificativo attribuito ad Adamo (Gen 1,27; 1 Cor 11,7) e Cristo (2 Cor 4,4)”.


Se sia possibile intendere At 3,15 come affermazione che Gesù è Dio creatore della vita

CITAZIONE
Faccio inoltre presente che negli Atti degli Apostoli abbiamo un discorso di Pietro (ragguagliatemi, per piacere, sulla storicità di tale discorso, se potete :) ) che sembra un modello perfetto di Cristologia dell'esaltazione [Atti 2,32-36]
Questo passo sembra un modello perfetto per una cristologia "umana, troppo umana", eppure, in Atti 3:15, Pietro dice che "avete ucciso l'autore della vita", che è forse l'attestazione più importante e "chiara" della considerazione della divinità di Cristo, ancora più dell'inno di Filippesi, Colossesi, e persino del Prologo Giovanneo, visto che Dio e solo Dio è l'autore della vita, e non ci sono ambiguità in questo.
Non fraintendermi, so che Atti è tardivo quasi quanto il Vangelo di Giovanni, era per dire che anche di fronte a cristologie che sembrano tutto meno che divine in realtà vi troviamo sorprese come quella di Atti 3:15.

Mi sa che corri troppo... accertati prima di non correre invano! (Gal 2,2) ;)
Qui è opportuno enunciare una basilare regola pratica per chiunque voglia occuparsi di esegesi: “Quando una cosa appare troppo bella per essere vera, e sembra incredibile che nessuno ci abbia mai fatto caso, molto probabilmente stiamo sbagliando qualcosa ed è bene dare prima una controllatina ai commentari”.
Se l’avessi fatto, ti saresti reso conto da solo che la tua intuizione è completamente fuori strada, perché il senso di archēgos tēs zōēs è “guida alla vita”, dove la vita è da intendersi escatologicamente, con particolare riferimento alla risurrezione dei morti, di cui Gesù è appunto il “pioniere”.
Per questa volta ti risparmio il lavoro:

J. Fitzmyer, Atti degli Apostoli, Brescia, Queriniana, 2003, p. 276: “Non è facile tradurre archēgos tēs zōēs. Fondamentalmente, archēgos significa ‘battistrada, pioniere’… Qui deve voler dire qualcosa come ‘fautore originario, autore’. Il titolo tornerà in 5,31; cfr. Eb 2,10; 12,2. In 26,23 Luca identificherà il Cristo come ‘il primo risorto dai morti’ e quell’espressione spiega il titolo usato qui.
R. Pervo, Acts, Hermeneia, Minneapolis, Fortress, 2009, p. 105: “The word archēgos (‘the one who opens the way to life’) comes from the world of Hellenism, which had a great interest in founders, inventors, discoverers and origins of all sorts. Luke does not wish to ascribe to Jesus the ‘invention’ of (genuine) life. For him, the meaning may be that Jesus is leader by virtue of his standing as the first to rise from the dead”.
C.K. Barrett, Acts 1-14, ICC, Edinburgh, T&T Clark, 1994: "In Acts 5.31 the sense of founder and protector (sōtēr) is probably best. and this also fits the contrasting structure of the present verse: him who was bringing life into the world, and thereby establishing a new age, or reign, you put to death. If the word is taken to mean leader, tēs zōēs must be taken as a genitive of direction. not of object: he was not a leader of life but one who led the way to life.
R. Pesch, Atti degli Apostoli, Assisi, Cittadella, 1992, p. 191: “L’affermazione relativa all’uccisione di Gesù… è inasprita dal titolo di contrasto ‘guida’ (cfr. At 5,31; Eb 2,10; 12,2) ‘alla vita’: è stato ucciso colui che può portare fuori dalla morte. Ma Dio, mediante la sua risurrezione, gli ha restituito il diritto al suo ufficio e lo ha ‘glorificato’”.
J. Zmijewski, Atti degli Apostoli, Brescia, Morcelliana, 2006, p. 255: “L’accusa raggiunge il suo apice in una ulteriore contrapposizione: i Giudei hanno ucciso la ‘guida alla vita’. Invece di seguire Gesù, il quale – come ‘guida (archegos) alla vita’ – era stato chiamato a fondare, rappresentare e comunicare la vita (cioè la salvezza eterna) … il popolo giudaico lo ha ucciso e ha commesso il crimine peggiore, quello di sprecare la vita. Che Gesù fosse stato chiamato da Dio ad essere ‘guida della vita’, lo dimostra chiaramente la sua risurrezione: ‘Dio lo ha risuscitato dai morti’”.

Vedi inoltre sua divinità L. Hurtado, Signore Gesù Cristo. Tomo 1, Brescia, Paideia, 2006, p. 192: “Archēgos (guida, fondatore, artefice) è documentato nel NT esclusivamente come titolo cristologico, e soltanto in Atti 3,15 (‘autore/guida alla vita’); 5,31 (‘guida e salvatore’) ed Ebr. 2,10 (‘pioniere/guida della salvezza’); 12,2 (pioniere e perfezionatore della nostra fede)…. Müller sostiene, probabilmente a ragione, che nell’uso neotestamentario del termine Gesù viene definito ‘guida escatologica del nuovo popolo di Dio’, dove il tema biblico di Israele fatto uscire (per mano di Dio) dall’Egitto è qui ‘trasposto in titolo cristologico’”.

Quanto invece alla “storicità” dei discorsi di Pietro (e Paolo) negli Atti, naturalmente è poco probabile che siano storici. Sono verosimilmente discorsi che Luca compone a partire da materiale tradizionale (eventualmente, se necessario, spiegheremo le ragioni di tale giudizio).

Sull’ “Ho tutto in testa, ma non riesco a dirlo” (Afterhours)

CITAZIONE
Ribadisco che per me la questione era meramente descrittiva e dovuta alla mancanza di categorie adatte per spiegare il mistero col quale erano venuti a contatto, ma le "basi" c'erano tutte.
Detto prosaicamente: non credo che coll'andare del tempo ci si sia "inventati" qualcosa, ma che si sia sviscerato sempre più e meglio il mistero col quale si era venuti a contatto.
E il problema descrittivo, come vediamo in Atti, c'era ed era pressante. Se, infatti, come dice anche Plinio il Giovane nella sua lettera all'imperatore Traiano, i cristiani cantavano lodi a Cristo "come a un Dio", è altrettanto vero che per loro Cristo non era il Padre. Allo stesso tempo, però, non era un "deuteros theos", un secondo Dio, perché si sarebbe ricaduti nel politeismo.
Penso che fosse questo il vero problema, come poter descrivere tutto ciò, e all'epoca erano sprovvisti di categorie adeguate.

L’argomento “gli apostoli avevano già chiaramente in testa la cristologia del quarto vangelo, solo che non riuscivano ad esprimerlo”, è un argomento straordinariamente debole e infalsificabile, essendoci purtroppo precluso l’accesso ai loro inesprimibili pensieri.
Tutto quello che abbiamo sono i testi e certe tradizioni anteriori che, quando siamo fortunati, è possibile isolare. E i testi vanno letti per quello che dicono, certamente tenendo conto del loro possibile background culturale (ad es. le idee giudaiche sulla Sapienza relativamente a 1 Cor 8,6 e Col 1,15-20, o le allusioni intertestuali alla storia di Adamo per Fil 2,6-11 etc.), ma MAI leggendoli alla luce di cristologie manifestamente differenti e, a maggior ragione, successive.
Ovvero: se leggiamo Rm 1,3-4, non forzeremo il testo ficcandoci dentro Col 1,15-20, e se leggiamo Fil 2,6-10 non cercheremo di infilarci il prologo giovanneo.
Voler vedere a forza la cristologia del Quarto Vangelo dentro quella dell’esaltazione, risponde semplicemente ad un’esigenza apologetica. E’ un modo inaccettabile di fare esegesi, e – per quel che vale – è anche un modo scadente di fare teologia, perché confonde ed elimina la pluralità di voci differenti che costituiscono la Rivelazione, trasformando una sinfonia nella “canzone mono-nota” di Elio.

Sulla presunta cristologia “umana, troppo umana”

CITAZIONE
francamente dubito che un inno come quello di Filippesi, dei primi anni 40, sia potuto sorgere dal nulla a partire da una cristologia del tutto umana o, al più, angelica, in soltanto 10 anni a partire dalla morte di Cristo il 7 Aprile del 30 D.C con il successivo ritrovamento del sepolcro vuoto e le esperienze di Resurrezione. Troppo, davvero troppo poco tempo, per quanto mi concerne.

Faccio inoltre presente che negli Atti degli Apostoli abbiamo un discorso di Pietro… (Atti 2,32-36)
Questo passo sembra un modello perfetto per una cristologia "umana, troppo umana"…

Un altro grande problema è che non sembri riuscire a capire che quella che definisci “cristologia umana, troppo umana”, cioè quella dell’esaltazione (o dei due stadi), non è affatto “bassa” e nemmeno semplicemente “umana”. Essa afferma chiaramente che Gesù sta “dalla parte di Dio” ed è Kyrios, ovvero partecipe della sovranità universale propria di Dio: solo che pensa tutto questo escatologicamente in riferimento alla risurrezione, e non (ancora) in rapporto ad una qualche forma di preesistenza, come angelo, Sapienza o Logos.
E se anche vogliamo leggere Fil 2,6-11 in ottica di preesistenza, ebbene in tale prospettiva l’inno appare chiaramente come un esempio di evoluzione iniziale dalla cristologia dell’esaltazione a quella della preesistenza. Perché è evidente, come già accennavo nella replica precedente, che l’inno è focalizzato sull’abbassamento-esaltazione, con la preesistenza appena accennata come punto di partenza del movimento di abbassamento ed esaltazione.

Un paio di citazioni, forse, potrebbero aiutarti a capire e accettare questa cosa:

“Il testo nel suo nerbo è un’espressione della cristologia a due stadi, poiché presenta la morte di Gesù come culmine di un processo drammatico di spoliazione motivata dall’obbedienza assoluta (Fil 2,7). A suo seguito si leggono le affermazioni sulla risurrezione, che è descritta come una sorta di sovraesaltazione in cui Gesù viene ad assumere la signoria di dio sul cosmo, che lo porta ad essere riconosciuto e confessato come tale da ogni creatura…. Qui la cristologia a due stadi presuppone un momento previo: quello della preesistenza, seppure questo faccia da sfondo e non costituisca il vertice concettale del brano”.
(R. Fabris – S. Romanello, Introduzione alla lettura di Paolo, Roma, Borla, 2006, 187)

“Per determinare il centro teologico di gravità del testo è decisiva la questione della prospettiva narrativa. Muovendo da quale prospettiva l’inno si esprime riguardo al suo eroe? Non può esservi dubbio: a questo racconto soggiace l’esperienza di Gesù Cristo crocifisso, innalzato e quindi presente tramite lo Spirito di Dio come Kyrios. Di conseguenza è chiaro che questo testo non parte da nessun’altra prospettiva se non da quella della post-esistenza! L’autore muovendo dall’esperienza del Signore risorto, innalzato e operante nel presente, guarda retrospettivamente alla vita terrena di Gesù nell’umiliazione e al suo precedente essere presso Dio….
Dunque, non propriamente la pretemporalità di Gesù e quindi la sua natura divina data per presunta, ma il suo abbassamento sino alla croce e la sua elevazione a Signore e giudice del mondo!
In questo inno Gesù Cristo non è, pertanto, in primo luogo una figura divina del mondo celeste che ha assunto la forma di servo per poi risalire nuovamente in cielo, ma è prima di tutto l’uomo crocifisso e innalzato, venuto da Dio.
Anche questa affermazione sulla ‘forma divina’ di Gesù va dunque interpretata alla luce di abbassamento ed elevazione a posteriori, per così dire. Essa non sta all’inizio di una riflessione cristologica, ma alla fine di un processo interpretativo alla luce dell’Innalzato. Gli asserti sulla ‘forma divina’ di Gesù vanno capiti come ampliamento delle affermazioni su passione ed esaltazione… L’asserto sulla ‘forma divina’ designa, in certa misura, quella ‘dimensione profonda’ in cui la vita, la morte e la risurrezione di Gesù vanno viste… La pre-temporalità è qui una funzione della post-temporalità.
Una cristologia della preesistenza che riflette o addirittura specula sull’essere o sulla natura di Cristo non va riconosciuta in un inno come quello della lettera ai Filippesi… L’asserto sulla preesistenza personale è una pura funzione dell’affermazione riguardante l’abbassamento e l’elevazione, uno sfondo, o meglio, una dimensione profonda dell’evento di abbassamento ed elevazione, il cui soggetto è il Nazareno crocifisso.
Il dato quindi è sobrio; esige cautela teologica”.
(K.-J. Kuschel, Generato prima di tutti i secoli? La controversia sull’origine di Cristo, BTC 84, Queriniana, Brescia, 1996 [ed. or. 1990], 348-349, 351, 346-347)

Ma se tu leggessi anche soltanto Hurtado per quello che Hurtado scrive davvero, senza proiettare (anche su di lui!) quello che vorresti che dicesse, ti accorgeresti che lui stesso afferma che l’idea della preesistenza nasce come espansione all’indietro della originaria prospettiva escatologica:

“la logica delle affermazioni di 1 Cor 8,6 e degli altri passi paolini in cui si allude alla preesistenza di Gesù rimandano alla tradizione giudaica, in particolare a idee apocalittiche giudaiche. L’idea della mediazione di Gesù nella creazione e nella redenzione non è motivata da interessi speculativi… La logica che vi soggiace consegue piuttosto dalle convinzioni… che si esprimono nella tradizione apocalittica giudaica, per la quale tutta la storia è sottomessa a Dio, ai cui disegni predeterminati tutto corrisponde… Questo trionfo escatologico corrisponde e adempie alla volontà creatrice di Dio, e le entità escatologiche possono così essere definite preesistenti in diversi modi.
Nei passi paolini qui indicati e anche in altri del Nuovo Testamento (ad es.Col 1,16-17; Eb 1,2; Gv 1,1-3) è evidente che l’attribuzione a Gesù della preesistenza dipende dalla convinzione che egli sia il mediatore escatologico della redenzione. Poiché i primi credenti erano certi che Gesù fosse stato inviato da Dio e che la salvezza finale si dovesse realizzare mediante Gesù, nella logica dell’apocalittica giudaica era solo un passo da poco e naturalissimo sostenere che egli era anche in qualche modo ‘là’ insieme a e in Dio da prima della creazione del mondo”.
(L. Hurtado, Signore Gesù Cristo. Tomo 1, Brescia, Paideia, 132-133)

Concludendo, la cristologia dal basso è già una cristologia alta, e la cristologia della preesistenza nasce da quella della postesistenza. Riconoscere ciò non significa destituire di validità teologica (di cui noi comunque non ci occupiamo) gli sviluppi successivi, e in particolare la cristologia giovannea - se è questo che ti preme. Per due ragioni: 1) perché teologicamente è indifferente che una cristologia sia nata 5, 10, 20, 30 o 50 anni dopo Gesù, purché sia canonica; 2) perché, a livello di teologia sistematica, si può argomentare che la cristologia dell'esaltazione, pur dicendo la cosa essenziale (Gesù è il Signore) sia tuttavia sotto il profilo teoretico aporetica, "instabile", e bisognosa di ulteriore approfondimento. Un meraviglioso professore di cristologia sistematica che conosco, ad esempio, argomenta che nessuna creatura è ontologicamente in grado di sopportare di essere intronizzata alla destra di Dio, senza 'scoppiare', per cui si può dire che già l'asserto originario della risurrezione come intronizzazione implichi necessariamente la divinità dell'intronizzato. In breve: la divinità funzionale esige quella ontologica.
Come argomento storico non vale nulla ed è falso (anche il Libro delle Parabole di Enoc conosce un "intronizzato", il Figlio dell'uomo, ma è un messia angelico, o eventualmente per il cap. 71 aggiunto in seguito è Enoc stesso - in ogni caso non è Dio), ma dal punto di vista teoretico è solido e più che apprezzabile.

Spero di trovare il tempo per rispondere a Talità :( (con cui però si va via molto più lisci)

P.S. Poiché tutte le cose mi sono state date (a maggior ragione ora che sono ritornato dai morti), in virtù dell'exousia di moderatore di sezione che mi compete, dichiaro solennemente, infallibilmente e definitivamente OFF-TOPIC la questione del Figlio dell'uomo rispetto al Gesù storico.

Edited by JohannesWeiss - 17/3/2016, 08:51
view post Posted: 15/3/2016, 18:07 by: JohannesWeiss     +1Esaltazione senza preesistenza: la cristologia originaria - Gesù storico, giudeo-cristianesimo, giudaismo del secondo Tempio
CITAZIONE (Sant'Atanasio @ 15/3/2016, 14:32) 
Direi che quest'inno antichissimo e prepaolino basti a fugare i dubbi

"Cristo, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso,assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini. Apparso in forma umana,
umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra;e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre."

(Fil 2,6-11)

È un inno che evidentemente professa una Fede nella preesistenza del Verbo, pertanto non c'è affatto bisogno di aspettare i tempi del Vangelo di Giovanni per arrivare alla cristologia della preesistenza, che per quanto mi riguarda è sempre stata parte della comunità primitiva fin dalle esperienze subito posteriori al ritrovamento del sepolcro vuoto.

Ciao Sant'Antanasio, certamente Fil 2,6-11 è un passo estremamente rilevante per la nostra discussione. Prima di proseguire però dovrei invitarti, per regolamento, a presentarti nell'apposita sezione "Presentazione, regolamento, dialogo con lo staff".

Venendo invece all'inno di Filippesi, anzitutto mi sembra doveroso evitare di parlare di "incarnazione del Verbo". Nel nostro testo non si parla affatto di Verbo/Logos (e nemmeno di Sophia) ed è ovviamente sbagliato leggere un inno pre-paolino (o anche paolino) importandovi la cristologia del prologo giovanneo. Per cui direi di limitarci a parlare di preesistenza o di Cristo come essere preesistente, salvo naturalmente che uno voglia offrire argomenti per una più precisa identificazione, ad es., tra le varie proposte dagli studiosi in passato e in anni recenti:
- una figura redentrice di tipo gnostico (R. Bultmann),
- la Sapienza (D. Georgi, E. Schweizer, K.J. Kuschel),
- l'angelo di YHWH (C. Gieschen, B. Ehrman),
- nuovo/anti-Adamo preesistente (M. Casey, R.E. Brown [?]),
- nuovo Adamo senza preesistenza (J. Murphy O'Connor, J.D.G. Dunn, M. Hooker).

Detto questo, vorrei porre due importanti questioni che impediscono di chiudere precocemente la nostra discussione con il semplice ricorso a Fil 2,6-11.

1. Abbiamo davvero le idee di preesistenza e incarnazione?
Fil 2,6-11 è un inno di difficile interpretazione, e la traduzione della CEI 1978 sopra riportata può apparire discutibile in vari punti. Per farcene una primissima idea basta già confrontare il diverso modo con cui viene reso il v. 6 nella nuova traduzione CEI 2008: "egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l'essere come Dio".
In particolare, essere nella condizione di Dio non è la stessa cosa che essere di natura divina, così come essere come Dio non è la stessa cosa che essere uguale con/a Dio, specialmente se tale "tesoro geloso / privilegio" (harpagmos) viene inteso non come qualcosa che Cristo possedeva già ma che non volle trattenere gelosamente per sé, bensì come qualcosa che Cristo non possedeva ma che non volle comunque considerare un bene da estorcere o rapinare - un senso questo (οὐχ ἁρπαγμὸν ἡγήσατο τὸ εῖναι ἴσα θεῷ = non considerò l'essere come Dio un bottino da rapinare) non adottato da nessuna delle due versioni CEI, ma comunque perfettamente accettabile sul piano grammaticale.
Per farla breve, nel solo v. 6 abbiamo due o tre espressioni altamente controverse tra gli esegeti quanto alla corretta interpretazione:
1. μορφὴ θεοῦ: natura divina? condizione/sfera/modo di essere di Dio? forma esteriore percepibile di Dio? gloria di Dio? immagine di Dio?;
2. οὐχ ἁρπαγμὸν ἡγήσατο: non considerò "X non-posseduto" qualcosa da rubare? non considerò "X posseduto" alla stregua di un furto o comunque qualcosa da tenere gelosamente per sé?;
3. τὸ εῖναι ἴσα θεῷ: l'essere uguale a Dio? l'essere come Dio?

E a seconda di come si interpreta il v. 6 anche il modo d'intendere il v. 7 può variare significativamente: prendere la forma/condizione di servo, ovvero divenire simile agli uomini ed essere "trovato" in tale aspetto, implica necessariamente un'incarnazione umana a partire da un precedente stato celeste? O può invece essere inteso come assumere la condizione caduca e schiava della morte dell'umanità post-adamica, a partire da una condizione terrena di innocenza adamica?


Per fare un esempio più chiaro, nell'inestricabile coacervo di letture contrastanti dell'inno offerte dagli studiosi, una delle più note (e controverse) è l'interpretazione adamica (senza preesistenza) che da oltre 35 anni va sostenendo uno dei maggiori specialisti recenti sia di Paolo che di cristologia NT.ria, l'inglese James Dunn, di cui mi accingo a fare una sintesi (cfr. J.D.G. Dunn, Christology in the Making, London, SCM Press, 1980, 114-121; Id., The Theology of Paul the Apostle, Grand Rapids, Eerdmans, 1998, 281-288):

Come Adamo nella sua innocenza era stato creato ad immagine (εἰκών) di Dio (con il riflesso di gloria e l’incorruttibilità proprie di tale condizione), così Gesù era nella forma (μορφή) di Dio [NB: Dunn insiste che εἰκών e μορφή sono pressoché sinonimi - giudizio su cui gli esegeti sono abbastanza divisi -, e l’autore dell’inno può aver optato per μορφή in quanto meglio si prestava al contrasto con la μορφὴ δούλου del v. 7].
Mentre però Adamo si lasciò sedurre dalla prospettiva di incrementare ulteriormente il proprio status fino a “diventare come Dio” (Gn 3,5: ἔσεσθε ὡς θεοὶ), Gesù si rifiutò di considerare tale “essere-come-Dio” (Fil 2,6: τὸ εἶναι ἴσα θεῷ) qualcosa di cui impossessarsi fraudolentemente o da rapinare (ἁρπαγμός); al contrario, egli scelse di spogliarsi dell’incorruttibilità a cui aveva diritto in virtù del suo essere nella condizione innocente di immagine di Dio, accettando volontariamente quello stato di schiavitù nei confronti della morte nella quale Adamo decadde a causa della sua disobbedienza.
Anziché puntare all’essere-come-Dio, egli volle cioè essere a somiglianza dell’umanità decaduta (ἐν ὁμοιώματι ἀνθρώπων) e, in tale forma-simile-all’umanità-decaduta (σχήματι ὡς ἄνθρωπος), umiliare se stesso facendosi obbediente fino alla morte.
E proprio a causa di questo suo atteggiamento antitetico alla condotta di Adamo – e tuttavia solidale con le sue conseguenze – Dio lo ha super-esaltato (ὑπερύψωσεν) dandogli il nome che è al di sopra di ogni altro nome, ovvero insediandolo in una posizione di signoria universale superiore anche alla sua condizione iniziale “nella forma di Dio”, e di fatto ora coincidente proprio con quell’essere-come-Dio che Adamo aveva cercato di rapinare.

Una posizione affine, ma che potrebbe fare la differenza per la nostra discussione, è quella espressa da un altro illustre esegeta britannico di Paolo, Charles Kingsley Barrett, secondo il quale un’originale inno adamico (senza preesistenza) è stato modificato in ottica incarnatoria da Paolo aggiungendo il v. 1 e altro (cfr. C.K. Barrett, La teologia di San Paolo. Introduzione al pensiero dell'apostolo, Cinisello Balsamo, San Paolo, 1996, pp. 156-162).
Mentre altri studiosi ancora optano per tenere insieme sia la tipologia adamica sia l'idea di preesistenza: così ad es. M. Casey, From Jewish Prophet to Gentile God, Cambridge, James Clarke, 1991, 112-115 ("Philippians 2.6-11 should be understood in the light of the story of Adam... 'being on a level with God' [isa theo] indicates high status but not full deity... isa overlaps in meaning with k, 'like', used At Genesis 3.5,22 where Adam became 'like' God... Jesus is portrayed as pre-existent... In order to have been in the form of God so that he could choose not to grasp equality with God before he emptied himself and was born in the likeness of men, Jesus must have existed before his birth"); vedi anche l'opzione interpretativa riportata in R.E. Brown, Introduzione alla cristologia del Nuovo Testamento, Brescia, Queriniana, 1995, 133 ("L'inno può implicare che in origine vi fossero due figure, Cristo Gesù e Adamo, coesistenti e parallele nell'immagine di Dio...").

2. E se anche si tratta di preesistenza e incarnazione, ciò è davvero sufficiente per considerare tale tipo di cristologia originario?
La seconda questione per ora l'accenno e basta, ed eventualmente ci ritorniamo sopra in seguito: anche se vogliamo attenerci all'interpretazione più comune secondo cui l'inno pre-paolino rappresenta effettivamente Gesù come un essere preesistente e incarnato, questo autorizza forse a considerare la cristologia della preesistenza (lasciamo da parte se come nuovo Adamo, angelo o Sapienza) come sostanzialmente co-originaria alla cristologia dell'esaltazione (e della parusia)?
La Lettera alla comunità di Filippi, fondata dallo stesso Paolo circa nel 49-50, viene variamente datata tra il 54 e il 60, ma supponendo – alla luce del contesto parenetico in cui l’inno è inserito – che Paolo stia citando qualcosa che i cristiani di Filippi già conoscono (o in cui comunque possono riconoscersi facilmente) e che presumibilmente avevano appreso da Paolo stesso, è lecito pensare che tale inno possa essere sorto da qualche parte negli anni 40.
Ma sarebbe ragionevole retrodatarla addirittura agli anni 30, parallelamente alle cristologie dell'esaltazione e della parusia?
Il fatto stesso che una cristologia della preesistenza non è sia poi così ampiamente presente e sviluppata (ammesso che vi sia! e anche di questo ne discuteremo...) nelle lettere che Paolo scrive negli anni 50, non consiglia forse di non collocare Fil 2,6-11 troppo indietro?
Meglio ancora: di cosa tratta veramente l'inno? Quale la sua prospettiva centrale? Su cosa si focalizza davvero? Sulla preesistenza o piuttosto sull'abbassamento-esaltazione?
Se guardiamo con attenzione, la preesistenza al v. 6 e l'incarnazione al v. 7 non danno forse l'idea di essere poco più che accennate come un presupposto dell'abbassamento-esaltazione? In altre parole, l'inno non dà forse l'impressione d'essere un'espansione all'indietro di una cristologia dell'esaltazione altrimenti del tutto simile a quella che troviamo nei discorsi degli Atti? E come tale non rivela quindi di essere uno sviluppo secondario, senz'altro significativo eppure ancora solo embrionale, di questa?

Ci ritorneremo.

Edited by JohannesWeiss - 15/3/2016, 21:20
view post Posted: 14/3/2016, 16:25 by: JohannesWeiss     +1Esaltazione senza preesistenza: la cristologia originaria - Gesù storico, giudeo-cristianesimo, giudaismo del secondo Tempio
Ciao a tutti, vecchi amici e nuovi utenti. Mi riaffaccio qui con piacere (e nostalgia) dopo una vita! E confesso di essere abbastanza sorpreso nel constatare, dalla tagboard (28/2: “un saluto particolare a JW casomai passasse di qua”), che la fede nella mia parusia non è venuta meno nemmeno tra le nuove generazioni, che pure non mi hanno mai veduto. Forse Lc 18,8 era troppo pessimista. :lol:

E con questo esordio nel classico stile apocalittico weissiano, eccoci già entrati nel tema di questo topic, che intende appunto stimolare la discussione intorno alla nascita della cristologia e le sue espressioni più antiche.

A mio avviso non si tratta di una questione particolarmente controversa, in quanto è un giudizio ampiamente diffuso e duraturo quello secondo cui, al di là della varietà di titoli impiegati (Cristo, Signore, Figlio di Dio, Figlio dell’uomo), praticamente sin dall’inizio vi furono due linee cristologiche fondamentali:
- la cristologia dell’esaltazione (cfr. Rm 1,3-4; At 2,32-36; 5,30-32; 13,31-32);
- la cristologia della parusia (cfr. 1 Ts 1,10; 1 Cor 16,22; Did 10,6; Ap 22,20; detti sinottici sulla venuta del FdU, ad es. Mc 8,38; 13,26-27; 14,62; con quest’ultimo che riunisce entrambe le linee).

[Come prova dell’affermazione secondo cui il riconoscimento di tale duplice cristologia originaria è comune tra gli studiosi ormai da molti anni, rimando ai seguenti testi: R. Schnackenburg, “Cristologia del Nuovo Testamento” in: J. Feiner – M. Löhrer, cur., Mysterium Salutis. Vol. 5: L’evento Cristo, Brescia, Queriniana, 1971, pp. 318-336; J.D.G. Dunn, “Christology” in: D.N. Freedman, The Anchor Bible Dictionary. Vol. 1, New York, Doubleday, 1992, p. 983; R.E. Brown, Introduzione alla cristologia del Nuovo Testamento, Brescia, Queriniana, 1995, 111-116; G. Jossa, Dal Messia al Cristo. Le origini della cristologia, II ed., Brescia, Paideia, 2000, pp. 124-171].

Dal momento però che ci sono buone ragioni per ritenere che la cristologia della parusia, per quanto antichissima, presupponga già quella dell’esaltazione e che non sia mai esistita senza di essa, proporrei di concentrare la nostra attenzione soprattutto sulla prima, che pertanto – a mio avviso – può a buon diritto essere considerata la cristologia originaria della chiesa primitiva.

Come tale viene in effetti presentata anche in un manuale introduttivo alla cristologia sistematica, di un importante teologo cattolico della Gregoriana scomparso qualche anno fa, il gesuita belga Jacques Dupuis, di cui riporto un’ampia citazione, non perché sia particolarmente autorevole, ma semplicemente perché mi sembra una buona sintesi.

CITAZIONE
“La cristologia del kerygma primitivo è una cristologia pasquale, incentrata sulla risurrezione e glorificazione di Gesù ad opera del Padre. La sua esaltazione è un’azione di Dio, su Gesù, in nostro favore. E’ Dio che risuscita Gesù dai morti, che lo glorifica, lo esalta, che lo costituisce Signore e Cristo, Capo e Salvatore.
[…] La risurrezione è per Gesù l'inaugurazione di una condizione del tutto nuova. Egli entra nella fine dei tempi e nel mondo di Dio [...] E' importante notare che in questo stadio primitivo della cristologia non si afferma che Gesù, tramite la sua risurrezione, ritorna alla gloria che possedeva con Dio prima della sua vita eterna. Infatti non si pensa ancora alla 'pre-esistenza' di Gesù e all'incarnazione del Figlio eterno di Dio.

[...] La cristologia del kerygma primitvo è essenzialmente soteriologica: il suo discorso su Gesù è incentrato sul significato che questi ha per la salvezza degli uomini. [...] In altre parole, la cristologia primitiva è decisamente 'funzionale', dal momento che definisce l'identità di Gesù partendo dalle funzioni che, nel suo stato glorificato, egli esercita nei nostri confronti. Il mistero della sua persona, la sua più profonda identità rimane ancora nascosta e sarà solamente evidenziata dalla riflessione successiva.

[...] Concludendo, la cristologia del primitivo kerygma può dirsi 'primitiva' in quanto riflette la comprensione cristiana più antica di Gesù. Gli sviluppi successivi […] la cristologia del Prologo e del Vangelo di Giovanni […]non ne cancelleranno o annulleranno il significato e la validità attuale per noi, poiché evidenzieranno soltanto le implicazioni di quanto viene già detto a proposito di Gesù nel kerygma primitivo. [...] Il messaggio essenziale e decisivo è stato già annunziato agli inizi poiché, in ciò che Dio ha fatto sì che Gesù fosse per noi, è già implicata la vera identità della sua persona, anche se rimane nascosta e dovrà essere svelata”.

(Jacques Dupuis, Introduzione alla cristologia, Casale Monferrato, Piemme, 1993, 88ss.)

Ecco, lasciando magari da parte le ultime righe di stampo un po’ teologico (è discutibile infatti, sotto il profilo storico, ritenere che gli sviluppi successivi fossero già virtualmente contenuti nella comprensione iniziale), penso che la discussione possa proficuamente concentrarsi sull’affermazione:

“E' importante notare che in questo stadio primitivo della cristologia non si afferma che Gesù, tramite la sua risurrezione, ritorna alla gloria che possedeva con Dio prima della sua vita eterna. Infatti non si pensa ancora alla 'pre-esistenza' di Gesù e all'incarnazione”

E’ un’affermazione condivisibile? E’ vero che negli anni in cui trovava espressione la cristologia dell’esaltazione ancora non si pensava a Gesù come a un essere preesistente e incarnato?

Una precisazione: parlare di “esaltatazione-senza-preesistenza” non equivale a dire “non-divinità”, dal momento che è possibile ritenere che l’esaltazione di Gesù significasse una partecipazione alla Signoria universale di Dio e quindi in un certo senso, funzionalmente, un'inclusione di Gesù nell'identità dell'unico Dio (da questo punto di vista la cristologia dell’esaltazione è “dal basso”, ma nient’affatto “bassa”!). Analogamente, parlare di un Cristo preesistente (e incarnato) non significa necessariamente farlo in termini di divinità, dato che è possibile pensarla come preesistenza di un angelo.
view post Posted: 11/3/2016, 17:46 by: bpbpba     +1Nicolotti: Sindone. Storia e leggenda. - Recensioni, News, Links e Bibliografie
CITAZIONE (maquanteneso @ 11/3/2016, 15:40) 
produrre in laboratorio un telo con caratteristiche analoghe utilizzando metodi che potevano essere ragionevolmente a disposizione di un europeo del basso medioevo.
Se si riuscisse in una tale impresa cambierei idea, non mi sembra di essere così intransigente.

Due osservazioni:
1) oggi non riusciamo a riprodurre: il bucchero, il violino di stradivari, i chiodi di metallo delle navi fenicie. Ma non per questo crediamo siano soprannaturali :rolleyes:
2)anche passato il punto 1. il problema sarà definire univocamente le "caratteristiche analoghe". Garlaschelli ritiene di aver passato la prova, tu ritieni di no.
IMHO, il c14, la documentazione scritta esistente coeva con la datazione, le tecniche di tessitura, danno una buona ragionevolezza sulla non autenticità.

Sempre Vs
bpbpba

Ps
Per talitá: sto leggendo Dunn, da te citato in qualche discussione.
Interessante.
Quando l'avrò finito, tra sette otto mesi, credo mi rifarò vivo.
view post Posted: 8/3/2016, 17:35 by: bpbpba     +1Nicolotti: Sindone. Storia e leggenda. - Recensioni, News, Links e Bibliografie
Da parecchio tempo avevo adocchiato il libro di Nicolotti sulla Sindone.
Poi l'ho visto citato qui da Teo e mi sono deciso all'acquisto. Dal punto di vista del metodo é un libro ineccepibile. Quasi 500 pagine, è un vero condensato di storia con un poderoso apparato di note che da solo fa libro a sé. Aldilà delle credenze personali sulla Sindone, consiglio questo libro come esempio di rigorosa ricostruzione storica, ai limiti del monumentale.
Sempre IMHO.
Vostro
bpbpba
view post Posted: 23/2/2016, 15:38 by: Simone Emili     +1Datazione degli Atti degli Apostoli - Filologia, Linguistica & Paleografia dei testi cristiani
CITAZIONE (Talità kum @ 23/2/2016, 15:23) 
Di semplice, come ho già scritto altrove, purtroppo non c'è nulla. Su Marcione, una esaustiva panoramica la offre Diether Roth "The Text of Marcion’s Gospel" (www.brill.com/products/book/text-marcions-gospel) - ne trovi ampi stralci online su googlebooks. Riguardo a Luca/Flavio, può essere interessante il testo di Richard I. Pervo, "Dating Acts: Between the Evangelists and the Apologists." (Polebridge Press, 2006) per capire gli argomenti a favore di tale dipendenza. L'argomento contrario è presto detto: non esiste evidenza di alcuna dipendenza testuale di Luca da Flavio (come invece esiste tra Luca e Marco, ad es.). Esistono alcune similitudini, molto affascinanti, ma che difficilmente possono essere provate come conclusive. Come scrisse Emil Schurer "Either Luke had not read Josephus, or he had forgotten all about what he had read” (O Luca non aveva letto Giuseppe Flavio, o aveva dimenticato tutto ciò che aveva letto ). Ciao,Talità

Grazie ancora.
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